SCIENZA E RICERCA

L'eccezionale aurora boreale sopra l'Italia

Le aurore boreali, dal latino Aurora Borealis cioè “alba del nord”, hanno sempre suscitato stupore e ammirazione essendo fenomeni celesti improvvisi e non frequenti che appunto illuminano una parte di cielo per noi solitamente molto scura di notte, e dove mai si vede levarsi l’alba. Il primo ad usare questo termine fu Galileo Galilei e deriva dal nome latino della dea dell’alba.

Si tratta di un fenomeno fisico di elettromagnetismo che compete l'alta atmosfera terrestre generato dallo scontro tra particelle cariche elettricamente e l’alta atmosfera terrestre li rarefatta, un po come avviene all’interno dei tubi al neon che usiamo per illuminare le nostre case.

Non sorprende che la fonte sia il Sole. Il Sole infatti alimenta la maggior parte dei processi terrestri, dal cibo che consumiamo al carburante che utilizziamo, dai venti ai cicli delle piogge: tutto ciò dipende dall'energia solare. Però, nell'aurora boreale, l'energia non proviene dalla luce solare diretta, ma da un fenomeno più sottile, il cosiddetto vento solare.

Durante la recente eclisse totale di Sole vista in tutti gli Stati Uniti, si è potuto ammirare la corona solare. Analisi della luce rivelano che la corona sia estremamente calda, raggiungendo circa un milione di gradi Celsius. Tale calore è sufficiente a ionizzare gli atomi, trasformando la corona in un plasma, un gas di elettroni liberi e ioni che, simile al gas nei tubi fluorescenti o nelle luci al neon, conduce elettricità e emette luce.

Questo plasma coronale, troppo caldo per essere contenuto dalla gravità solare, si espande costantemente verso l'esterno, formando il vento solare che si estende oltre l'orbita di Plutone. Tuttavia, il campo magnetico terrestre impedisce al vento solare di penetrare direttamente, costringendolo a deviare intorno alla Terra, formando la magnetosfera, una cavità protetta dal vento solare, con una lunga "coda magnetica" sul lato notturno della Terra.

Nonostante il vento solare non penetri direttamente, riesce a trasferire energia alla magnetosfera, particolarmente nella regione della coda. È da qui che si pensa provenga la maggior parte degli elettroni che generano l'aurora boreale, che si vede usualmente nelle regioni artiche, e per questo motivo di solito ha un massimo di luminosità vicino alla mezzanotte, dalla parte opposta a quella del Sole.

L’atomo di ossigeno presente rarefatto in alta atmosfera viene urtato dagli elettroni, inizia a emettere luce con circa un secondo di ritardo per rimanere luminoso per secondi o minuti;  per questo motivo c’e’ un ritardo tra l’interazione fisica e l’emissione di luce e le aurore appaiono mutare in modo sinuoso. Le classiche aurore polari visibili a latitudini settentrionali si vedono di colore verde, è generato se l’energia è elevata e l'altezza delle interazioni tra le particelle del vento solare e quelle atmosferiche terrestri è 120 e 180 Km.  Il colore rosso, il più comune visibile alle nostre latitudini, è generato dall’impatto a bassa energia con l’ossigeno in alta quota (oltre 180 km). Il colore blu invece appare se l’urto avviene con le molecole di Azoto sotto i 120 Km. L’intensità e la miscelazione dei colori crea poi lo spettacolo di colori di un’aurora.

L’energia non raggiunge la magnetosfera solo tramite il vento solare, ma anche grazie ad una corrente elettrica, generata dalle particelle cariche del vento solare che scorrono lungo le linee di campo magnetico terrestre, tra queste la principale è la corrente di Birkeland, misurabile dallo spazio. 

Un’eruzione improvvisa di energia dal Sole, specie come durante i massimi di attività delle macchie solari, può generare un forte flusso di particelle verso la Terra, che di solito è responsabile di violente tempeste geomagnetiche. In questo caso le correnti elettriche che generano le usuali aurore si intensificano e possono causare bagliori anche a basse latitudini geografiche come quella italiana, si tratta di milioni di ampere di corrente. Il ciclo solare si sta avviando verso il suo massimo, nel 2025, quindi ci si aspettava che incrementasse ulteriormente questi fenomeni, ma non a questa portata.

Gli effetti su larga scala sono noti e in parte queste tempeste sono prevedibili tramite sistemi di monitoraggio professionali da Terra e dallo Spazio. 

In questo contesto, nel 2010 l’Università di Padova ha siglato un accordo di collaborazione con l'Imaging Science Laboratory (ISL) del Center for Space Physics dell’Università di Boston. L’accordo, a cui prende parte anche INAF, Istituto Nazionale di Astrofisica Osservatorio Astronomico di Padova,  prevede l’installazione e la manutenzione da parte dell’Università di Padova di una camera collocata a Cima Ekar per il monitoraggio delle aurore nella regione del mediterraneo. In un container collocato nel prato dell’Osservatorio di Cima Ekar ad Asiago sono installate camere ad alta sensibilità che riprendono il tutto il cielo con continuità tutta la notte selezionando la luce di opportuni filtri centrati sul colore delle aurore e i loro complementari. L’immagine della camera mostra per il 5 maggio oltre mezzo cielo coperto dall’aurora. Queste immagini appaiono in bianco e nero perche’ riprese da un filtro estremamente monocromatico, il loro scopo è misurare accuratamente la luce proveniente da questi fenomeni. Per questo motivo non è una foto coreografica e ricca di colori, potremmo in questo modo perdere informazioni sulla misura fotometrica. L’esperimento che si svolge senza soluzione di continuità da oltre 14 anni è orientato a monitorare lo svilupparsi di aurore nella fascia sub aurorale, dove di solito non sono visibili. In particolare, in questa regione terrestre sono visibili solo con strumenti e, tipicamente, a 630 nm gli Archi Aurorali Stabili (SAR) sono interessanti da studiare perché mostrano dove le cinture di radiazioni di Van Allen interagiscono con l’alta atmosfera. Per la sua localizzazione, Asiago si trova nel mezzo dell’area mediterranea, con un campo di vista a 400 Km di altezza che abbraccia il cielo dalla Svezia alla Libia. Il primo SAR è stato osservato la notte tra il 26 e il 27 settembre 2011, poi ne sono stati osservati degli altri, l’ultimo il 5 novembre 2023, quando molte testimonianze riportarono un evento aurorale luminoso visibile anche alle nostre latitudini. Le immagini del progetto sono raccolte in questo sito.

All’evento tra la notte di venerdì 9 e sabato 10 maggio siamo giunti con una discreta ansia, sapendo che un evento di questa portata sarebbe potuto accadere e sperando nella copertura nuvolosa generosa nei nostri confronti. Così è stato poiché invece di un SAR questa volta siamo stati testimoni di una tempesta geomagnetica perfetta, che ha saturato gli strumenti per moltissime ore e che nelle camere che riprendono la copertura nuvolosa degli osservatori, hanno dato massimo splendore. La cosa strabiliante è che la tempesta si è estesa ben oltre lo zenit (il punto più alto visibile in cielo) segno questo che l’aurora non era polare, ma proprio sopra le nostre medie latitudini. È stata visibile anche all’orizzonte dei telescopi collocati alle Isole Canarie e negli Stati Uniti si è accesa durante la notte anche sopra i cieli dei telescopi collocati in Arizona.

 

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