Alla fine l’accordo con la Grecia è stato raggiunto: la dicitura “Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia” (Former Yugoslav Republic of Macedonia) lascia il posto a quella di “Repubblica di Macedonia del nord”. Un nome certamente più semplice ma per adesso non meno controverso, dato che su entrambi i lati del confine sono comunque scoppiate proteste con scontri e feriti. Del resto proprio la disputa sul nome aveva bloccato i rapporti tra i due stati per 27 anni, congelando anche i negoziati per l’ingresso del Paese balcanico nell’Ue e nella Nato. Una questione che affonda le radici nella storia prima ancora nella geografia: per questo chiediamo lumi al grecista Lorenzo Braccesi, docente emerito all’università di Padova e autore di numerosi volumi sulla storia greca e latina.
Facciamo dunque qualche passo indietro: “La Macedonia che abbiamo conosciuto sui libri è soprattutto quella di Filippo e di Alessandro, ma fu Filippo a portare lo stato macedone ad avere come confini virtuali il Danubio e l’Adriatico – spiega al Bo Live lo studioso –. Un regno così grande che gli storici e gli intellettuali al suo seguito lo definirono il ‘primo sovrano d’Europa’. Il primo germe d’Europa insomma nasce nei Balcani”. In seguito Alessandro eredita il regno, nel quale sono al tempo inglobate quelle che diventeranno le due Macedonie: quella del nord, che oggi ha Skopje come capitale, e l’altra che una volta faceva riferimento all’antica Pella e che oggi all’interno dello Stato greco è divisa in tre regioni (Macedonia occidentale, centrale e orientale), con Salonicco come città principale.
“ Gli storici e gli intellettuali al seguito di Filippo lo definirono il ‘primo sovrano d’Europa’. Il primo germe d’Europa nasce nei Balcani Lorenzo Braccesi
Eppure già all’epoca di Filippo si discuteva se i macedoni fossero davvero greci… “In realtà storcevano il naso non solo per macedoni, ma anche per gli abitanti dell’Etolia e dell’Epiro – continua Braccesi –. Nel quinto secolo a.C. un re macedone chiese di partecipare ai giochi panellenici di Olimpia, e le altre città greche ci misero un po’ prima rispondere affermativamente. I sovrani macedoni però puntarono sempre a riconoscersi come greci, e del resto parlavano un dialettaccio greco: la grandezza di Filippo anzi fu proprio nel capire che, se mirava a conquistare la Grecia, doveva comportarsi da greco con greci. E infatti chiamò a corte i più grandi intellettuali del tempo: Aristotele come precettore, lo storico Teopompo e lo scultore Lisippo, che aveva l’esclusiva sui suoi ritratti. Ed è sempre Filippo a fare di Pella una capitale greca”.
Oggi la situazione è molto diversa soprattutto nella Macedonia di Skopje, dove invece del greco si parlano il macedone, l’albanese e il serbo: etnie che convivono da secoli ma non sempre pacificamente, come ha raccontato qualche anno fa il film Prima della pioggia di Milcho Manchevski. “Anche qui però abbondano i monumenti ad Alessandro Magno: per loro significa essere eredi di una grande civiltà e soprattutto di un grande personaggio storico”. Proprio ad Alessandro Lorenzo Braccesi ha dedicato una parte non piccola dei suoi studi: “Morì a 33 anni dopo aver conquistato l’oriente e nell’ultima parte della sua vita si faceva chiamare kosmokratos, signore del mondo. E chissà, se fosse vissuto di più forse sarebbe tornato e avrebbe conquistato anche l’occidente. Del mito di Alessandro mi sono occupato spesso, ma quello che oggi viene perpetrato da Skopje è molto più moderno e nasce essenzialmente dalla parcellizzazione mondo balcanico”.
La memoria insomma, con i suoi simboli e la sua narrazione, rimangono fondamentali per la costruzione dell’identità nazionale. Lo sapeva anche il giovane regno greco, quando ad esempio appoggiò il progetto del barone de Coubertin di richiamare in vita dopo secoli i giochi olimpici; lo sa oggi la Macedonia del nord. Un modo per valorizzare l’elemento occidentale a scapito di secoli di dominazione ottomana, per tornare a sentirsi dopo tanto tempo la culla e il centro d’Europa. Almeno sulla carta.