SCIENZA E RICERCA

Marijuana, i dubbi scientifici sulla liberalizzazione

Attenti alla Marijuana e ai suoi derivati: soprattutto tra i giovani potrebbero aumentare il rischio di gravi malattie mentali come psicosi, paranoia e schizofrenia. Un pericolo tanto più grave in quanto oggi si tende a sottovalutarlo, sulla scia del movimento per la legalizzazione. A scriverlo a chiare lettere non è il presidente di un’associazione genitoriale o un politico ultraconservatore ma addirittura il New York Times, considerato il portavoce del pensiero liberal negli Stati Uniti.

Un argomento oggi particolarmente sentito anche in Italia, dove al Senato (primo firmatario Matteo Mantero, MoVimento 5 Stelle) è stato appena depositato un disegno di legge per la legalizzazione della Cannabis. Una posizione a favore della quale da ultimo viene invocato proprio l’esempio statunitense, dove 10 stati hanno già liberalizzato la vendita di Marijuana a scopo ricreativo, e ad essi potrebbero presto aggiungersi anche New York e il New Jersey.

Tornando all’articolo del Nyt, la firma è di Alex Berenson, che come giornalista economico ha all’attivo diversi servizi su Big Pharma ed è fresco autore di Tell Your Children: The Truth About Marijuana, Mental Illness, and Violence (Simon & Schuster, New York 2019), un libro-inchiesta che si inserisce nell’attuale dibattito. Già oggi, secondo l’autore, il 65% degli americani è favorevole alla liberalizzazione: una percentuale che negli ultimi anni è andata aumentando proprio mentre paradossalmente un numero sempre maggiore di studi scientifici chiarirebbero sempre più – secondo il giornalista – gli effetti negativi sulla salute dei cannabinoidi. Anche nel campo delle malattie mentali, e a questo punto viene portato ad esempio un report del 2017 della National Academy of Medicine, l’organismo nonprofit che consiglia il governo federale nell’ambito delle politiche sulla salute.

La Marijuana venduta oggi, scrive Berenson, è inoltre molto più potente di un tempo (con una concentrazione di THC che arriva al 25%, contro il 5% di quella che circolava negli anni ’70 e ’80) e non ha sradicato il mercato nero, mentre ha aumentato nei consumatori la frequenza delle assunzioni, con rischi per la salute e per l’ordine pubblico: nei primi quattro stati ad aver legalizzato – Alaska, Colorado, Oregon e Washington – sarebbero infatti in aumento i crimini violenti legati all’uso della cannabis.

Ditelo ai vostri figli: la marijuana può causare malattie mentali e violenza Alex Berenson, giornalista e scrittore

La questione della legalizzazione della Marijuana e dei suoi derivati, come detto, tocca anche altri Paesi, a cominciare dal nostro. Anche in Italia infatti è stata da poco ammessa la produzione per fini sanitari e allo stesso tempo stanno ultimamente fiorendo i cosiddetti grow shop, dove si possono acquistare prodotti derivati dalla canapa indiana. Anche in questo caso però in un parere emesso lo scorso aprile il Consiglio superiore di Sanità (Css) ha affermato che “Non può essere esclusa la pericolosità della 'cannabis light’”.

Ma la cannabis è davvero così dannosa per la salute? Lo abbiamo chiesto a Gastone Zanette, medico anestesista e ricercatore presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’università di Padova. “In argomenti così complessi non è mai tutto bianco o nero – esordisce Zanette –. Una delle prime cose dette dalla ricerca della National Academy of Medicine citata dal Times è proprio che in quest’ambito mancano ancora evidenze scientifiche solide e che bisognerebbe iniziare una ricerca seria sull’argomento. La cannabis è sicuramente una pianta molto complessa che contiene circa 800 diverse sostanze, solo in parte conosciute e studiate come il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD). Spesso si pensa che il discorso si esaurisca a questi due elementi, ma non è così”.

Tornando alla questione di partenza, la cannabis può causare disturbi psichiatrici? “Un uso inadeguato di questa pianta può sicuramente condurre a conseguenze, anche di tipo psichiatrico, soprattutto per certe popolazioni e in certe situazioni. Si tratta del concetto del Set and setting: per le sostanze che modificano la nostra coscienza gli effetti dipendono, oltre che dalla sostanza in sé, anche dalla persona che la consuma, dal suo stato (set), e dall’ambiente fisico e culturale (setting). I quali possono cambiare continuamente, anche durante anche la stessa giornata”.

La cannabis contiene circa 800 diverse sostanze: l'uomo la utilizza da millenni, eppure è ancora poco conosciuta e studiata Gastone Zanette, medico e ricercatore

“Secondo molti studi supportati da evidenze consistenti – continua il ricercatore – i cannabinoidi sarebbero in grado di aggravare, se non di causare, diversi disturbi psichici, slatentizzando problematiche precedenti. D’altra parte però è anche possibile un uso terapeutico di queste sostanze: sempre negli Usa al momento è in corso una ricerca, sostenuta dalla Food and Drug Administration, in cui vengono sperimentate nella cura del disturbo da stress post-traumatico (DPTS) dei veterani”.

Proprio per studiare le possibili applicazioni terapeutiche nel 2017 Zanette ha contribuito a creare uno dei primi corsi universitari di perfezionamento in Europa in Cannabis medicinale: aspetti agro-produttivi, botanici, medici, legali e sociali, giunto quest’anno alla sua seconda edizione, nel quale ci si occupa essenzialmente di sostanze prescritte dal medico al paziente, anche se incidentalmente vengono esaminati anche gli aspetti legati all’uso voluttuario. “Oggi i derivati della cannabis vengono sempre più utilizzati nel trattamente di diverse patologie – prosegue Zanette – come dolore cronico di vario tipo, nausea e vomito conseguenti a chemioterapia, anoressia e cachessia in corso di infezione da Hiv, Sindrome di Gilles de la Tourette, prevenzione e trattamento dell’emicrania, spasticità in corso di sclerosi multipla, glaucoma ed epilessia. I principi attivi legati alla cannabis sono presenti anche in diversi farmaci, eppure anche in ambito medico c’è ancora tanta ignoranza sull’argomento”. In questi casi i cannabinoidi vengono normalmente somministrati per via orale o tramite vaporizzatore, a seconda che si preferisca un’azione prolungata o un effetto rapido.

Certo una cosa è l’uso sanitario; altra, come in America, la legalizzazione a scopo ricreativo: “Quest’ultimo concerne tematiche molto diverse: della cannabis si può sicuramente abusare per un uso puramente voluttuario, così come è possibile farlo per molti altri farmaci. Il principio di prudenza andrebbe comunque rispettato, specialmente per una pianta così complessa e in parte ancora sconosciuta, nonostante l’homo sapiens la utilizzi da 10-12.000 anni”.

Riguardo la liberalizzazione insomma il discorso è complesso e coinvolge molti altri piani rispetto a quello medico, anzitutto quello etico, legale ed educativo. Ciò detto, un punto di vista scientifico può aiutare a fissare alcuni punti del dibattito. Lo stesso Berenson ad esempio ammette che il numero dei consumatori in seguito alla liberalizzazione non sembra aumentare:  “Si tratta di un fatto noto da tempo – conferma Zanette –; i Paesi Bassi, dove la Marijuana è disponibile per usi ricreativi da quasi 50 anni, sono uno dei Paesi con minore incidenza di consumatori, anche rispetto a Francia e Italia”. Un secondo punto fermo è che la marijuana può essere anche molto pericolosa, soprattutto per i giovani: “Incide direttamente sul sistema endocannabinoide del nostro corpo, molto importante per lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Per un adolescente il consumo può costituire sicuramente un problema, ed è da evitare”. Altra cosa sono le valutazioni di altro tipo, come l’azione delle mafie e delle lobbies del tabacco, che anche nella liberalizzazione sembrano aver fiutato l’affare: per quanto riguarda la scienza quello degli effetti dei cannabinoidi sembra essere un territorio ancora poco esplorato, da indagare bandendo pregiudizi di ogni tipo, sia positivi che negativi.

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