Renato Guttuso, “1° maggio 1950”, inchiostro su carta (coll. privata)
Secolo di un progresso tecnologico sempre più frenetico e delle due guerre mondiali, del totalitarismo ma anche della passione politica, dal punto di vista artistico il Novecento è variegato e multiforme come nessun altro periodo storico precedente. Movimenti e avanguardie rivaleggiano, si scontrano e si sovrappongono, e non è affatto raro che un singolo artista nel corso di pochi anni li attraversi mutando stile e a volte anche mentalità e visione.
Una complessità che coinvolge lo stesso concetto di bello e la sua rappresentazione, mentre con Freud anche l’io perde la sua fondamentale unità e si fa molteplice, sfaccettato e misterioso. Per questo in un periodo di meno di quarant’anni – dal 1927 al 1964 – un solo Paese, l’Italia, esprime una varietà e una complessità da lasciare abbacinati. Spaesamento facile da provare per chi visita La bellezza del Novecento – L’Arte in Italia 1930-1960, al Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme fino al 28 gennaio 2024: un viaggio ideale tra i movimenti artistici italiani a cavallo del secondo conflitto mondiale attraverso 44 opere tra dipinti, disegni e sculture provenienti da collezioni private.
Il progetto espositivo di CoopCulture e del Comune di Abano Terme, curato da Alessia Castellani e Nicola Galvan, mette sotto la lente d’ingrandimento una fase fondamentale della storia del nostro Paese, che in meno di quarant’anni passa dal fascismo alla democrazia attraverso la guerra e la Resistenza, fino a lambire il ’68 dopo agli anni della ricostruzione e del boom.
Si inizia con il ventennio fascista, che tenta di imporre anche al mondo della cultura il recupero dei valori tradizionali con il conseguente ritorno all’ordine dopo la rivoluzione prodotta dalle avanguardie. Un fenomeno che ha la sua principale espressione nel gruppo Novecento, presente in mostra con pittori del calibro di Mario Sironi e Pietro Marussig ed esemplificato nelle sue linee guida dall’ipnotica Passeggiata di Massimo Campigli del 1932, con le sue figure monumentali ispirate all’arte etrusca. Una visione classica e conservatrice che però viene messa in discussione a più riprese, ad esempio dalla Scuola romana e dal Chiarismo lombardo, per essere poi superata definitivamente dal Realismo, dal Neocubismo e dall’Informale.
Nell’immediato dopoguerra la cultura italiana vive un potente desiderio di rinascita e di riallineamento con le ricerche internazionali, testimoniato dalla formazione di movimenti come il Fronte Nuovo delle Arti e il Gruppo degli Otto, rappresentati dalle opere di Renato Guttuso, Afro Basaldella, Renato Birolli, Antonio Corpora, Giuseppe Santomaso ed Emilio Vedova (al quale è dedicata un’altra interessante mostra appena conclusa all’M9 di Mestre).
La Bellezza del Novecento mette a fuoco un collezionismo appassionato e colto, caratterizzato una profonda, utopica determinazione: raccogliere, ordinare e tenere unita la bellezza nelle sue molteplici forme, di contro alla frammentazione, alla dispersione e al disordine delle cose del mondo. La mostra contribuisce inoltre a ricostruire anche la reciproca influenza tra arte e potere, essenziale in un periodo in cui le grandi masse si affacciano sulla scena politica.
Un’arte che può servire a creare il consenso ma anche il dissenso, oppure semplicemente a rappresentare la società con le sue speranze e le sue contraddizioni, come ad esempio nel disegno di Renato Guttuso dedicato al I° maggio 1950 e destinato alla prima pagina de l’Unità, così come nel Contadino ucciso di Domenico Purificato. Segni di una passione civile che nell’ultimo periodo è andata sottotraccia ma che in tempi più recenti sembra pronta a riemergere in artisti come Banksy, oggi protagonista a sua volta di diverse mostre per l’Italia e non solo. La storia si è rimessa in marcia, l’arte – nel bene o nel male – è di nuovo pronta a seguirla.