Jacopo da Ponte detto Bassano (1510-1592): Cena in Emmaus, 1537, olio su tela (dettaglio)
La Cena in Emmaus, olio su tela del 1537, di Jacopo da Ponte detto Bassano e, accanto, il quattrocentesco Compianto sul Cristo morto, attribuito ad Andrea da Murano. Due opere che, senza correre il rischio di sfigurare, potrebbero essere esposte sulle pareti di un grande museo e che si mostrano ora nel piccolo ma prezioso spazio espositivo rinnovato del nuovo Museo del Duomo di Cittadella. Ed è davvero una buona notizia, un evento che in qualche modo conforta e ben si inserisce nei propositi e nel tema lanciato oggi, 18 maggio 2021, nella Giornata internazionale dei musei dedicata, appunto, a Il futuro dei musei: rigenerarsi e reinventarsi.
È dunque una bella prova, una prima occasione di riscossa: un esempio felice di impegno, pazienza, cura e lungimiranza, di riattivazione dei centri dell'arte, a partire proprio da quelli più piccoli, attraverso attente azioni di recupero di un passato lontanissimo di cui godere ora, di nuovo, con i musei riaperti. E con la vita culturale che rinasce, che si rialza e torna a "produrre" non solo mostre grandiose ma anche e soprattutto piccoli risultati preziosi, partendo in questo caso dal Duomo di una splendida città murata, a pochi chilometri da Padova.
Cittadella apre le porte del suo nuovo Museo del Duomo (da sabato 22 maggio) dopo un lungo percorso e varie fasi di lavori, iniziati già tra il 1985 e il 1986, proseguiti tra il 2003 e il 2010 e infine dal 2015 a oggi, che hanno visto il sostegno e l'intervento prima del Mibact, oggi Mic - Ministero della cultura, e poi della Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo e del Comune di Cittadella. Lo spazio espositivo nel cuore della città accoglie un numero contenuto di opere di pittura, scultura, arti applicate e offre un percorso che, dopo la visita alle sale, invita a concludere il breve viaggio di scoperta artistica e meditazione raggiungendo la chiesa antica - dedicata a San Prosdocimo vescovo, patrono di Padova, che si fa risalire al 1220 e oggi sostituita da un maestoso edificio neoclassico -, per ammirare gli affreschi conservati nell'area absidale, ora cappella dell'Immacolata. Qui l'affresco più antico, riferito a pittore di area lagunare e databile nella seconda metà del XIII secolo, raffigura la Madonna con il Bambino e Santa Margherita, mentre l’ultima decorazione, portata in luce negli anni Ottanta del Novecento, è opera di Jacopo Da Ponte che, tra il 1537 e il 1539, realizza il ciclo con Storie dell’Antico Testamento, di cui sopravvivono le monumentali figure di Sansone, Giosuè, Davide e il gigante Golia.
La parola chiave è "stratificazione", spiega Andrea Nante, direttore del Museo Diocesano di Padova, ora anche coordinatore del Museo del Duomo di Cittadella. "Qui vi è la storia di una comunità che cerca le proprie origini". E aggiunge: "Il museo stesso è luogo di stratificazione, di continua ricerca della propria identità".
Ecclesia haec Cittadellae a republica patavina erecta est, cum et ipsum oppidum construxere an. 1220 eo in loco, ubi coenobium monachorum D. Ant. Abbati dicatum fuerat. (Salomonio, 1696)
Questa chiesa di Cittadella venne eretta dalla repubblica padovana contemporaneamente alla fortezza nell’anno 1220, nello stesso luogo in cui un cenobio di monaci era stato dedicato a S. Antonio Abate.
Le nuove sale espositive, ricavate in uno spazio adiacente al Duomo, ospitano due opere importanti: in primis la Cena in Emmaus, capolavoro di Jacopo da Ponte detto Bassano (1510-1592), precedentemente conservata nella chiesa medievale. È una nota contabile datata 19 agosto 1537 dello stesso artista ad attestare la richiesta di “misier alciprete et masari del comun di Zitadela de depenzerli […] una palla con la istoria de Luca et Cleofas”: il racconto evangelico dei due discepoli affranti, che incontrano Cristo mentre sono sulla via del ritorno verso Emmaus, soddisfa una richiesta dell’autorità civile e religiosa. Il soggetto della pala fu scelto con ogni probabilità per rispondere alle tensioni generate da una significativa presenza ereticale nel territorio cittadellese che, accogliendo le suggestioni della Riforma protestante, avrebbe potuto disorientare i fedeli. Il tema eucaristico - con la rondine, simbolo della Resurrezione, e le ciliegie, segno del sangue di Cristo - conferma la volontà dei committenti di sottolineare il magistero dottrinario della Chiesa di Roma.
In particolare, l'opera svela l'attimo che precede la rivelazione di Cristo ai discepoli della sua identità di Risorto. Si tratta del momento più alto della produzione giovanile di Da Ponte, evidente è il debito col Pordenone e probabile la lezione dell’arte michelangiolesca. L'immediato successo dell’opera porta il podestà di Cittadella, Cosimo da Mosto, a chiedere al pittore bassanese di realizzarne una seconda versione, l'anno successivo. Quella "seconda" Cena oggi è conservata al Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas.
A sinistra, dettaglio dalla "Cena in Emmaus" (1537) di Jacopo da Ponte detto Bassano
Accanto alla Cena in Emmaus, si può ammirare il Compianto sul Cristo morto di Andrea di Giovanni da Murano, opera realizzata probabilmente nella seconda metà del Quattrocento e attribuita in passato a Jacopo da Montagnana, poi a Lazzaro Bastiani e infine ad Andrea di Giovanni da Murano. Inserita nel contesto della scuola muranese dei Vivarini, la tavola si distingue per il luminoso cromatismo di derivazione veneziana e, al tempo stesso, ne supera la classicità statica con uno slancio dinamico che esalta la teatralità della rappresentazione. La tensione di Maria e delle pie donne, che si disperano di fronte al corpo di Cristo, crea un climax scenografico che rende tangibile il dramma rappresentato. Degno di nota è il contesto paesaggistico, che assume i tratti di una consapevole citazione della maniera di Andrea Mantegna: l’anfiteatro posto al centro delle mura, se da un lato rinvia alle suggestioni della “città ideale”, dall’altro si offre come omaggio ai temi del maestro padovano.
Oltre alle due opere protagoniste, il museo conserva anche una Flagellazione di fine XVI secolo, già attribuita a Palma il Giovane ma più verosimilmente riconducibile ad Andrea Vicentino, il Sant'Antonio Abate (XV secolo), proveniente dall'antica chiesa abbaziale, in pietra di Vicenza con tracce dell'antica originale policromia, il busto policromo di una Vergine Annunciata, il Crocifisso processionale quattrocentesco in legno intagliato e policromo, il San Rocco e il San Sebastiano cinquecenteschi. Tra gli esemplari di arti applicate si trovano il rarissimo Parato in terzo, impreziosito da ricami di raffinata fattura del XVI secolo, il reliquiario quattrocentesco, opera di Bartolomeo da Bologna, lo stendardo processionale dedicato a San Girolamo, l'Apparato per le Quarant'ore in legno intagliato e dorato.
Andrea da Murano (sec. XV): Compianto sul Cristo morto, seconda metà XV secolo, tempera su tavola