Julien Blaine, "Macchina per scrivere" (2006)
La sintesi sta nel titolo: Poetic Boom Boom. Qui c’è tutto: la poesia e l'arte che attraversano le celle e l’esplosione che ritroviamo nell’ultima sala del piano terra dove una macchina da scrivere disintegrata da feroci martellate si offre allo sguardo del visitatore (e non sappiamo se ridere o provare pietà). È un esempio di poesia visiva: quella di Julien Blanche è infatti una delle opere esposte alle Gallerie delle Prigioni di Treviso, riunite per raccontare un movimento e, ancora di più, una visione del mondo che arriva da lontano: dai carmi figurati di Teocrito, dai codici miniati bizantini, fino a due altissime prove di riferimento come Un coup de dés n'abolira jamais le hasard di Stéphane Mallarmé (1897) e i Calligrammes di Guillaume Apollinaire (1917).
Lo spazio espositivo trevigiano dedicato alla cultura contemporanea - le antiche carceri asburgiche della prima metà dell'Ottocento sono state recentemente restaurate da Tobia Scarpa - accoglie la ricca esposizione curata da Mattia Solari (fino al 7 aprile 2019), favorendo il dialogo tra i 210 lavori in un unico formato cartolina (10x12 centimetri) di Imago Mundi, la collezione di Luciano Benetton che si offre come mappatura geografica dell’arte mondiale, e una selezione di 44 opere eseguite con tecniche diverse come stampa, fotografia, scultura, installazioni, video e performance e realizzate, tra la fine degli anni Sessanta e i giorni nostri, dai più importanti esponenti del movimento artistico europeo di sperimentazione e protesta conosciuto con il nome di Visual poetry. Poesie da guardare e immagini da leggere, dunque, nelle opere di Isaia Mabellini, in arte Sarenco, grande protagonista della mostra, fondatore nel 1983 del gruppo Logomotives, formato da Eugenio Miccini, a cui si deve la nascita della poesia visiva nel 1963, Paul De Vree (autore di Kissinger I, che evoca il politico americano giocando con un rebus), Alain Arias-Misson, Jean-François Bory, Franco Verdi, il già citato Julien Blaine, autore delle Fables, con cui si interroga sul concetto di narrazione. E ancora, Pierre Garnier, Ugo Carrega, Giovanni Fontana e il suo "ipertesto sonoro multipoietico" che libera il suono dalle regole dello spartito, Karl Holmqvist, Irma Blanck, Raffaella Della Olga, Mirtha Dermisache, con le loro parole illeggibili, alterate, smaterializzate.
Gedicht macht frei. La poesia rende liberi (2002) recita, all’ingresso delle gallerie, la scritta su un portale che tanto ricorda il triste simbolo della Shoah. La provocazione di Sarenco è chiara e prepara il cuore a quel che poi, una volta entrati, saremo invitati a interpretare: sostituisce un termine della scritta Il lavoro rende liberi con la parola poesia, e ribalta così il senso e i sentimenti di chi legge e osserva. Cancella la sofferenza del lager introducendo il messaggio di libertà e pace dell'arte. Già questo basterebbe, e invece i labirinti interni delle gallerie svelano molte altre ottime provocazioni di Sarenco: dall'iconica Poetical Licence alla sua foto da bambino in Non eravamo poeti 1953 a Le ceramiche di Siviglia (con Ho bisogno del tempo per abbattere il tempo e La poesia ferma il tempo), passando per le lavagnette di Let's go to school, opera che trasforma le quattordici stazioni della via crucis in fermate dissacranti che invitano a riflettere.
“ La poesia visiva era ed è anarchica e rivoluzionaria, ironica e bastarda, trasgressiva e infedele Sarenco, Poesia visiva, Malindi 1992
"La mostra prende le mosse da Visual poetry in Europe, prima collezione del progetto Imago Mundi che non si focalizza su una singola nazione ma approfondisce un movimento artistico, emerso contemporaneamente in più paesi europei", spiega Solari. "Corrente artistica che ha origine nel secondo dopoguerra, la poesia visiva nasce come risposta alle costanti pressioni che i mezzi di comunicazione esercitano sulla vita quotidiana ed esplora le potenzialità del linguaggio verbale quando sconfina dal campo della letteratura e si appropria degli strumenti delle arti visive". Esposti anche libri d'artista e riviste come la prima serie di Lotta poetica (1971-1975), strumento di espressione del movimento. Infine, il documentario Poesia in carne e ossa regala le voci e le forti presenze di Julien Blaine, Giovanni Fontana e Sarenco (scomparso nel 2017), proponendo un racconto sul potere liberatorio dell’arte.
Marco Gerbi (Slovacchia), "Domande senza risposta". Collage e acrilico su tela, 10x12 cm (2015)