"Rothko in Lampedusa", opere in mostra a Palazzo Querini, Venezia (foto: Francesco Allegretto)
Si parte da una considerazione: se Mark Rothko non fosse scappato dalla Lettonia e non avesse, dunque, mai raggiunto gli Stati Uniti, con buona probabilità non sarebbe mai diventato l'artista che oggi tutti conosciamo. "Chi saremmo noi oggi senza Rothko? Se quel rifugiato non avesse trovato, nel Paese di accoglienza, delle condizioni idonee all’espressione della sua potenzialità, oggi non avremmo le sue opere. Ecco cosa avremmo perso. E forse questo sta accadendo proprio in questo momento. Forse tra quanti arrivano a Lampedusa - e, per estensione, tra tutti i rifugiati nel mondo - potrebbe esserci il Rothko del XXI secolo". A porsi queste domande, in forma di sana provocazione, per offrire un nuovo punto di vista su un argomento estremamente attuale, sono Luca Berta e Francesca Giubilei, curatori di Rothko in Lampedusa, progetto espositivo dell’Unhcr, Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, allestito fino al 24 novembre a Palazzo Querini della Fondazione Ugo e Olga Levi a Venezia (ingresso libero), nei giorni in cui la città lagunare ospita la 58esima Esposizione internazionale d'arte.
“ Mark Rothko è stato scelto come esempio paradigmatico di una condizione esistenziale, toccata a moltissimi artisti del XX secolo, in fuga dalle persecuzioni razziali, religiose e politiche, e tutt’oggi tristemente attuale
Ci sono dolori e speranze in questa mostra veneziana, c'è un messaggio che punta a scuotere partendo dall'amore per l'arte. Non sono solo opere ma tracce di vita vera, sofferenze e fughe, speranze e desiderio di riscatto. Le opere di otto artisti affermati - Ai WeiWei, Adel Abdessemed, Christian Boltanski, Nalini Malani, Abu Bakarr Mansaray, Richard Mosse, Dinh Q. Lê e Artur Żmijewski - dialogano con quelle di cinque emergenti - l'animatore iraniano Majid Adin, rifugiato in Inghilterra, la scultrice siriana Rasha Deeb, rifugiata in Germania, il fumettista somalo Hassan Yare, rifugiato in Kenya, il fotografo della Costa D'Avorio Mohamed Keita, rifugiato in Italia, e Bnar Sardar Sidiq, fotografa dall'Iraq oggi rifugiata in Inghilterra -, quest'ultimi coinvolti, tra aprile e maggio scorsi, nel progetto di residenza artistica Waterlines con una settimana di ospitalità in famiglie appartenenti alla rete locale di Refugees welcome Italia e successivamente nel Collegio internazionale sull’Isola di San Servolo. "Dare spazio a queste voci significa lasciare aperte le porte perché l’arte possa aiutarci a comprendere i fenomeni che l’umanità si trova ad affrontare. - spiegano i curatori - E lo farà in modo imprevedibile, come era imprevedibile che quel ragazzino lettone arrivato a Portland nel 1913 sarebbe diventato un giorno il Mark Rothko che conosciamo".
Tra i nomi noti troviamo Ai WeiWei, che propone una riproduzione del lavoro di Rothko realizzata usando blocchetti di Lego donati da migliaia di volontari (è la seconda delle foto della nostra galleria), mentre Adel Abdessemed presenta dodici grandi disegni a carboncino su carta in cui il profilo dell’individuo si sfuma diventando moltitudine. Nell'installazione di Christian Boltanski riconosciamo l’oro delle coperte termiche con cui i naufraghi vengono avvolti una volta soccorsi e percepiamo il movimento perpetuo delle onde che ne accompagna il difficile viaggio in mare, il video di Nalini Malani mette al centro la condizione della donna, il lavoro fotografico di Richard Mosse registra da lontano le tracce degli esseri umani costretti a vivere nei campi profughi. Nei disegni di Abu Bakarr Mansaray ritroviamo immaginari congegni meccanici usati dagli uomini per uccidere. Gli stereotipi sul tema dei migranti vengono affrontati dagli artisti Dinh Q. Lê e Artur Żmijewski: il primo è un artista vietnamita che nel video The imaginary country racconta l’esperienza del ritorno a casa dei suoi connazionali dopo aver abbandonato il Paese negli anni Settanta, per sfuggire alla guerra, il secondo è polacco e con il suo lavoro fotografico e video ritrae i migranti nelle nostre città, ricordandoci la nostra posizione di vantaggio sociale ed economico.
Il 20 giugno si celebra la Giornata mondiale del rifugiato. Secondo i dati forniti da Unhcr il 30 giugno 2018, "70,4 milioni di persone in tutto il mondo sono state costrette alla fuga. Di queste, circa 20,2 milioni sono rifugiati sotto mandato Unhcr, più della metà dei quali di età inferiore ai 18 anni. Ci sono inoltre 10 milioni di persone apolidi cui sono stati negati una nazionalità e l’accesso a diritti fondamentali quali istruzione, salute, lavoro e libertà di movimento".