SOCIETÀ

Anche l’arte si fa social

Tutta l’arte in un click. Quando Tim Berners-Lee, dieci anni or sono, definiva il web un’innovazione sociale invece che tecnica, si riferiva al modo in cui lo spazio virtuale ci consente di migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo. Dalla sua nascita alla sua crescita, il web ha investito di cambiamenti notevoli, a volte vere e proprie rivoluzioni, diversi aspetti della vita umana. Trasformando il mondo del lavoro, dell’informazione, dei servizi pubblici e dell’entertainment, per citarne alcuni, il web ha rivoluzionato il rapporto umano con la conoscenza, interagendo anche con la creatività e con l’arte. 

Gallerie d’arte digitali, visite 3D ai più prestigiosi musei di tutto il mondo, designer che fanno del pc la propria tela e del web la propria mostra, sono solo alcuni degli aspetti che hanno trasformato e innovato il mondo dell’arte negli ultimi tempi. 

Google in particolare è stato fra i primi a raggiungere traguardi importanti in questo campo attraverso Google Art Project. Lanciato il primo febbraio 2011, questo prodotto rappresenta la più efficiente raccolta on line di opere d’arte esposte nei più celebri musei di tutto il mondo. In questo archivio sono disponibili virtualmente più di 150 musei di oltre 40 paesi a 360° con una panoramica 3D. Le opere raccolte sono più di 35.000 e hanno l’altissima risoluzione di 7 gigapixel che consente di analizzare ogni minimo particolare. I Musei Capitolini, il Museo dell’Acropoli di Atene, il Metropolitan Museum of Art sono soltanto alcuni dei tanti spazi che Google Art Project offre a portata di click. Una sindrome di Stendhal assicurata per gli utenti di tutto il mondo, che possono ora perdersi in secoli di arte comodamente seduti sulla poltrona del salotto di casa, personalizzando a proprio piacimento i percorsi delle visite virtuali. 

Wiki Loves Monuments è l’altro esempio di come si possa preservare e promuovere il proprio patrimonio artistico in chiave partecipativa. Il concorso, ideato e lanciato nel settembre 2010 da Wikimedia Netherlands, ha ottenuto negli anni un grandissimo successo e, oltre a ricevere 12.000 fotografie di monumenti storici olandesi riconosciuti dall’agenzia Rijksdienst voor het Cultureel Erfgoed, annovera oltre 8.000 fotografie uniche di monumenti. Nel corso degli anni il progetto ha assunto una chiave europea che ha visto l’adesione di 18 nazioni europee, sino ad estendersi a livello mondiale nel 2012. Tra le istituzioni che ora sostengono il progetto vi sono il Consiglio d’Europa, la Commissione Europea, Carare, Europeana, Europa Nostra e Open Images.

Il concorso fotografico internazionale coinvolge cittadini di tutto il mondo, attivandoli nel documentare il proprio patrimonio culturale, fotografando monumenti e beni di valore artistico presenti sul proprio territorio, caricando poi le immagini ottenute su Wikimedia Commons con licenza libera. Il legame tra arte e Rete non si ferma qui. Nell’arte digitale, o computer art, l’opera d’arte è creata utilizzando il pc, mescolando tecniche tradizionali, quali il disegno, la pittura, la geometria, con forme di espressione di tipo digitale, come la fotografia, l’audio e il video. Nata a metà del secolo scorso, ha raggiunto un più elevato grado di perfezionamento soprattutto negli ultimi decenni grazie alla messa a punto di tecnologie fortemente avanzate, come i software per la produzione e la modifica di immagini. E come da “tradizione” i digital worker espongono le proprie opere insiti Internet adibiti a dare visibilità alle creazioni degli artisti digitali più promettenti, pubblicandole gratuitamente. 

“Oggi, se si può accedere alla Rete, si possono esporre le proprie creazioni immediatamente e renderle visibili praticamente a chiunque. In questo caso a decidere della visibilità, della fruibilità di un’opera non è più qualsivoglia logica distributiva, o di potere, o di profitto, ma solo la qualità dell’opera che si è prodotta, quindi è difficile che qualcuno che fa un bel lavoro non venga notato, almeno in questo ambiente”: con queste parole il giapponese Yugo Nakamura, fra i più stimati webdesigners del panorama mondiale, fa riferimento alla questione della vendibilità delle creazioni digitali. A soli 42 anni vanta già importanti collaborazioni con clienti del calibro di Sony, Luis Vuitton e Muji per i quali ha realizzato spot e siti web. Nakamura èun vero artista d’avanguardia capace di “dialogare” con il computer, “plasmando” la macchina in base alle proprie necessità e stabilendo con essa una nuova forma di comunicazione. A questo proposito una delle sue intuizioni più geniali è rappresentata da Framed, un progetto ideato in collaborazione con l’interior designer Yoshihiro Saitoh che sembra in grado di proporre una soluzione al difficile problema della vendibilità delle opere digitali. Framed è uno schermo LED Full HD da 40 pollici verticale con computer integrato, sistema operativo Windows 7, WiFi, Bluetooth e porta USB, in grado di riprodurre opere interattive, grafica digitale, video, applicazioni web, fotografie. Un oggetto dal design geometrico, minimalista ed elegante, destinato forse a rivoluzionare l’arredamento delle nostre case; una sorta di “quadro multimediale”, che “vive”, “si muove” sulla parete. La particolarità ancora più straordinaria è che Framed è completamente controllato via iPhone, mediante un’applicazione che permette di testare, personalizzare e acquistare on line le opere che, in un secondo momento, saranno trasferite sul display. “L’idea” spiega il webdesigner “è che lo schermo sia a un tempo il quadro e il mezzo di distribuzione”.

Il progetto a cui si è dedicato Nakamura rappresenta l’ennesima manifestazione dell’ormai consolidato rapporto tra il digitale e l’arte e di come la cultura, in ogni sua forma e manifestazione, continui a mettere in discussione se stessa. 

Teresa Bovo

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