SOCIETÀ

Google Books: la porta è aperta

Vittoria importante in aula per il progetto di digitalizzazione di Google a seguito della sentenza emessa giovedì 14 novembre 2013 dal tribunale di New York che sancisce la prevalenza della tutela dell’interesse pubblico rispetto a quello editoriale. In parallelo, la sentenza rappresenta anche una vittoria del Fair Use e delle biblioteche accademiche e un piccolo passo verso una visione più innovativa del diritto d’autore, anche se per ora limitato agli Stati Uniti. 

Il giudice Denny Chin ha accolto in pieno la tesi sostenuta da Google stabilendo che gli editori non subiscono danni economici dalla digitalizzazione, in quanto il progetto Google Books non vende copie digitali dei libri fuori stampa, ma consente piuttosto agli utenti della rete di scoprire nuovi libri e nuovi autori che erano confinati dalla loro fisicità e irreperibilità a un eterno oblio. Questa audace sentenza – così l'ha definita il Washington Post- è di portata storica, per il campo cui si applica. 

A distanza di quasi un decennio dalla causa intentata da Author Guild (l'associazione americana degli editori e autori) contro Google, si volta pagina considerando “equa” l’operazione di scansione di testi a stampa fuori commercio, ma ancora tutelati dal diritto d’autore. In questo modo sarà possibile, si spera, dare nuovo impulso alla digitalizzazione su larga scala. Molti i colpi di scena dal 2004, anno dell’accordo tra Google e alcune tra le più prestigiose biblioteche del mondo per la digitalizzazione di testi fuori commercio. Il progetto scatenò le furie degli editori che nel 2005 lanciarono una class action contro Google per violazione dei diritti d’autore. Con un effetto a catena, la lite giudiziaria paralizzò la crescita dei progetti di digitalizzazione di testi che ricadevano fuori dal pubblico dominio. Il blocco si estese anche all'Europa dove numerose erano state le reazioni contrarie al progetto, in particolare a causa delle rigidità che presentano le norme dei singoli stati sul diritto d’autore e le stesse direttive europee. Le proteste alimentate anche dalle varie associazioni di categoria (di autori e editori) avevano di fatto congelato ogni possibile progetto di digitalizzazione di questi testi introvabili nel mercato. In testa la Francia, che però qualche anno dopo aveva dato corso a un progetto analogo a quello di Google – il programma francese per la digitalizzazione di Stato ReLire - modificando allo scopo la legge nazionale sul diritto d’autore e consentendo la digitalizzazione di testi fuori commercio distribuiti e venduti da parte dell’associazione francese per la gestione collettiva dei diritti (società analoga alla nostra Siae) bypassando i diritti dei singoli autori. 

“Google Books fornisce benefici di carattere pubblico molto significativi. Trasforma completamente i libri, [ed è] uno strumento di ricerca essenziale” dice il giudice Chin nelle motivazioni della sentenza. È curioso notare che Chin è lo stesso giudice che nel 2009 aveva rifiutato il Settlement di Google con l’Association of American Publishers bloccando di fatto il progetto di digitalizzazione su scala mondiale, e che successivamente si era espresso ancora un volta a favore degli editori in merito alla liceità di una class action per risarcimento danni agli autori, che ammontava a 750 dollari  a pubblicazione (per circa 2 miliardi di dollari a risarcimento di 2 milioni e 700.000 opere digitalizzate senza autorizzazione). Authors Guild ha già dichiarato di voler fare ricorso in appello contro la sentenza, anche se i suoi membri potrebbero prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di ritirarsi dalla causa, di fronte al rischio concreto di spendere di più nel continuare in giudizio rispetto a quanto potrebbero ricevere da un’eventuale vittoria in appello. Va ricordato in proposito che la sentenza del 2010 di Chin fu ribaltata nel 2013 con la disposizione, da parte della corte di secondo grado, di riesaminare il caso alla luce della normativa del Fair Use. Non è chiaro, a oggi, chi si dovrà accollare le spese di otto anni di tribunali.

Electronic Frontier Foundation ha acclamato come un momento di “sanità mentale rivoluzionaria” la decisione del tribunale, affiancata da bibliotecari e autori accademici che, sebbene con grande ritardo, hanno via via rivisto le loro posizioni iniziali.  Pamela Samuelson e centinaia di ricercatori e saggisti nel febbraio 2013 avevano inviato una lettera al giudice Chin dove sostenevano di non condividere l’azione legale contro Google, sottolineando di non sentirsi rappresentati da Author Guild, perché non ritenevano di essere stati danneggiati dalla digitalizzazione delle loro opere. Semmai - come sosteneva  l'Amicus Brief presentato dalle Associazioni dei bibliotecari accademici - il danno poteva derivare dal blocco del progetto. A favore della sentenza ha giocato anche il fatto che tutti i testi digitalizzati dal Google Books sono stati convertiti in formati accessibili a categorie con disabilità visive o sensoriali, anticipando gli accordi del Trattato di Marrackesh ancora in fase di ratifica.

Secondo la sentenza del 14 novembre è proprio nella trasformazione digitale dei libri che risiede la portata dell’utilità di Google Books. La chiave innovativa del progetto sta nella digitalizzazione del contenuto che si separa dalla fisicità del supporto cartaceo: un processo che altera profondamente la natura dell’edizione e la modalità di fruizione dei contenuti a tutto vantaggio del bene pubblico.  La possibilità di ricercare tramite parole all’interno del testo pieno è uno strumento di ricerca prezioso che permette a studenti, insegnanti, bibliotecari, lettori e appassionati in genere di identificare e localizzare i libri in modo più efficiente. Di più, il fatto di poter inserire nei cataloghi di biblioteca i titoli delle opere digitali accanto ai record dei libri fuori stampa consente di raggiungere l’informazione sul testo cercato entro un quadro biblioteconomico globale che comprende biblioteche, editori e librerie in un unico assetto, generando anche un potenziale aumento nelle vendite di e-book laddove vi siano successivo accordi editoriali con gli autori dei testi fuori stampa. 

Antonella De Robbio

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012