CULTURA
Il futuro? Perfetto. Grazie al Web
Che l’albero che cade faccia più rumore della foresta che cresce non è mai stato così vero: soprattutto negli ultimi anni i mezzi d’informazione, così come il cinema e la letteratura, appaiono ossessionati dall’insicurezza, spesso andando contro la realtà dei fatti. Prospettive cupe, come quelle rappresentate nel libro Il mondo senza di noi di Alan Weisman, popolano l’immaginario collettivo come “memento mori” planetari. Quanto c’è però di vero in tutto questo? O meglio: è effettivamente questa l’immagine che riassume il presente, o c’è dell’altro? Certo negli ultimi vent’anni sono aumentati l’inquinamento, la CO2 nell’aria e il crimine giovanile; in tutto il mondo sono però cresciuti non solo il reddito pro capite, ma anche la scolarizzazione e le opportunità per le donne e le minoranze, mentre si sono dimezzate le percentuali di persone denutrite. Quasi dappertutto, in particolare nei paesi poveri, la durata e la qualità della vita si sono innalzate; persino i divorzi, dopo il picco raggiunto all’inizio degli anni ottanta, nei paesi sviluppati conoscono un inaspettato trend negativo. Se aggiungiamo le piccole grandi meraviglie quotidiane della medicina e i vari smartphone e tablet, che possono rendere più facile e divertente la nostra vita, per Johnson non ci sono dubbi: stiamo vivendo il miglior periodo della storia dell’umanità, e il futuro è ancora tutto da scoprire.
Si tratta solo del classico ottimismo da American Dream? Come si concilia tutto questo con lo scetticismo diffuso riguardo le sorti dell’umanità, o con i dati contrastanti sui trend positivi di lungo periodo, come la scolarizzazione? Certamente le grandi questioni, a cominciare dalla crescita demografica e dall’inquinamento, appaiono ancora lontane da una soluzione. C’è poi la cattiva congiuntura economica, ma non solo: gioca un ruolo fondamentale anche una diffusa sfiducia verso la scienza, in definitiva verso l’uomo. Quanto ai dubbi sulla tecnologia e sulle sue applicazioni, essi risalgono molto in là nel tempo, ma hanno avuto un’accelerazione soprattutto con gli ultimi conflitti mondiali; dopo la fine della Guerra fredda poi le paure di un olocausto nucleare hanno trovato delle degne eredi in quelle del riscaldamento globale e della catastrofe ecologica. Il risultato è che nel 1997, secondo quanto riportato dall’autore, nel bel mezzo di uno dei più lunghi e pacifici boom economici, il 71% di tutti gli editoriali pubblicati sul Washington Post era focalizzato su aspetti negativi, mentre solo il 5% era improntato all’ottimismo.
Eppure, secondo Johnson, che ha scritto altri sette libri principalmente su tecnologia e media, il progresso è una grossa opportunità anche dal punto di vista dell’ambiente. La storia, afferma l’autore, dimostra che non c’è un problema che non possa essere affrontato efficacemente da un gruppo di intelligenze e di esperienze riunite in network: non c’è quindi ragione di credere che, con l’aumento esponenziale della quantità e della facilità delle comunicazioni che caratterizza l’epoca moderna, questo non avvenga sempre più. Una condizione ambientale che, sempre ad avviso dell’autore, sta rapidamente cambiando i meccanismi stessi della produzione, della trasmissione e dell'applicazione della conoscenza, sempre più basata su uno scambio etico alla pari su basi non economiche, piuttosto che su una gerarchia della conoscenza.
La questione oggi, secondo Johnsonn, è se si riuscirà a portare questo metodo anche in una delle roccaforti rimaste del principio gerarchico, e cioè nella politica. Un passaggio da Wikipedia a un’agognata Wikicrazia, basata sulla partecipazione competente e volenterosa. E qui per i lettori italiani è difficile non fare il paragone con l’esperimento condotto dal Movimento 5 stelle, che proprio in questo periodo sta conoscendo una larga affermazione, e con le spinte al cambiamento e l’insoddisfazione per l’attuale funzionamento dei meccanismi politici che il suo successo evidenzia. Non siamo ancora alla democrazia 2.0, ma strumenti come i social network stanno già cambiando il modo di far politica. Il prossimo passaggio potrebbe essere quello di andare oltre lo stesso principio di rappresentanza. Ma questo è l’aspetto meno convincente, o forse addirittura più inquietante del libro. Internet sconfiggerà davvero l'inquinamento, la corruzione e la guerra nel mondo? Le tecnoutopie sono state numerose, da quando la scienza ha cominciato a incidere visibilmente nella vita quotidiana, dal vapore all’elettricità alla medicina, dall’energia atomica alla “rivoluzione verde” attraverso i fertilizzanti e spesso si è visto questo o quel ritrovato come panacea di tutti i mali. Gli entusiasmi e le speranze suscitate dalla diffusione della radio, e poi della televisione, ricordano da vicino quelli attorno alle magnifiche sorti della Rete, e molto prima alla diffusione della libera stampa. Con Internet disponiamo ora di uno strumento diverso e superiore, e la cooperazione orizzontale permessa dal Web ci consentirà un passo avanti decisivo verso la soluzione di problemi che attendono da troppo tempo una soluzione? Troppo perfetto, forse, per essere vero.
Daniele Mont D’Arpizio
Steven Johnson, Future Perfect: The Case for Progress in a Networked Age