SOCIETÀ
Legami e rapporti umani: la chiave per eliminare gli sprechi nel lavoro
Non c’è impresa che per rimanere sul mercato non punti all’azzeramento degli sprechi e al miglioramento continuo. Taiichi Ohno, il padre della Toyota Production System, suggeriva di tagliare i tempi morti: tutto quello che dobbiamo fare è concentrarci sulle tempistiche, dal momento in cui riceviamo l’ordine fino a quando incassiamo il pagamento, e fare di tutto per ridurle, eliminando le attività prive di valore aggiunto. C’è, invece, chi confida nella ripetitività dell’azione per migliorare, dimenticando l’ammonimento di Einstein: è una pazzia fare le stesse cose aspettando risultati differenti. C’è, poi, l’imprenditore che concentra tutti i propri sforzi verso l’analisi e il riassetto dei processi tecnici e produttivi, credendo ciecamente che solo le macchine possano elevare le performance. Tre atteggiamenti potenzialmente utili ma che hanno una grave lacuna: non tengono conto che per conseguire risultati positivi sono importanti le persone e che, soprattutto, sono determinanti i rapporti che le legano.
Puntare ad avere relazioni snelle, o “lean”, è una necessità per tutte le aziende e le organizzazioni, ma per tagliare il traguardo ci sono alcune strade obbligate. Sette sono quelle che indica Andrea Di Lenna nel suo libro Lean relationships (FrancoAngeli, 2014), ospite al Bo nei giorni scorsi per un dibattito con Monica Fedeli e Martina Gianecchini dell’università di Padova e Cristina Ghiringhello di Fòrema.
La prima cosa da fare, dice Di Lenna, è uscire dalla quotidianità che ci circonda dilatando la nostra ottica. Se uno ci chiedesse qual è stato l’avvenimento più seguito al mondo, potremmo rispondere “l’elezione del Papa”, “lo sbarco sulla Luna” o “le olimpiadi di Londra”. Sbagliato: è stata una semifinale di cricket che vedeva di fronte India e Pakistan. La risposta errata è figlia del nostro piccolo mondo di interessi. Seconda e terza strada indicata da Di Lenna: imparare a conoscere le persone, i loro comportamenti – il corpo, ad esempio, si scalda in punti diversi a seconda delle emozioni – e le dinamiche che si instaurano tra di esse all’interno delle organizzazioni. Quarto, il gruppo non basta, occorre formare la squadra, sacrificando qualcosa di personale alla squadra stessa, passando dall’“io ho un problema” a “noi abbiamo un problema”. Ancora, curare la lean communication. Questo quinto punto lo ha spiegato con un esempio di clamorosa disfunzione. Che differenza c’è fra il carburante diesel blu e il diesel normale? Se un benzinaio risponde che la differenza è solo nel prezzo viene da chiedersi cosa non ha funzionato nella “comunicazione” fra casa petrolifera e benzinaio. Sesta e settima strada, la comunicazione interna delle aziende e l’utilizzo delle tecnologie per facilitare i flussi comunicativi anche a distanza.
Alternando teoria ed esperienza sul campo, ribaltando luoghi comuni e concetti difficili da sradicare, Di Lenna dimostra che un’azienda non è una macchina alla quale può essere sufficiente avvitare un bullone perché funzioni al meglio. Le “lean relationships”, le relazioni snelle, si sviluppano in azienda mettendo al centro le persone, la loro conoscenza e la gestione delle conoscenze, al fine di svilupparne il senso di responsabilità e la creatività. Un ottimo viatico per innovare e competere. Il fattore tempo è importante. Di Lenna ha raccontato di un’azienda che gli ha chiesto di “rinnovarla” in un sol giorno. “Io non sono capace – è stata la risposta – per questo dovete chiamare Potter”.
E tra discussioni su esperienze personali, contesti multiculturali, concetto di successo, formazione e competitività in azienda, ne esce un ultimo, utile messaggio: la leadership si misura dalla capacità di collaborare con la persona che ti piace di meno.
Valentino Pesci