SOCIETÀ
Marx aveva ragione?
London Stock Exchange. Foto: Reuters/Ferran Paredes
“Il rischio maggiore per la sovranità viene dalle banche”, aveva dichiarato qualche anno fa Andrew Haldane, responsabile per la stabilità finanziaria alla Banca d’Inghilterra. Queste parole suonano oggi come una delle profezie di Nostradamus, anzi pare che il problema si ripresenti all’ennesima potenza. Fa propria questa tesi con nettezza, fin dal titolo, Luciano Gallino nel suo ultimo libro Il colpo di stato di banche e governi. L’attacco alla democrazia.
Quello portato alla democrazia dalle banche, e più in generale dalla finanziarizzazione dell'economia, è un attacco da non sottovalutare, sostiene lo studioso torinese, perché la minaccia non è rappresentata solo dai soggetti finanziari, ma pure da quelli che in teoria, o forse in una realtà utopica, dovrebbero perseguire il tanto citato bene comune. Il fine dello Stato non è più la felicità dei suoi cittadini, come affermava Aristotele: ora la precedenza va alla salvaguardia dei colossi finanziari.
Proprio il prevalere di questa concezione, secondo Gallino, mina la democrazia in Europa, tant’è che si può parlare di un “colpo di Stato a rate”. La tesi di fondo intorno a cui ruota l’argomentazione dell’autore, che prosegue qui una ricerca iniziata già da alcuni anni, sta nella considerazione che la grande crisi globale non sia un incidente di percorso, bensì un turbine avviato consapevolmente da governi, istituzioni internazionali e autorità di regolazione e, definito nel libro come “il più grande fenomeno di irresponsabilità sociale di istituzioni politiche ed economiche”.
Già dall'introduzione Gallino inizia a delineare le cause che hanno portato al tracollo finanziario: non un fulmine a ciel sereno ma l’effetto di processi da tempo in opera. Tutto avrebbe avuto inizio quando “le maggiori banche europee, in stretto rapporto con quelle americane, hanno accumulato debiti colossali prima e durante la crisi”. Con il risultato che “in diversi Paesi Ue il totale di codesti debiti privati è pari o addirittura grandemente superiore al rispettivo debito pubblico”.
L’effetto domino coinvolge i bilanci pubblici che vengono ulteriormente prosciugati dalle somme impegnate per salvare le banche, e i governi, che per far fronte alla crisi dei conti decidono di imboccare la strada dell’autoritarismo emergenziale.
La scelta dell'austerity a livello europeo prevede estese modifiche delle politiche economiche pubbliche, dalla riforme delle pensioni come quella introdotta in Italia dal governo Monti fino ai “diktat” come il memorandum imposto alla Grecia o il trattato sulla stabilità firmato dai capi di governo Ue sotto la pressione della crisi e approvato a larga maggioranza dal Parlamento italiano.
Tutto questo insieme di misure avrebbe dovuto risanare l’economia europea, stando alle rassicurazioni dei nostri governanti e alle dichiarazioni delle autorità economiche; ma queste argomentazioni, nota amaramente Gallino, ricordano una famosa metafora di Brecht nella quale gli squali insegnano ai pesciolini che non c’è nulla di più grande e più bello che sacrificarsi con allegria. E insegnano pure ad avere fiducia negli squali e a credere loro quando dicono di preparare un magnifico avvenire per i pesciolini.
Per esperienza, si sa, questo “magnifico avvenire” quasi mai rispecchia il paradiso terreno tanto auspicato, ma è norma che un buon governante sappia anche simulare e dissimulare, come ci insegna Machiavelli. Riassume così questo pensiero l’autore: “un soggetto che aderisce alla ragione strumentale, ricerca anzitutto e quindi applica i mezzi idonei a conseguire un dato fine che reputa utile a sé; calcolando nel contempo i rischi di poter subire un danno”. Questa è la logica secondo cui agisce il cosiddetto Homo economicus e rispecchia la forma mentis che prevale nel mondo contemporaneo, di pura formazione economica.
La conseguenza immediata di questa politica è l’aggravamento della crisi, ma “crisi” è un termine generico, non fa alcun effetto fintanto che non la si traduce in aumento esponenziale della disoccupazione, della precarietà, peggioramento delle condizioni di lavoro e pesanti tagli alla spesa sociale, a partire dalle pensioni. Inoltre, a ciò si aggiungono le riduzioni dei fondi nei settori essenziali come l’istruzione e la sanità, misure che peggiorano una situazione già in partenza difficile. Per Gallino il quadro è sempre più chiaro: Marx aveva ragione. Le crisi di sovrapproduzione, la polarizzazione della società in oppressori e oppressi: quella che stiamo vivendo oggi è una delle crisi cicliche con cui deve fare i conti il sistema capitalistico. Ed evidenzia “la relativa esiguità del numero di attori e dei loro aiutanti rispetto al numero enorme delle vittime”.
Il libro si presenta come una variegata commistione tra l’analisi della crisi economica attuale, la denuncia delle responsabilità di banche e governi, a partire dalla tesi che le forze finanziarie manipolano gli “attori” politici, facendo leva su fattori ideologici per portare avanti i propri interessi. Gallino sfiora l'invettiva ma cerca di stimolare una discussione che parta dal punto di vista della società nel suo complesso, e non del solo mondo dell'economia e della finanza.
Claudia Sponchiado