SCIENZA E RICERCA

Proteine contrattili, alla base della qualità della vita

La ricetta per vivere bene e a lungo richiede necessariamente di preservare capacità e forza fisica: non per vanità, ma per riuscire ad affrontare al meglio vecchiaia e malattie. E basta pensare a quanto influisce sull’indipendenza e sulla qualità della vita il compimento di azioni apparentemente semplici, come alzarsi da un letto o da una sedia, per comprendere subito l’importanza dello studio dei meccanismi che controllano la massa muscolare.

Capita spesso di sperimentare, infatti, dopo una malattia o un riposo forzato, una maggiore difficoltà nello svolgimento di operazioni che prima della malattia avvenivano senza fatica. Trasferendo questi concetti a malattie come le distrofie muscolari, nelle quali il difetto genetico causa una continua perdita di cellule muscolari fin dalla nascita, il risultato è non solo l’incapacità di fare le scale, ma anche quella di stare in piedi e alla fine quella di respirare. Una perdita di forza e una debolezza che si possono instaurare anche in altre situazioni patologiche: ad esempio nei tumori, nelle infezioni virali (Aids), nelle malattie croniche che interessano il cuore oppure il rene o i polmoni. In questi casi, la perdita di massa muscolare crea una situazione critica e le possibilità di ricevere un efficace trattamento terapeutico, come quella di guarire, vengono fortemente compromesse.

E ogni persona – purtroppo – dovrà inevitabilmente sperimentare un’altra forma di perdita di massa muscolare, quella associata all’invecchiamento. Già a partire dall’età di 50 anni tutti, inclusi gli sportivi, iniziano a subire questo processo destinato a diventare sempre più importante con il passare degli anni. Uno stato di crescente debolezza che predispone alle cadute e alla ridotta attività fisica, ma che con il tempo può anche arrivare a richiedere il ricovero in ospedale e costringere una persona a letto. L’inattività che ne deriva contribuisce in questo caso ad aggravare ulteriormente la perdita di massa muscolare: una condizione critica che può comportare l’impossibilità di recuperare la forza persa ritornando a una vita completamente indipendente e, nei casi peggiori, il decesso entro l’anno dall’evento che ha provocato la forzata immobilizzazione. Per questi motivi la comunità europea si è mostrata particolarmente sensibile alla qualità di vita durante l’invecchiamento e ha adottato una serie di programmi per finanziare la ricerca su questo argomento.

Non esiste al giorno d’oggi una pillola anti-invecchiamento o un elisir di lunga vita, ma alcuni stili di vita promuovono l’allungamento della vita e riducono gli effetti dell’età e si basano su due semplici condizioni: la restrizione calorica e l’esercizio fisico.

Le cellule del cuore e dei muscoli del nostro corpo hanno caratteristiche peculiari rispetto alle altre cellule. La maggior parte dello spazio cellulare è occupato – nel loro caso – da proteine contrattili: sono i motori molecolari che permettono al cuore di pompare il sangue e al muscolo di contrarsi, consentendo il movimento e la respirazione. Le condizioni che favoriscono la produzione di nuove proteine (sintesi) o la loro rimozione (degradazione) hanno quindi un effetto importante sulle dimensioni delle cellule muscolari e sulla capacità di generare forza. E il bilanciamento tra produzione e rimozione di proteine determinerà le dimensioni delle cellule muscolari e la nostra forza: tanto maggiore la produzione tanto più il muscolo cresce di dimensioni e diventa più forte, viceversa la presenza di una degradazione rende il muscolo più piccolo e debole.

I due processi sono altamente controllati lungo diverse “vie di segnale”, la più importante delle quali è la via dipendente dall’insulina, quindi sensibile ai livelli dei nutrimenti. Quando mangiamo o facciamo esercizio fisico, questa viene modulata. I nutrienti fanno produrre nuove proteine, mentre contemporaneamente inibiscono i sistemi di rimozione mentre l’esercizio fisico attiva sia la sintesi che la degradazione delle proteine.

I sistemi di degradazione nelle nostre cellule sono principalmente due: quello dell’ubiquitina-proteasoma, che rimuove proteine e può essere assimilato a un tritacarne, e quello autofagico-lisosomiale, capace di degradare strutture grandi come pezzi della cellula, organelli come i mitocondri (la centrale energetica della cellula) e ammassi di proteine. L’azione di quest’ultimo sistema può essere paragonata a un inceneritore che distrugge quanto gli viene fornito.

A controllare questi due sistemi degradativi sono specifici geni, attraverso segnali che dalla cellula vanno al nucleo e individuano il programma di rimozione da azionare. Il fattore chiave di questo processo è noto come Foxo, agisce lungo la via sensibile ai nutrimenti ed è uno dei più importanti geni della longevità.

L’ipotesi che l’inibizione dei sistemi degradativi fosse benefica per la debolezza correlata all’invecchiamento è stata verificata a livello sperimentale con un approccio genetico.

E sorprendentemente si è scoperto l’opposto: la rimozione e la degradazione sono cioè processi importanti e necessari per mantenere in salute le cellule dei nostri tessuti muscolari durante la vecchiaia. Infatti la loro inibizione causa un accorciamento della vita, perché la mancata rimozione di proteine “alterate” causa un accumulo che interferisce con la contrazione muscolare. Le analisi svolte dicono che la qualità delle proteine contrattili è più importante della quantità delle proteine e che i sistemi degradativi hanno un ruolo cruciale nel controllo della qualità. Inoltre, sia la restrizione calorica (digiuno) che l’esercizio fisico sono dei potenti attivatori dei sistemi degradativi che agiscono per mantenere la cellula pulita da tutto quello che viene danneggiato durante l’attività giornaliera e la nostra vita. È così che lo stile di vita, ovvero la nutrizione e l’esercizio fisico, è fondamentale nell’influenzare le “vie di segnale” che fanno funzionare le proteine della cellula in maniera ottimale permettendo di mantenere in salute i tessuti dell’uomo, anche con il passare del tempo.

Marco Sandri

Questo articolo è la sintesi della lectio magistralis tenuta dall'autore alla cerimonia di inaugurazione del 791° anno accademico dell'università di Padova

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