SCIENZA E RICERCA
Dentro il mistero di Elena Ferrante
“Io credo che i libri non abbiano alcun bisogno degli autori, una volta che siano stati scritti. Se hanno qualcosa da raccontare, troveranno presto o tardi lettori; se no, no… I miracoli veri sono quelli che nessuno saprà mai chi li ha fatti…”. Spiega così lo stesso autore de L’amica geniale la scelta di celare la sua identità dietro uno pseudonimo. Il quale – in un altro passo de La frantumaglia, suo unico libro non narrativo – aggiunge: “Ho semplicemente deciso, una volta per tutte, 25 anni fa, di sbarazzarmi dell’ansia di notorietà e della smania di entrare nella cerchia di chi ha successo”.
Diventare famoso in tutto il mondo e tuttavia rinunciare a esserlo con il proprio nome: in questo sta il paradosso del “caso” Elena Ferrante; paradosso che, al di là delle innegabili qualità letterarie, ha contribuito non poco al suo successo. “Das größte literarische Rätsel unserer Zeit”: “il più grande mistero letterario del nostro tempo” ha titolato l’anno scorso la Frankfurter Allgemeine Zeitung, mentre anche negli Stati Uniti, dove i suoi libri stanno conoscendo un grande successo, sono sempre più pressanti gli interrogativi intorno all’identità del misterioso autore.
Enigma su cui oggi arriva il contributo, forse risolutivo, del gruppo internazionale di studiosi riunito nel workshop Drawing Elena Ferrante's profile, tenutosi il 7 settembre nell’ambito della scuola estiva dell’università di Padova in Quantitative Analysis of Textual Data. All’incontro hanno partecipato i maggiori esperti internazionali di stilometria, la branca scientifica che compara, identifica e misura i tratti caratteristici dello stile letterario dei vari autori: il matematico americano Patrick Joula, il classicista polacco Maciej Eder con il suo collega traduttologo Jan Rybicki, l’informatico svizzero Jacques Savoy, il pedagogista e sviluppatore di software francese Pierre Ratinaud, il linguista greco George K. Mikros.
Gli esperti internazionali hanno applicato i loro metodi, tra loro diversi, a un corpus di 150 romanzi di 40 autori italiani contemporanei, raccolto dalla statistica Arjuna Tuzzi, promotrice dell’iniziativa, e dal linguista Michele Cortelazzo, entrambi dell’università di Padova, che proprio in queste settimane stanno completando un libro con i risultati di una ricerca sulla collocazione di Elena Ferrante nel panorama della narrativa italiana contemporanea.
Una serie di approcci e di studi scientifici si sono confrontati in maniera molto seria e approfondita e i risultati non hanno deluso le aspettative. Punto primo: i risultati scientifici evidenziano che la scrittura di Elena Ferrante, che risulta peculiare nel quadro della narrativa degli ultimi decenni, è più vicina a quella degli autori con i quali è stata comparata, che a quella delle autrici. Punto secondo: tra gli autori confrontati, essa ha analogie sorprendentemente forti con Domenico Starnone, e solo con lui. Nessuno degli altri scrittori presi in considerazione, neppure tra quelli campani (come Francesco Piccolo, Erri De Luca, Fabrizia Ramondino, Michele Prisco), mostra sensibili convergenze con Elena Ferrante.
Nel grafico: tasso di lemmi di ogni autore in comune esclusivamente con Elena Ferrante. Fonte: Arjuna Tuzzi, università di Padova.
Interessante, anche sul piano cronologico, il rapporto tra il profilo lessicale di Starnone (che presenta un profondo cambiamento tra il 1991 e il 1993) e quello di Elena Ferrante (che inizia a pubblicare le sue opere nel 1992). La forte similarità lessicale tra i due autori si concretizza anche nel fatto che emerge un buon numero di parole o espressioni fortemente caratterizzanti che Ferrante e Starnone (e solo loro) hanno in comune. Fra queste, malodore, risatella, ruscellare (come sostantivo), bambineggiare, bamboleggiare, calettatura, giravite, camera da pranzo, collo filettato, foglio di compensato, mattonelle sconnesse, sguardo valutativo, tottò sulle manine.
La forte similarità tra le opere di Starnone e quelle di Elena Ferrante è emersa univocamente nelle relazioni di tutti gli intervenuti, sia di quelli che hanno adottato la prospettiva della misurazione della similarità dei testi (Savoy, Ratinaud, Rybicki, Eder), sia di quelli che hanno utilizzato tecniche di profiling (Joula, Mikros), sia, infine, di quanti dai dati di tipo quantitativo hanno tratto spunto per osservazioni di tipo qualitativo (Tuzzi). Il polacco Jan Rybicki ha inserito nel corpus anche le traduzioni di Anita Raja (che, come è noto, è stata individuata dal giornalista Claudio Gatti come probabile destinataria dei diritti d’autore di Elena Ferrante): sono emerse deboli tracce di somiglianza tra la misteriosa autrice dell’Amica geniale e la traduttrice. Non è un risultato da sottovalutare, se si pensa che proprio la scuola polacca di stilometria ha mostrato che le caratteristiche individuali dei traduttori sono quasi sempre sovrastate dalle caratteristiche dell’autore tradotto e fanno fatica ad emergere.
“Siamo soddisfatti del workshop – dice Arjuna Tuzzi – Abbiamo voluto mettere a disposizione dei maggiori esperti di attribuzione d’autore i materiali su cui abbiamo lavorato e dal confronto con questi esperti abbiamo visto confermati, rafforzati e ampliati i risultati a cui siamo giunti all’università di Padova. Da queste ricerche fatte di dati, e non da impressioni, si può partire per approfondire ulteriormente la posizione di Elena Ferrante nel panorama della letteratura italiana contemporanea”. “Che Domenico Starnone c’entri con la scrittura di Elena Ferrante è ormai fuori di dubbio e l’autore napoletano non può più trincerarsi dietro la comune origine geografica”, aggiunge Michele Cortelazzo. I due docenti sono attualmente impegnati a concludere la ricerca, approfondendo ulteriormente la posizione di Anita Raja, che non ha pubblicato finora opere di narrativa. In questo caso verrà confrontato il linguaggio di Elena Ferrante negli scritti non narrativi, come quelli raccolti ne La frantumaglia, con quello di Anita Raja saggista.
Perché è tanto importante giungere alla vera identità di un autore, quando lui stesso ha scelto di celarla? “Naturalmente il caso Ferrante è una sfida particolarmente interessante per chi si occupa dello studio e dell’attribuzione dei testi, proprio per l’alone di mistero che circonda l’autrice – spiega Cortelazzo –. Ci aveva poi colpiti la decisa smentita fatta da Starnone, che nel libro Autobiografia erotica di Aristide Gambía elencava una serie di argomenti che ci siamo sentiti chiamati a verificare. Infine ci incuriosiva il fatto che finora il dibattito si fosse sempre svolto sui giornali e mai nelle sedi scientifiche”. Si è trattato insomma di una sfida intellettuale e scientifica, a cui i ricercatori a un certo punto hanno sentito di non potersi più sottrarre. Un lavoro che indica anche gli attuali progressi della linguistica, grazie anche all’uso di programmi e di calcolatori sempre più potenti: “L’idea di fondo è che gli strumenti quantitativi possono essere un’ottima base per una successiva analisi qualitativa. Come del resto suggerisce Franco Moretti con il suo concetto di Distant Reading, secondo il quale per valutare un’opera letteraria è sì importante la lettura ‘da vicino’, purché accompagnata anche una visione dall’alto. E in questo oggi i supporti informatici sono decisivi, perché offrono ai ricercatori la possibilità di comparare un numero di testi una volta impensabile”.
E che fine fa in questo modo la riservatezza? “Qualcuno chiede di lasciare in pace Elena Ferrante: in realtà noi ci siamo occupati solo dei suoi libri, non abbiamo assolutamente preso in considerazione la sua biografia – conclude Cortelazzo –. Attenzione, per noi è anche una questiona etica: le persone non si toccano, noi analizziamo solo testi e stili”. E quelli di Elena Ferrante ormai appartengono ai lettori e agli studiosi del mondo intero… Chiunque lei/egli sia.
Daniele Mont D’Arpizio