Vista della diga di Sottocastello e lago di Pieve di Cadore, elaborazione Elena Longhin [The Machine in the mountain, 2021]

La mostra "Montagne di luce, lo sfruttamento energetico dell’acqua tra Venezia e i Monti Pallidi 1889-1963", aperta dal 16 novembre 2024 al 12 gennaio 2025 al Palazzo Todesco di Vittorio Veneto, racconta la storia della produzione di energia idroelettrica nel sistema Piave-Cellina-Livenza dall’Unità d’Italia ad oggi.

L'esibizione racconta una storia complessa e con molti chiaroscuri, che accompagna l’inizio dello sviluppo industriale del Veneto e che viene puntualmente ricostruita nel quadro delle politiche nazionali e delle trasformazioni economiche, sociali e culturali del Paese.

In questo scenario si inseriscono le “metamorfosi” del paesaggio alpino e prealpino generate dalle opere dell’idroelettrico. Dal 1963, il disastro del Vajont apre una profonda ferita e determina una cesura storica – “un prima e un dopo” – nello sviluppo economico e sociale del Bellunese e dell’intera regione. Da allora si determinano nuove scelte di politica energetica e si avviano nuove attività imprenditoriali nel settore manifatturiero e nel turismo.

Attraverso un percorso che si snoda tra spazio e tempo, la mostra ripercorre le tappe fondamentali della storia del sistema Piave-Cellina-Livenza e si conclude con una riflessione sul futuro della montagna in un’epoca caratterizzata da una crescente scarsità di risorse idriche, in cui l’acqua è l’elemento intorno al quale si gioca la sopravvivenza dell’uomo e di molte specie animali e vegetali.

L’iniziativa – parte del programma di ricerca e divulgazione “Dolomiti, metamorfosi di un paesaggio”, gestito dalle Università degli Studi di Padova e di Udine in collaborazione con il progetto “mu.ri museo diffuso regionale dell’ingegneria” e con altri partner pubblici e privati – promuove la conoscenza del paesaggio dolomitico e delle sue trasformazioni nel tempo riscoprendo il valore delle infrastrutture quali testimonianze storiche del rapporto tra uomo e natura, capaci di raccontare i territori e le comunità che vi abitano e di costruire “ponti” tra passato e futuro.

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