SCIENZA E RICERCA
Mille anni per arrivare al selfie
Prima dei sorrisi in posa davanti agli smartphone esistevano le macchine fotografiche, quelle con la pellicola. Prima ancora, c’era solo la pittura. Con la luce abbagliante di certi quadri impressionisti, oppure con ritratti iperrealistici o paesaggi minuziosi. Aiutati peraltro da una “camera obscura” che consentiva al pittore di tracciare sulla tela le giuste prospettive e proporzioni dell’oggetto che voleva riprodurre. Ma prima di tutto questo, ovviamente, ci sono stati secoli di studi sull'ottica. E all'inizio dell’ottica moderna c’era Abū ʿAlīal-Ḥasan ibn al-Haytham.
Noto anche – più brevemente – come Alhazen o al-Basri (dalla sua città di origine, Bassora), ibn al-Haytham è uno dei grandi personaggi da riscoprire nel 2015, proclamato dall’Unesco anno internazionale della luce. Matematico, filosofo e astronomo arabo, visse tra il 965 e il 1040 circa e fu una figura poliedrica, espressione della fiorente e raffinata cultura araba del suo tempo. A lungo sconosciuto in occidente, tradotto in latino solo un paio di secoli dopo e riscoperto poi nel Cinquecento, iniziò dapprima una carriera da funzionario ma si dedicò ben presto allo studio delle scienze, e alla lettura di Aristotele e dei matematici greci. Emigrato in Egitto, lavorò al progetto di una diga (poi non realizzata) a sud di Assuan, e – curiosità – per riuscire a dedicarsi con tranquillità ai suoi studi pare si sia finto pazzo per alcuni anni.
Ma non è per le sue dighe incompiute o la sua avventurosa biografia che ibn al-Haytham merita una posto tra i personaggi celebrati quest’anno dall’Unesco. Ricorrono infatti i mille anni dal suo fondamentale trattato di ottica, Kitab al-Manazir (tradotto come De Aspectibus), un’opera che gli vale sicuramente il ruolo di padre dell’ottica moderna, e che influenzò artisti e pensatori del Rinascimento. Per il suo approccio empirico e sperimentale viene talvolta descritto come il pioniere del metodo scientifico moderno o addirittura “il primo scienziato”. Tra uno studio di idrodinamica e una dissertazione di psicologia, si occupò di luce e ottica in molti modi. Fu lui a provare che la luce viaggia in linea retta, e si dedicò a infiniti esperimenti con lenti e specchi, studiando la rifrazione, la riflessione e la dispersione della luce. Indagò l’anatomia dell’occhio, le illusioni ottiche, il meccanismo della vista e della visione dei colori e fu il primo ad affermare che la visione avviene nel cervello piuttosto che nell’occhio.
E, tra le sue mille attività, fu anche il primo a mettere a punto proprio la camera oscura. In parte era già stato anticipato da Aristotele, che si era accorto della possibilità di proiettare l’immagine del sole in una stanza buia attraverso un piccolo foro, notando che più piccolo era il foro più nitida diventava l’immagine. Al-Haytham utilizzò questo espediente per studiare un’eclissi di sole, regalando così un nuovo strumento agli astronomi e agli appassionati di meccaniche celesti.
Il gioco era semplice (provare per credere): in una “scatola” buia all’interno, grande come una stanza o piccola come un bauletto, si apriva un piccolo foro su una delle pareti, e sulla parete opposta come per magia appariva – rovesciata e più o meno definita – l’immagine del mondo esterno al di là del foro. Un meccanismo che verrà descritto poi anche da Leonardo nel suo Codice atlantico: posta una carta di fronte al foro attraverso cui passa la luce (e quindi l’immagine esterna), “vedrai tutti li predetti obietti in essa carta colle lor propre figure e colori”. Era inevitabile dunque che i pittori, una volta scoperta questa “camera” magica, ne facessero sempre maggiore uso – da Vermeer ai vedutisti italiani, per fare qualche esempio – e che il progredire della tecnologia ne ricavasse infine un apparecchio letteralmente “foto-grafico”.
Il forellino originale lasciava il posto a un obiettivo, corredato di dispositivi per il controllo dell'apertura e della messa a fuoco, mentre sul piano su cui si proietta l'immagine trovava posto una lastra o una pellicola impressionabile. E voila, la fotografia era nata. Testimone fedele, veloce, trasportabile, dilagante. Ritratti in posa, reportage di guerra, lo sbarco sulla Luna, la foto davanti alla torta del compleanno.
La prossima volta che postiamo un selfie su Facebook, quindi, dedichiamolo ad Al-Haytham; quell’istantanea è nata mille anni fa, sull’altra sponda del Mediterraneo.
Cristina Gottardi