UNIVERSITÀ E SCUOLA
Musica, è questione di vibrazione
“Pur essendo italiano il mondo della ricerca nel nostro Paese mi è un po’ sconosciuto, dato che finora ho sempre condotto la mia attività scientifica all’estero”. Marcello Giordano ha 29 anni e gli ultimi cinque li ha trascorsi a Montréal in Canada al Centre for Interdisciplinary Research in Music Media and Technology (Cirmmt) della McGill University. Qui ha da poco conseguito il dottorato in Music technology e ora, dopo aver vinto un Marie Skłodowska-Curie Individual Fellowships - in pratica un finanziamento di 84.138 euro della Comunità europea che gli consente di rientrare in Italia - sceglie l’università di Padova per continuare le sue attività di ricerca, con un progetto dal titolo Playing by feeling: an investigation of the role of haptic cues in the perceived quality of a musical instrument - Haptifeel. Un ambito di indagine molto settoriale, quello in cui si muove il giovane studioso, che tuttavia in America ha trovato fonti di finanziamento e ora anche in Europa.
Subito dopo la laurea in matematica all’università “La Sapienza” di Roma Giordano si è spostato in Francia a seguire un master in Art, Science, Technologie al Politecnico di Grenoble. All’interesse per la matematica ha unito quello per la musica con l’idea di poter spendere le sue conoscenze nel settore dell’informatica musicale. La sua formazione gli ha consentito di applicare gli algoritmi alla sintesi del suono. A Grenoble prima e a Montréal poi ha approfondito in modo più specifico alcuni aspetti dell’interazione tra musicista e strumento, occupandosi di “aptica e feedback vibrotattile”. In pratica uno strumento musicale - un pianoforte ad esempio - produce sia suono che vibrazione, la quale attraverso le corde e tutta la struttura in legno dello strumento viene trasmessa alle mani del pianista. Per questo si parla di “feedback aptico”, a indicare tutto ciò che percepisce il musicista dall’interazione con lo strumento attraverso il senso del tatto. È evidente che si tratta di un elemento cruciale nella performance di un musicista. Esistono studi in letteratura, racconta Giordano, che dimostrano infatti come la vibrazione e una sua eventuale modifica possano influire anche sulla percezione del suono. Si tratta di una componente molto rilevante nella meccanica di uno strumento musicale che tuttavia è difficile isolare (e dunque studiare) perché fusa con il suono stesso.
Gli interessi di Marcello Giordano hanno incrociato ben presto quelli di Federico Avanzini, del Centro di sonologia computazionale dell’università di Padova, che da qualche tempo studia questi aspetti nel pianoforte. Già alla fine degli anni Novanta alcuni docenti padovani si occupavano di sintesi del suono del pianoforte con l’obiettivo di ottenere un pianoforte digitale la cui qualità sonora fosse la più elevata possibile. “Ora – spiega Avanzini – ci stiamo concentrando invece su altri aspetti dell’interazione con lo strumento musicale che non riguardano necessariamente il suono, ma la multimodalità, cioè le modalità sensoriali che intervengono e sono rilevanti nell’interazione con lo strumento musicale. L’interazione tattile è una delle componenti a cui ci stiamo interessando ormai da un paio d’anni grazie soprattutto allo stimolo di un collega Federico Fontana, attualmente all’università di Udine, con cui continuiamo a lavorare”.
Avanzini e i suoi collaboratori hanno costruito un prototipo di pianoforte digitale modificato con degli attuatori che permette di separare la vibrazione dal suono, con l’idea di andare a esplorare in che modo la vibrazione influisca sulla qualità percepita nell’interazione con la tastiera. A quel punto è entrato in gioco Marcello Giordano conosciuto a un convegno qualche tempo prima. Grazie al finanziamento appena ottenuto, il ricercatore potrà ora dedicarsi a una ricerca di tipo sperimentale lavorando con il gruppo padovano. L’idea è di collaborare con alcuni pianisti che potranno suonare il nuovo prototipo e valutarne la qualità, attraverso quesiti che saranno posti dagli studiosi.
“L’obiettivo a lungo termine – spiega Avanzini – è anche di tipo applicativo. Si sta pensando a come potranno essere le tastiere digitali di prossima generazione, cercando di capire cosa manca a quelle attuali per raggiungere il livello di credibilità, realismo e suonabilità di un pianoforte acustico”. Il suono digitale ha ormai raggiunto un ottimo livello. La qualità che lo strumentista percepisce però non è dovuta solo al suono, ma anche alla fisicità dello strumento, a come lo strumento reagisce allo stimolo del musicista, al gesto del musicista, dunque a una serie di aspetti legati alla meccanica dello strumento che ora sono in fase di studio.
Monica Panetto