Denti fossi di mastodonte scoperti nel 1812. Foto: Contrasto Paul D Stewart/Nature Picture Library
Anche i mastodonti probabilmente erano una specie migratrice, e si spostavano ogni estate verso i quartieri riproduttivi. Almeno questo “racconta” la zanna di un esemplare morto circa 13.200 anni fa in quello che oggi è il nord-est dell’Indiana, durante una battaglia all’ultimo sangue nella stagione degli amori. Una fine comune per tanti animali, ma per questo esemplare straordinaria, perché ci ha regalato la prima prova della migrazione di una specie fossile, come si legge nello studio pubblicato su PNAS da Joshua Miller dell’Università di Cincinnati, Daniel Fisher dell’Università del Michigan e altri colleghi dell’Università del Nebraska.
La zanna galeotta ha una storia molto particolare: è la zanna destra di Fred, il mastodonte di Buesching, un esemplare fossile di Mammut americanum ribattezzato così perché ritrovato da Dan Buesching. Era il 1998, quando Buesching – intento a scavare la torba nella sua proprietà vicino Fort Wayne, nell’Indiana – si ritrovò tra le mani quel dente lungo circa 3 metri. Da quel momento le spoglie di Fred sono state portate alla luce e dagli studi cominciati nel 2006 è emerso che si trattava di un esemplare maschio, alto 2,7 metri e lungo 7,6 metri, che doveva pesare all’incirca 8 tonnellate. Nessuno però, fino a oggi, aveva capito come e perché Fred era morto, né aveva idea che nelle sue zanne fosse scritta una storia di migrazione.
A volerne sapere di più è stato uno dei paleontologi che 24 anni fa partecipò agli scavi nella proprietà dei Buesching: Daniel Fisher, esperto di mastodonti e mammut, docente di ecologia e biologia evolutiva, e curatore del Museo di Paleontologia all’Università del Michigan. Analizzare le zanne è il modo migliore per carpire informazioni sulla vita e gli ambienti frequentati da questi animali, perché funzionano proprio come gli anelli di accrescimento degli alberi. Con l’unica differenza che la punta della zanna corrisponde ai primi anni di vita, mentre la base rappresenta l’ora della morte. Ogni anno, infatti, sulle zanne di mastodonti, mammut ed elefanti moderni nuovi strati di accrescimento si depositano su quelli già presenti e vanno a formare striature e bande chiare e scure: potremmo paragonare la zanna a una pila di coni gelato capovolti, dove ogni nuovo cono viene inserito alla base, e non aggiunto in cima. Ebbene, come negli anelli di accrescimento degli alberi, anche nelle zanne si fissano alcuni elementi chimici che lasciano una “firma”: gli isotopi.
«La crescita e lo sviluppo dell’animale, la sua storia di uso del paesaggio e il suo comportamento: tutti questi dettagli sono catturati e registrati nella struttura e nella composizione della zanna» ha spiegato Daniel Fisher.
Dato che la zanna destra di Fred era quella più lunga e meglio conservata, il team guidato da Daniel Fischer e Joshua Miller l’ha scelta per analizzarne la composizione chimica: in particolare il rapporto degli isotopi di ossigeno e stronzio. Lo stronzio doveva servire per ottenere delle “impronte geografiche”, quindi per scoprire le località frequentate da Fred, sulla base delle variazioni naturali dei livelli di stronzio nell’ambiente. Mentre i valori degli isotopi dell’ossigeno – che mostrano fluttuazioni stagionali molto pronunciate – servivano per determinare il periodo dell’anno in cui si era formato quello specifico strato di zanna. Insomma la coppia stronzio-ossigeno era perfetta per ottenere una data e una località precisa: per tracciare quindi gli spostamenti del mastodonte anno dopo anno.
Così, gli isotopi di stronzio e ossigeno presenti negli strati di crescita delle zanne hanno consentito ai ricercatori di ricostruire i viaggi di Fred, il mastodonte di Buesching, da adolescente e da adulto. Il team ha tagliato una sottile sezione longitudinale della zanna destra di Fred e ha raccolto 36 campioni corrispondenti all’età dell’adolescenza e 30 corrispondenti agli ultimi anni della sua vita. È bastato utilizzare una minuscola punta da trapano azionata al microscopio, per macinare mezzo millimetro di avorio dal bordo dei singoli strati di crescita da campionare. E la polvere così ottenuta è stata analizzata chimicamente, dando risultati inaspettati.
Stando alle analisi, il mastodonte di Buesching sarebbe nato nell’Indiana centrale e qui sarebbe rimasto fino all’adolescenza, quando si è separato dalla mandria guidata dalle femmine. Proprio come gli elefanti moderni, è probabile che i giovani maschi di mastodonte andavano in dispersione, si allontanavano dalle madri, e Fred in questo periodo avrebbe trascorso del tempo esplorando il Michigan centrale e meridionale. Infine – per gli ultimi tre anni della sua vita – avrebbe viaggiato parecchio e periodicamente, coprendo circa 32 chilometri al mese. E ogni estate si sarebbe diretto a nord dell’area dove trascorreva l’inverno: avrebbe trascorso le ultime tre estati nell’Indiana nord-orientale, lì dove ha trovato la morte. Lì dove probabilmente c’era il suo areale riproduttivo.
Analizzando il cranio, infatti, Fischer e Miller hanno scoperto anche il motivo della morte del mastodonte di Buesching. Fred – oggi conservato al Museo di Storia Naturale dell’Università del Michigan ad Ann Arbor – sarebbe morto all’età di 34 anni, a ben 160 chilometri dal suo luogo di nascita, in battaglia: ucciso dalla zanna di un altro mastodonte maschio che gli ha perforato il lato destro del cranio, durante uno scontro per avere accesso alle femmine. Quello che oggi è l’Indiana nord-orientale doveva essere un tempo il quartiere di questi proboscidati primitivi, estintisi 10.000 anni fa.
«Ogni volta che arrivava la stagione calda, il mastodonte di Buesching andava nello stesso posto, ripetutamente. La chiarezza di questo segnale impresso nella zanna e osservato con le tecniche isotopiche è stata del tutto inaspettata. Ed è davvero eccitante: per la prima volta siamo stati in grado di documentare la migrazione terrestre annuale di un individuo da una specie estinta» ha affermato il primo autore dello studio Joshua Miller, paleoecologo all’Università di Cincinnati che ha utilizzato tecniche simili per studiare la migrazione dei caribù in Alaska e in Canada.
È ancora presto per capire a pieno come i mastodonti si spostavano a seconda delle stagioni, come sfruttavano il paesaggio una volta raggiunta la maturità sessuale. Proprio per questo ora il prossimo obbiettivo di Fischer e Miller sarà analizzare le zanne di altri esemplari, maschi o femmine, nella speranza di trovare altre tracce di migrazioni.