La penisola di Mani alla fine del Peloponneso in Grecia
È di due giorni fa l’articolo su Nature che, grazie a un nutrito lavoro di squadra (oltre una decina di paleontologi e antropologi non solo greci, coordinati da Katerina Harvati dell’Università di Tubinga), finalmente data e classifica i due crani rinvenuti nel 1978 in una grotta della penisola di Mani, sulla scogliera calcarea che ora sovrasta il mare, in fondo al Peloponneso dell’attuale Grecia. Non stavano riparandosi insieme e non morirono alla reciproca presenza. Uno dei due (Apidima 2) sarebbe appartenuto a un individuo neanderthal vissuto almeno (più di) 170.000 anni fa, l’altro (Apidima 1) a un individuo sapiens, con la testa più tondeggiante e altri caratteri specifici, vissuto almeno 210.000 anni fa. Facciamo appello a scienziati di varie discipline affinché si ragioni insieme sul recentissimo articolo relativo ai crani di Apidima nell’Europa mediterranea.
Ancora poco si riflette a livello interdisciplinare sul ruolo della straordinaria capacità di migrare nell’evoluzione delle specie umane e dei sapiens. Quando noi sapienssiamo usciti per la prima volta dall’Africa non si sa e (presumo) non si saprà mai. Né la prima ondata, né le successive, né gli eventuali ritorni indietro né le successive ripartenze, degli stessi, dei progenitori, di altri. Piccoli gruppi hanno girato l’Africa in lungo e largo, incontrando varie diverse simili forme umane; avevano bisogno di tanti chilometri quadrati di rete alimentare ciascuno, per sopravvivere e cibarci; la nicchia dei piccoli gruppi era dunque molto estesa e poco residenziale; conoscevano barriere e ostacoli, terrestri e acquatici, ma non facevano differenza di continenti; gli ecosistemi potevano cambiare per il clima e costringere ad andarsene dall’ampio territorio dove erravano ma non erano certi di poter sopravvivere e adattarsi altrove.
Vedremo ulteriori verifiche e riscontri. Non mancano dubbi sulle procedure e sulle conclusioni relative a Apidima. Vanno sottolineate le molteplici e notevoli questioni che meritano, comunque, una riflessione approfondita. La notizia forse consente di ribadire che non potrà essere mai stabilita né la data di nascita in qualche luogo africano, né le date di partenza dell’emigrazione da quei luoghi per altri dentro e fuori lo stesso continente a sud del Mediterraneo. Non esiste un interruttore che fa apparire e scomparire un gene, un tratto o un comportamento. L’evoluzione delle specie e degli ecosistemi conosce sia somiglianze e sincronie (climatiche per esempio) che differenze e diacronie fra specie e specie, ecosistema ed ecosistema. Vale per le fasi glaciali del passato remoto e per le fasi di preistoria e storia umane. Non esiste nemmeno un marcatore geologico globale per i tempi moderni, che, a data certa, unifichi o separi per esempio popoli e continenti del Neolitico e, poi, dell’Antropocene.
Le datazioni radiometriche, le analisi morfologiche e le ricostruzioni virtuali ci dicono come e quando probabilmente una forma umana si trovò a morire in una grotta o caverna (le precarie provvisorie residenze di allora, con stratificazioni umane a distanza di decine di migliaia di anni, come per le attuali città), non da dove veniva, non quando erano nati lui e i suoi progenitori, non quali migrazioni avessero prima fatto lui o i suoi progenitori, non se altri compagni di gruppo o figli sono sopravvissuti altrove. E dove. Le eventuali future analisi del Dna ci diranno se esiste traccia genetica fra i sapiensdi oggi di qualcuna di quelle forme umane più antiche (già sappiamo di altri neanderthale denisova) e dei sapiens non anatomicamente moderni (successivi a circa 100 mila anni fa), non di tutti i contatti, le convivenze e le competizioni, le riproduzioni e gli incroci, gli scambi e le migrazioni reciproche.Nemmeno la genetica riuscirà a farci sapere se furono migrazioni forzate o più libere, una migrazione individuale o di gruppo, qualcuno arrivato da poco o da molto tempo dove c’era già qualcuno o non c’era nessuno, qualcuno che poi è ripartito o di cui sono partiti figli o nipoti o discendenti, e altri innumerevoli rilevanti dinamiche all’interno del singolo evento e del fenomeno complessivo. Apidima 1 e 2 sarebbero vissuti a 40 mila anni di distanza l’uno dall’altro, non sappiamo se prima c’erano già stato qualche primate o forma umana, come e perché Apidima 1 vi sia arrivato, quante generazioni vi vissero poi, come e perché se ne andarono, come e perché sia arrivato Apidima 2, se c’erano resti di Apidima 1, quante generazioni vi vissero poi, come e perché se ne andarono.
Sappiamo data e luogo di nascita di quasi ognuno dei 7,7 miliardi di individui sapienscoi quali conviviamo, lo consideriamo anzi il principale elemento identitario. Consideriamo acquisito che alcuni sapiens (90 su tre caravelle) fra i quali Cristoforo Colombo salparono alla volta dell’India e della Cina alle sei del mattino del 3 agosto 1492 dalla piccola Palos de la Frontera in Spagna (i quattro maggiori porti erano occupati dall’Inquisizione che stava costringendo gli ebrei a una migrazione forzata di massa via mare) e che sbarcarono nelle isole caraibiche americane il 12 ottobre 1492 di San Salvador e il 27 di Cuba, esplorando la terraferma. Consideriamo acquisito che dalla piattaforma di lancio 39A del Kennedy Space Center fu lanciato il 16 luglio 1969 alle 13 e 32 un razzo vettore con l'Apollo 11 e che la navicella spaziale consentì ad alcuni sapiens(3 astronauti statunitensi) fra i quali Neil Armstrong di toccare il suolo della Luna. Questi viaggi hanno avuto bisogno di decenni di preparativi, migliaia di sapiens collaboratori tecnici e scientifici, denari e poteri al servizio della capacità di migrare prima durante e dopo le imprese. Ancora oggi tutti ne siamo segnati.
Vi sono date e rotte per la tortuosa dispersione planetaria della nostra specie, anche se le storie demografiche dei gruppi non sono lineari. Molto resta ancora da sapere, credibilmente non arriveremo a individuare date e luoghi di nascita individuali, il primo nato sapiensin Africa, i primi arrivati sapiensin ogni continente, tanto meno quelli precedenti a quelli di cui vi è maggior traccia genetica in noi. Anche le epoche dei progenitori comuni a differenti genomi risentono del riferirsi a medie: non sappiamo l’età in cui le popolazioni si separarono, sappiamo la distanza media dell’origine comune e facciamo la media complessiva su tutto il genoma. Stanno emergendo nuove scoperte che retrodatano (in genere) reperti e segni di nascita e arrivo, anche la colonizzazione meno antica, quella delle Americhe, è sottoposta a ipotesi alternative. Proprio le caratteristiche irregolari e multiformi del fenomeno migratorio suggeriscono come definitiva solo la cautela.
La presenza di un neanderthal in Europa 170.000 anni fa di fatto non costituisce novità. I siti europei di questa splendida complessa specie del genere Homosono tantissimi e i primi risalgono a varie centinaia di migliaia di anni fa (almeno 400.000), i loro tratti sono peculiari e conosciamo luoghi di convivenza anche dopo che siamo arrivati noi sapiens; anche di reciproca ibridazione. Molto ci resta da scoprire e comparare, però Apidima 2non è una sorpresa. Del resto, il sud-est dell'Europa e il nord-ovest dell’Asia congiungono appunto l’Eurasia, è nota da tempo quella vasta area fra Peloponneso, Creta, Turchia meridionale e Galilea (con un livello del mare che variò spesso di decine e decine di metri, scoprendo e coprendo isole e penisole, consentendo o bloccando corridoi per il cammino) capace di costituire per tanti animali e gruppi umani un rifugio dai climi più freddi dei due connessi continenti e un crocevia decisivo per le migrazioni dell'Out of Africaben prima della fine dell’ultima glaciazione.
La presenza di un sapiens come Apidima 1 in Europa 210.000 anni fa costituisce invero novità stuzzicante (pure urticante) in un duplice senso. Per circa un trentennio si è teso a dire ovunque che la nostra specie risale a circa 200 mila anni fa (sapendo che la prima specie dello stesso nostro genere risale a quasi tre milioni di anni fa) e la prima uscita dei sapiensdall’Africa a circa 180.000 (verso un Eurasia dove già esistevano varie altre forme e specie umane). Recentemente un sito in Marocco ha fatto prendere in considerazione la retrodatazione di primi sapiens a circa 300 mila; altre ricerche hanno confermato che probabilmente vi fu una lunga evoluzione da forme di altre specie a forme arcaiche di sapiens. Ecco, lo studio accurato di Apidima 1potrebbe ribadire che esistiamo in Africa da prima di 200 e siamo pure usciti dall’Africa oltre 200 mila anni fa. Su tutte queste date non è stata ancora detta l’ultima parola. Altri siti verranno individuati, altri reperti scoperti, altre analisi comparate.
Probabilmente un’ultima parola non sarà mai detta. Il fatto è che gli umani migrano, da sempre, ovunque. Noi sapiens proprio in ogni ecosistema di tutti i continenti. E nessuno di noi si è mai isolato o “purificato” quel tanto per divenire un’altra specie o costruire una “razza” diversa (quando siamo rimasti l’unica specie del genere, 40 mila anni fa, giorno più giorno meno). Non c’è e mai ci sarà una data e un luogo di nascita per la specie. L’evoluzione è stata segnata dalle continue migrazioni. Come non esiste una specie arcaica che improvvisamente in un giorno e in un luogo ha generato un’altra specie tutta diversa, così non c’è un sapiens arcaico che un giorno in un luogo si è dotato di un cervello moderno e meticcio. Tutto è stato lento e mescolato, con regressioni e accelerazioni diacroniche nei tempi e negli spazi della vita umana, migrazioni fallite o sbagliate che pur ci hanno visto sopravvivere e adattarci; talvolta con traccia genetica nei “noi” di oggi, talvolta senza. Eravamo erranti sul pianeta fino alla recente stanzialità agricola, sorta in varie culle a distanza di millenni l’una dall’altra e sempre messa in discussione da emigrazioni, immigrazioni, nomadismo. Prima o poi ne prenderemo atto.