SCIENZA E RICERCA
Bostrico, un'emergenza silenziosa tra le foreste colpite da Vaia
Nelle foreste che nell’ottobre del 2018 furono duramente colpite dall'uragano Vaia è in corso un’altra emergenza. Questa volta non è accompagnata dal rumore del vento che ha distrutto, soffiando per ore con raffiche tra i 100 e i 200 km/h, oltre 40 mila ettari di boschi distribuiti in 494 Comuni, ma si consuma nel silenzio, provocata da un insetto che consuma gli alberi rimasti, scavando gallerie sotto la corteccia, succhiando la linfa e facendo seccare gli esemplari colpiti.
La nuova minaccia si chiama bostrico ed è un piccolo coleottero, di solito in equilibrio con l’ambiente, che proprio a causa delle conseguenze di Vaia ha trovato in quei boschi le condizioni ideali per proliferare e diffondersi in modo incontrollato. Il suo attacco era stato ampiamente previsto e, come atteso, i danni si sono intensificati a partire dal 2021.
Quest’anno la presenza di questo insetto è stata ulteriormente poi favorita da un’estate calda e siccitosa che fa fatto crescere ancora di più le popolazioni e le stime degli esperti sono concordi nel ritenere che entro qualche anno la devastazione sarà addirittura superiore a quella della stessa tempesta Vaia.
In situazioni di normalità il bostrico tipografo dell’abete rosso (Ips typographus L.) svolge un ruolo ecologico importante, attaccando le piante deboli o giunte alla fine del loro ciclo vitale. L'enorme disponibilità di alberi sradicati, rasi al suolo da Vaia e che in parte è stato impossibile rimuovere perché situati in territori impervi e inaccessibili, ha però portato alla più ampia infestazione da bostrico tipografo mai osservata sulle Alpi meridionali perché l'insetto ha trovato cibo in abbondanza ed è proliferato al punto tale che le popolazioni hanno cominciato ad attaccare gli alberi sani.
Le attività di monitoraggio della densità di popolazione dell'insetto nelle aree colpite da Vaia sono iniziate già nella primavera del 2019 e le trappole disseminate nel territorio hanno confermato un trend di crescita che è proseguito nel tempo, come comprovato anche dai dati del 2022. In Trentino, ad esempio, le catture ottenute nella prima metà della stagione hanno evidenziato un aumento medio del 22% rispetto al 2021 e l'insetto è stato avvantaggiato anche dalle temperature miti dello scorso inverno che hanno hanno portato a una bassa mortalità delle colonie e a una veloce ripresa degli attacchi nella successiva stagione primaverile.
Nel novembre del 2021 il Ministero delle politiche agricole e forestali ha istituito un tavolo tecnico-scientifico con il supporto del dipartimento di Agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente (DAFNAE) dell’università di Padova, a cui partecipato i referenti delle Regioni e delle Province autonome interessate. Le attività prevedono anche la comprensione della dinamica di popolazione dell’insetto (aumento-stabilità-decrescita) attraverso il monitoraggio con trappole a feromoni e il monitoraggio visivo dei nuovi nuclei di piante colpite (con il caratteristico viraggio di colore della chioma da verde a giallo e poi arancio-rossastro). In Veneto le aree forestali maggiormente colpite dal bostrico sono facilmente identificabili grazie ad un visualizzatore geografico che segue l'evoluzione della situazione.
Abbiamo parlato di questo tema insieme al professor Andrea Battisti del dipartimento DAFNAE dell’università di Padova che fa parte del Gruppo di lavoro sul bostrico e ha seguito sin dall'inizio il rischio fitosanitario collegato alle conseguenze della tempesta Vaia sulle montagne del nord-est italiano.
Il professor Andrea Battisti, del dipartimento DAFNAE dell'università di Padova, fa il punto della situazione sull'emergenza bostrico. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar
Che insetto è il bostrico e quando diventa una minaccia per i boschi
Sulle montagne alpine il bostrico è un insetto ben noto: tende a preferire l'abete rosso ma può attaccare anche altre specie, come il larice, l'abete bianco e il pino silvestre. Solitamente la sua presenza è endemica ma l'unione di condizioni climatiche favorevoli alla proliferazione delle popolazioni e una disponibilità senza precedenti di tronchi abbattuti hanno portato al passaggio ad una fase epidemica.
Come spiega il professor Battisti "il bostrico è un elemento ecologico che avvia un processo di evoluzione degli alberi morti verso la degradazione della sostanza organica: la sua presenza rappresenta quindi un punto di equilibrio nel contesto dell’ecosistema bosco. Tuttavia quando subentrano fenomeni di disturbo su scala più o meno grande ne approfitta e gli alberi che sono già indeboliti per motivi climatici o a causa di fenomeni estremi, come è stato nel caso della tempesta Vaia che ne ha ribaltati molti, diventano particolarmente suscettibili". I danni più gravi si stanno verificando a quasi quattro anni da quell'evento estremo e il motivo, osserva il docente, è che la ripresa demografica delle popolazioni di questo insetto richiede tempo.
Facendo gallerie sotto la corteccia il bostrico porta all’interruzione del flusso dei liquidi all’interno della pianta e quindi l’albero cambia colore rapidamente e muore. In quelle stesse gallerie nascono le larve delle nuove generazioni che continuano poi a diffondersi, rendendo sempre più difficile ogni tentativo di contenimento delle popolazioni. Per capire quanto sia ormai forte la pressione di questo insetto basta osservare il cambiamento di colori nelle aree colpite, con un progressivo passaggio dal verde ad un marrone rossastro, tipico degli alberi che si sono seccati in piedi.
Il bostrico tipografo, ricorda un articolo curato dal professor Battisti insieme a un gruppo di colleghi che fanno parte del gruppo di lavoro, è classificato tra le dieci specie di insetti responsabili dei maggiori danni alle foreste europee e tra il 1990 e il 2001 ha comportato la perdita di oltre 30 milioni di metri cubi di legname di abete rosso. In condizioni di normalità gli attacchi tendono a rimanere circoscritti perché il bostrico penetra prevalentemente all'interno di piante già abbattute o indebolite. Il problema è che adesso l'insetto ha cominciato ad insediarsi anche nella corteccia degli alberi sani, colpendo così superfici molto estese. E in genere anche sulla base delle esperienze centro europee seguite alle tempeste Gudrum, Lothar e Vivian, la durata della pullulazione può arrivare a 5-6 anni o più dopo l’evento iniziale.
"Il motto è l’unione fa la forza nel senso che quando si sviluppano quantità di insetti molto elevate su materiale morto o in via di deperimento accade che una grande massa di individui esce da questo materiale che non è più utilizzabile perché è già parzialmente degradato e si rivolge a quello che c’è ancora di vivo nei dintorni.
Se normalmente queste piante sono perfettamente in grado di difendersi dall’attacco di questo insetto in condizioni di bassa densità, diventano molto più vulnerabili quando la densità aumenta e quindi le difese chimiche della pianta vengono soverchiate dal numero di insetti che riescono così a superare queste barriere che altrimenti sono estremamente efficienti", approfondisce il professor Andrea Battisti.
Il fattore clima
Anche l'andamento climatico può agevolare o meno la proliferazione del bostrico. "Le piante rispondono meglio agli attacchi se sono in condizioni fisiologiche ottime, quindi con buona disponibilità idrica, adeguata disponibilità di elementi nutritivi, luce e altri fattori che ne regolano l’attività. Se invece subentra un’estate molto asciutta e calda come quella che abbiamo appena visto, l’insetto è favorito da due fattori. Il primo è che la pianta stressata idricamente resiste molto meno agli attacchi. Il secondo è che le alte temperature accelerano lo sviluppo dell’insetto e così fanno portare a compimento più generazioni nella successione da uovo a larva a pupa e così via", continua il docente del dipartimento DAFNAE dell'università di Padova.
In termini generali è quindi probabile che la tendenza all'aumento delle temperature medie, provocato dai cambiamenti climatici, favorisca la diffusione del bostrico e comporti l'innalzamento del suo areale a quote più elevate. Uno studio dell'università di Padova, a cui aveva partecipato anche il professor Battisti, aveva lanciato l'allerta già dieci anni fa mostrando l'esistenza di un collegamento tra il riscaldamento climatico e la maggiore pressione di insetti nocivi, in particolare proprio il bostrico.
Prime quantificazioni dei danni
Come accennato in precedenza le esperienze dei Paesi a nord delle Alpi, interessati in passato da estesi danneggiamenti dei boschi per eventi estremi collegati all'azione del vento, hanno dimostrato che la fase epidemica dell'infestazione da bostrico dura in media 5-6 anni. Il picco si raggiunge in genere nel terzo anno e poi comincia una riduzione progressiva.
Sul finire del 2021 Etifor, società di ricerca partecipata dall'università di Padova, aveva quantificato i danni da bostrico a tre anni da Vaia spiegando che risultavano già compromessi settemila ettari di foresta e circa 3 milioni di metri cubi di legname. I numeri più allarmanti sono quelli relativi alle previsioni: gli esperti di Etifor stimano che entro il 2026 i metri cubi di legname bostricato, quindi inutilizzabile o di scarso valore, supereranno gli 8,7 milioni già abbattuti da Vaia, con un danno economico per la filiera del legno pari a circa 350 milioni di euro. A tutto questo vanno poi aggiunte le ricadute negative sull'ambiente visto che le foreste morte rilasceranno 11 milioni di CO2, senza considerare quella che non verrà più catturata.
"Noi sappiamo che Vaia nel complesso delle Alpi Sud-orientali ha colpito circa il 5% della superficie di bosco suscettibile, intendendo con questo la superficie di abete rosso visto che è la specie che ha subito i danni maggiori. Arrivati a questo punto possiamo dire che l’attacco del bostrico sta arrivando ad essere molto vicino a quello che è stato il danno originario della tempesta.
Le statistiche a livello europeo e anche extraeuropeo sugli interventi eseguiti a seguito di tempeste come Vaia ci dicono che il danno del bostrico può arrivare a superare il danno originario", conferma Andrea Battisti.
Cosa fare anche in chiave futura
La forma di lotta più efficace per contenere i danni da bostrico è la prevenzione e dunque la rimozione in tempi utili degli alberi schiantati a terra e di quelli infestati. In questo modo si riescono a bloccare le larve in fase di sviluppo ma purtroppo l'asportazione del legname non è sempre possibile. "Il bostrico è una specie nei confronti della quale esistono poche misure di gestione. Si può ovviamente monitorare, ci sono dispositivi basati su messaggeri chimici che servono per valutare la densità delle popolazioni. Ci sono poi delle azioni che si possono intraprendere e che sono sostanzialmente la rimozione del materiale infestato ma questo è possibile solo in determinati contesti, cioè quando la densità non è molto elevata e soprattutto quando c’è un territorio facilmente accessibile. Le nostre montagne non sono di questo tipo: dove è stato possibile intervenire lo si è fatto con l’asportazione della massa colpita. Altrove è risultato fisicamente impossibile e in questi casi non si può fare altro che seguire l’evoluzione dell’attacco e documentarlo", osserva Battisti.
Occorre poi ragionare anche tenendo in considerazione un orizzonte temporale più ampio e lavorare sulla differenziazione delle specie forestali. "L’obiettivo - prosegue il docente del dipartimento DAFNAE - è fare delle previsioni che servono come indicazione di quelle che saranno le foreste del futuro perché è evidente che sia il danno della tempesta sia il danno dell’insetto portano verso una successione ecologica verso forme che avranno delle altre caratteristiche vegetazionali. Tenendo conto del cambiamento climatico questo è quanto mai auspicabile perché l’abete rosso sulle Alpi Sud-orientali è arrivato al suo limite fisiologico: non dico che scomparirà ma che la sua estensione si ridurrà fortemente", puntualizza l'esperto dell'università di Padova.
“ Quando oggi progettiamo boschi per i prossimi secoli dobbiamo necessariamente considerare le proiezioni climatiche che abbiamo a disposizione Andrea Battisti
"Ci sono molte altre specie sia di conifere sia di latifoglie e la latitudine di ciascuna specie sarà da seguire per poterle favorire nei luoghi più adatti. La selvicoltura moderna prevede di gestire l’evoluzione del bosco secondo schemi che sono all’insegna del maggiore equilibrio con i fattori ambientali, senza mai dimenticare che la temperatura è in continuo aumento".
Insomma, l'emergenza bostrico passerà ma i boschi vanno preparati affinché possano resistere all'impatto della crisi climatica. Come evidenziato da uno studio pubblicato nel 2020 su Nature Communications le foreste in Europa sono in aumento ma a crescere è anche la loro vulnerabilità alle tempeste di vento, a incendi e patogeni. La ricerca, guidata da Giovanni Forzieri, ricercatore al Joint Research Centre della Commissione Europea all’ISPRA, concludeva spiegando che potremmo perdere fino al 60% della massa forestale e che, in particolare, le foreste delle Alpi sono tra quelle più a rischio. Tra i fattori critici, oltre agli incendi e agli eventi meteo estremi, lo studio rilevava anche significativi episodi di propagazione di insetti dannosi.