MONDO SALUTE
CNB: "Nell’allocazione delle risorse si devono rispettare i principi di giustizia, equità e solidarietà"
Il Comitato Nazionale di Bioetica ha pubblicato il suo parere in merito all'emergenza da Covid 19.
Nel testo viene proposta una riflessione su quali siano i criteri eticamente corretti per distribuire le risorse disponibili. Viene poi espresso apprezzamento per il duro lavoro che medici, infermieri e personale ospedaliero stanno facendo in questo momento, prendendo in considerazione “l'idea di limitare eventuali profili di responsabilità professionale degli operatori sanitari in relazione alle attività svolte per fronteggiare l'emergenza Covid-19”. Viene infine sottolineata l'importanza di non abbandonare a loro stessi i soggetti più deboli e fragili, in particolar modo gli anziani, che non necessitano solo di cure mediche, ma anche di conforto e sostegno psicologico.
Alla stesura del Parere CNB sul Covid-19 ha collaborato il professor Antonio Da Re, docente di bioetica all'università di Padova e membro del CNB, che spiega innanzitutto come nell'affrontare il problema dell'accesso dei pazienti alle cure in questa situazione in cui, specialmente in alcune aree del territorio italiano, le risorse sono limitate o addirittura insufficienti, il Comitato abbia proposto di sospendere il triage consueto e adottare, invece un triage di emergenza pandemica (espressione coniata dal Comitato a partire da pubblicazioni che hanno attinenza con la cosiddetta "medicina delle catastrofi", che affronta i protocolli da adottare in casi di "emergenza estrema", o "maxiemergenza").
Il triage, in ambito medico, è il metodo di valutazione con cui stabilire l'ordine di priorità da assegnare ai pazienti, nel caso in cui se ne presentino in molti.
“Il triage consueto è quello con cui facciamo esperienza quando ci rechiamo in pronto soccorso e che, fondamentalmente, tiene conto sia della gravità della patologia con cui un paziente si presenta, sia di dare la precedenza a chi è arrivato prima”, spiega il professor Da Re. “Il criterio dell'urgenza, poi, fa sì che la lista venga rivista dando la priorità a chi ne ha più bisogno.
Il criterio dell'urgenza riguarda anche il triage in emergenza pandemica in cui, però, la massa di pazienti che richiede di essere curata è numericamente più elevata e non è costituita solo dai pazienti che si trovano in pronto soccorso in quel momento.
Quindi, mentre il triage consueto si applica ai pazienti che si trovano fisicamente in pronto soccorso, il triage in emergenza pandemica ha un approccio più comunitario, nel senso che tiene conto sì di questi ultimi, ma anche di quelli presenti in altri reparti dell'ospedale, che hanno magari bisogno di entrare in terapia intensiva, sia di quelli presenti nel territorio, ovvero di quei pazienti che vengono monitorati a domicilio e le cui condizioni possono aggravarsi.
È chiaro quindi che la lista delle urgenze è inevitabilmente sottoposta a continue revisioni”.
Il triage in emergenza pandemica si basa su concetti ben definiti, come la preparedness, cioè “la predisposizione di strategie di azione nell’ambito della sanità pubblica”, l'appropriatezza clinica, ovvero la valutazione medica dell'efficacia che un certo trattamento può concretamente avere sul singolo paziente, e l'attualità, per cui è necessaria la revisione periodica delle liste d'attesa dei pazienti, basata sui tempi della patologia e sul fatto che, come è scritto nel Parere, “rispetto al triage in tempi normali, il triage in emergenza pandemica inserisce la valutazione individuale del paziente nella prospettiva più ampia della “comunità dei pazienti”, e che “le condizioni di emergenza, poi, vanno oltre la cura della singola persona: in situazioni eccezionali, molte strutture del sistema sanitario, non solo ospedaliere, vengono riorganizzate, sia nella articolazione dei diversi dipartimenti all’interno di un complesso sanitario, che nella ripartizione dei pazienti e delle specialità di cura fra le differenti strutture ospedaliere. Va infatti ricordato che non sono solo i pazienti Covid-19 ad avere necessità della terapia intensiva o subintensiva. Ammalati con altre gravissime patologie ne hanno bisogno”.
Un altro punto fondamentale del Parere del CNB riguarda l'allocazione delle risorse sanitarie disponibili.
Viene infatti sostenuto che: “l’accesso dei pazienti alle cure in condizioni di risorse sanitarie limitate [è] un problema di grande complessità, che richiede di considerare e di contemperare principi diversi, quali, tra gli altri, la protezione della vita e della salute, la libertà, la responsabilità, la giustizia, l’equità, la solidarietà, la trasparenza”.
“Il vero problema affrontato dal documento è proprio la scelta drammatica di chi privilegiare nell'ingresso in terapia intensiva. A livello italiano, non è stata data nessuna indicazione se non quella di attenersi al criterio clinico, che è quello che noi proponiamo nel documento", commenta il professor Da Re. "Il criterio dell'età, al contrario, è stato di fatto seguito in altri stati, come in Svezia e in Gran Bretagna. Realisticamente, dal punto di vista medico, è probabile che più una persona sia anziana più sia a rischio; però non è scontato, perché entrano in gioco altri fattori, come, ad esempio, la comorbidità”.
Secondo il parere del CNB, l'allocazione delle risorse, in momenti di emergenza e di grande scarsità delle stesse, deve basarsi dunque sul criterio clinico.
“Ogni altro criterio di selezione, quale ad esempio l’età anagrafica, il sesso, la condizione e il ruolo sociale, l’appartenenza etnica, la disabilità, la responsabilità rispetto a comportamenti che hanno indotto la patologia, i costi, è ritenuto dal Comitato eticamente inaccettabile”.
Ciò significa, sostanzialmente, che nessun criterio di quelli appena elencati, come ad esempio l'età, possa essere stabilito aprioristicamente nella selezione. Oltre a questo, il CNB sottolinea anche quanto sia fondamentale, in tutto questo, la trasparenza del sistema sanitario nei confronti del pubblico.
Nel testo del Parere del CNB viene riportata anche la posizione del professor Maurizio Mori, ordinario di filosofia morale e bioetica all'università di Torino, che ha tenuto a specificare i motivi per cui non concorda con quanto viene riportato nel testo del Parere stesso.
La posizione del professor Mori è che: “il Parere del CNB promette di dare un criterio per il triage in situazione di emergenza pandemica, ma in realtà non dà alcuna indicazione specifica se non che quando non si riesce a garantire l’universalità delle cure è il medico che deve scegliere in scienza e coscienza mixando gli indicatori clinici a propria discrezione”.
Il professor Mori ha ritenuto, inoltre, che il documento del CNB non abbia tenuto sufficientemente conto delle Raccomandazioni Siaarti, a suo parere valide, e che si sia espresso in modo piuttosto vago sul criterio clinico nell'allocazione delle risorse. In particolare, la terza raccomandazione Siaarti apre alla possibilità di stabilire un limite d'età per l'accesso alla terapia intensiva.
Secondo il professor Mori, “le considerazioni fatte mostrano che l’analisi teorica sottesa alle Raccomandazioni Siaarti è corretta, e che l’età è fattore extra-clinico. Invece di riconoscere questo, il Parere del CNB semplicemente ignora il punto e neppure lo prende in considerazione, forse per il timore che il riconoscimento di criteri extra-clinici possa aprire la strada a possibili discriminazioni”.
Infine, per quanto riguarda i pazienti più gravi e quelli più fragili, in primo luogo le persone anziane, il CNB mette in luce con grande sensibilità la condizione estremamente difficile in cui molti di loro si trovano, esprimendosi con queste parole:
“Le sofferenze che si accompagnano alla morte causata dalla insufficienza respiratoria devono essere evitate attraverso l’adozione di protocolli adeguati [...]. Né si può dimenticare la prova terribile a cui sono sottoposti gli ammalati terminali, senza la possibilità di poter salutare per l’ultima volta i propri cari. Oltre a negare l’accompagnamento alla morte del malato, l’epidemia rende impossibile a chi è rimasto di poter condividere il proprio dolore, attraverso il rito del funerale. [...]. Il Comitato auspica che sia assicurato anche un sostegno di vicinanza e accompagnamento alle persone particolarmente vulnerabili, sul piano non solo clinico ma anche sociale e umano”.