Larghezza di banda limitata e elevati costi per il traffico dati sono i due principali fattori che creano disuguaglianza nell’accesso al world wide web. Lo mostra un recente studio apparso sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) e coordinato da Moumena Chaqfeh, ricercatrice del campus di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, della New York University (NYU). Confrontando sul campo questi due fattori in 56 diverse località del mondo sparse nei sei continenti, il team di ricerca ha individuato luoghi in cui il caricamento di una pagina web è quattro volte più lento rispetto agli altri e luoghi in cui piani tariffari per i dati possono differire di diversi ordini di grandezza. Se aggiungiamo a questi fattori il fatto che le pagine Web negli ultimi anni sono state progettate tenendo in considerazione “un’elevata potenza di elaborazione”, scrivono nel paper, questa situazione non può che “lasciare indietro di fatto gli utenti meno fortunati”.
Confrontare le velocità di caricamento
Per la loro analisi, i ricercatori e le ricercatrici hanno scelto di utilizzare un modello economico di smartphone e il traffico dati (escludendo quindi l’uso del wi-fi). La scelta è dovuta al fatto, scrivono, che i dati aggiornati al 2019 indicano in oltre 3,5 miliardi i cellulari presenti nel mondo, di cui il 74% si trova in paesi a basso o medio reddito. Una fetta enorme di esseri umani ha quindi il proprio telefono come principale, se non unico, modo di accedere alla Rete. Il tempo di caricamento è stato quindi misurato sulle 100 pagine web più visitate al mondo nel novembre del 2019 nello stesso momento della giornata (a mezzogiorno locale) e utilizzando lo stesso hardware (Xiaomi Redmi Go) e lo stesso software (Google Chrome).
I risultati delle 15 località con la connessione più lenta sulle 56 analizzate, confermano ampiamente quanto sostenuto nelle premesse dallo studio: sono quasi tutte località in paesi a basso o medio reddito. Per metro di paragone, la località italiana studiata è Gaggio Montano, un comune dell’Appennino bolognese, quindi un piccolo comune in un’area interna del paese. La velocità medie registrata qui è di 12,36 secondi: quattro volte in meno rispetto alla località russa di Ufa, capitale della Repubblica di Baschiria, con oltre un milione di abitanti. Ma anche molti secondi più veloce delle località che occupano le posizioni dalla 55 alla 40. La media della velocità di caricamento tra le 56 località è 19,33.
Il prezzo dei dati
Il secondo fattore preso in considerazione per mostrare la disuguaglianza di accesso è il costo di 1 Gb di dati della rete mobile. Gli autori e le autrici del paper precisano che si tratta di una misura che può variare molto in termini di offerte dei vari gestori, ma secondo loro è comunque sufficientemente affidabile per mostrare l’andamento generale.
Considerando che lo stesso prezzo, per esempio 1 dollaro, può avere significati diversi a secondo di quale economia prendiamo in considerazione, è stato introdotto il purchasing power parity (PPP), uno strumento econometrico che permette di confrontare i prezzi in relazione ai diversi standard economici dei paesi. Quindi, i dati non vanno presi come assoluti, ma permettono di confrontare tra di loro i prezzi delle località. Per esempio, considerato che il prezzo medio di 1 Gb è attorno ai 4 dollari, la ricerca ci dice che a Cuba lo stesso Gb costa dieci volte tanto, mentre a Gaggio Montano un 1 Gb costa circa 6,5 volte in meno della media.
Una sfavorevole combinazione
Mettendo in relazione le due misure, si può ottenere un grafico che mostra dove le cose sembrano andare peggio che altrove
In Russia, Ghana, Giamaica, India e Kazakistan, per esempio, i tempi di caricamento sono molto alti, ma i costi sono ancora contenuti. Al contrario, i tempi di caricamento nella capitale cubana sono ancora buoni, ma accedere alla rete mobile ha costi molto elevati. L’Italia con Gaggio Montano si trova in quell’ammasso in basso a sinistra, dove a velocità buone o ottime corrisponde anche un prezzo contenuto. Esplorando questo grafico è facile individuare quali di questi paesi hanno più ostacoli all’accesso alla Rete per motivi economici o di velocità, oppure per entrambi.
In maniera forse un po’ troppo roboante, Chaqfen e gli altri autori del paper sottolineano come un accesso limitato al web significhi un ostacolo “a sconfiggere l’analfabetismo, sostenere le donne e generare opportunità economiche”. Di sicuro, il divario digitale che è ben noto tra paesi ricchi e meno ricchi ha bisogno di essere affrontato direttamente come ostacolo allo sviluppo di economie e persone. Questo studio mostra come ci siano luoghi del mondo che partono con un vantaggio nella costruzione e nello sviluppo di un sempre più ampia società digitalizzata. I ricercatori e le ricercatrici fanno anche una proposta concreta, ovvero quella di favorire la creazione di pagine web più “leggere” e che quindi si carichino più velocemente e consumino meno dati per gli utenti più svantaggiati. Ma serve una volontà politica transazionale che proponga strategie concrete per mettere tutti e tutte nelle stesse condizioni di accesso alle informazioni e ai servizi. Posto che sia possibile e sufficiente
In Italia, per esempio, il 28 luglio 2015 è stata approvata la Dichiarazione dei diritti di Internet. All’articolo 2 si legge, tra l’altro, che “ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”. Ciononostante, l’ultimo rapporto sull’Indice di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI) che fa riferimento al 2022 mette l’Italia al 18° posto tra i 27 paesi membri dell’Unione Europea.
E anche all’interno del nostro paese si registrano differenze sostanziali tra aree geografiche diverse, in particolare tra Nord e Sud. Secondo un'analisi dell’ISTAT riportata dal Corriere Comunicazione l’83,3% delle famiglie del Nord aveva nel 2021 accesso a Internet contro il 76,6% di quelle del Sud. Il divario era di 5,7 punti, in miglioramento rispetto alle rilevazioni precedenti, ma comunque segnale di un digital divide che nonostante la Dichiarazione del 2015 è ancora presente.