SCIENZA E RICERCA
Fao, lo stato delle foreste: l’importanza della biodiversità per l’uomo e per il pianeta
Ognuno di noi ha un contatto, diretto o indiretto, con le foreste e con i prodotti che offre la biodiversità presente in questi ambienti. Dal 1990 a oggi, tuttavia, si stima che 420 milioni di ettari di foresta siano andati persi, circa 4,7 milioni ogni anno tra il 2010 e il 2020. Questi e altri dati allarmanti sono stati pubblicati nel recente rapporto della Fao relativo allo stato delle foreste nel mondo e alla loro vitale importanza per l’uomo e per il pianeta.
Il 31% della superficie terreste globale è ricoperta dalle foreste, anche se la loro distribuzione non è uniforme: più della metà, infatti, si trova tra Brasile, Cina, Canada, Russia e Stati Uniti. In questi ambienti trovano il loro habitat l’80% degli anfibi, il 75% degli uccelli, il 68% dei mammiferi e circa il 60% delle piante vascolari del mondo: la maggior parte della biodiversità terrestre, infatti, si trova nelle foreste. Il 18% delle aree forestali, circa 700 milioni di ettari, sono protette legalmente attraverso l’istituzione di parchi nazionali, aree di conservazione e riserve di caccia. I benefici per l’uomo sono innumerevoli: circa un miliardo di persone dipende dai prodotti della foresta come carne, insetti, piante, pesce e funghi. Inoltre, sono state catalogate nelle foreste circa 28.000 specie di piante utilizzate oggi come medicinali.
Questi numeri ci aiutano a capire l’importanza delle foreste e della loro biodiversità a livello mondiale ma tutto questo è a rischio a causa dell’uomo. La continua deforestazione minaccia non solo la sopravvivenza delle specie vegetali e animali ma anche la stessa esistenza dell’uomo: anche la recente pandemia di Covid-19 può essere imputata alla distruzione del bilanciamento naturale tra uomo e foresta, favorendo così l’esposizione delle persone a malattie zoootiche, cioè malattie dovute al contatto diretto o stretta vicinanza con animali infetti.
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L’agricoltura rimane uno dei principali fattori di questo fenomeno, insieme all’allevamento di bestiame: soia e olio di palma, come specifica la Fao, sono tra le principali colture che sottraggono terreno alle foreste, registrando tra il 2000 e il 2010 circa il 40% delle deforestazioni. Tuttavia, ci sono altri fattori che hanno contribuito al degrado delle foreste. Tra i principali attori troviamo gli incendi: dal 2003 al 2012 circa 67 milioni di ettari sono stati andati in fumo; 98 milioni solo nel 2015 soprattutto nella zona dei tropici. La perdita di biodiversità è minacciata anche dagli insetti: infestazione, malattie e l’utilizzo di pesticidi hanno portato alla distruzione di circa 142 milioni di ettari, prendendo in esame lo stesso arco temporale relativo agli incendi. I danni provocati da questi fenomeni hanno ricadute sia sulle persone che sul pianeta. Basti pensare che le foreste rappresentano i polmoni della Terra: la loro diminuzione compromette il ciclo di stoccaggio del carbonio, utile a contrastare i cambiamenti climatici.
Tuttavia, è solo dando uno sguardo ai benefici che l’uomo trae dalle foreste che ci rendiamo conto dell’enorme ruolo centrale che questo ecosistema ha nel lotta alla sopravvivenza. Oltre 250 milioni di persone in povertà vivono nelle foreste o nelle savane, arrangiandosi con meno di un dollaro e mezzo al giorno. I fattori che incidono maggiormente la povertà in queste zone sono di carattere sia economico, sia sociale: l’espansione dei terreni agricoli, l’aumento della popolazione, le infrastrutture legate ai traporti e il commercio internazionale di prodotti sono solo alcuni elementi. Le foreste, come specifica la Fao, sono essenziali per la vita di queste persone, soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione. Questi ambienti riescono a provvedere alla sicurezza alimentare per le popolazioni che le abitano: con questo termine si indica l’accesso fisico, sociale ed economico al cibo in modo sicuro, sufficiente e nutriente, con l’obiettivo di una vita salutare. Sono quattro i principi che servono soddisfare a pieno questo traguardo: la disponibilità, l’accesso, l’utilizzo e la stabilità.
Per quanto riguarda il primo principio, circa un miliardo di persone dipende quotidianamente dall’utilizzo di prodotti provenienti dalle foreste come cibi esotici, selvaggina, vegetali, funghi e pesci. Si tratta principalmente di famiglie con redditi bassi nei paesi in via di sviluppo che tramite il consumo di questi prodotti riescono a soddisfare il fabbisogno di vitamine e oligoelementi. A livello globale, gli alimenti che provengono dalle foreste rappresentano lo 0,6%. Per poter accedere a queste risorse, è necessario sviluppare un’economia sostenibile, che dia alle comunità locali il diritto di utilizzare i prodotti di questo ambiente, dalla legna al cibo: sapere con esattezza chi possiede le foreste, avere una burocrazia efficiente e possedere strutture governative locali adeguate.
Come detto in precedenza, il consumo dei prodotti provenienti dalle foreste riesce a fornire un’alimentazione completa alle popolazioni locali, composta da micro e macronutrienti. La cottura è il metodo ideale per garantire l’assorbimento dei nutrienti: circa un terzo della popolazione mondiale utilizza un combustibile a base di legno per cucinare e una persona su dieci lo usa anche per bollire e sterilizzare l’acqua. L’utilizzo del legno come combustibile può avere impatti negativi: è importante quindi raccogliere il legno per combustione in modo sostenibile per evitare il degrado delle foreste e utilizzarlo in modo corretto per non avere rischi alla salute derivanti dall’inalazione di fumo. È necessario, inoltre, tenere in considerazione che i prodotti provenienti dall’area forestale non sono eterni: bisogna, per mantenere una stabilità, attivare una produzione agricola, zootecnica e ittica sostenibile, dato che la raccolta di cibo dalle foreste rappresenta una rete di sicurezza per le popolazioni che vi abitano, soprattutto in caso di carestie o eventi negativi di natura sociale, economica o politica.
Oltre al sostentamento, la produzione, la raccolta e il commercio di prodotti alimentari, come frutta secca e carne, rappresentano una delle fonti di reddito maggiore per le comunità locali. Sono molte le ricerche che mettono in risalto l’alto potenziale degli insetti per soddisfare il fabbisogno alimentare del futuro: quasi due miliardi di persone già li include nella dieta e il loro allevamento potrebbe aiutare i paesi in via di sviluppo, poiché esercitano meno pressione sulle risorse già presenti, come il suolo o l’utilizzo di acqua, rispetto ad altri allevamenti. Tuttavia, la produzione di questo alimento potrebbe portare a un problema di sovraccarico e a livello internazionale non c’è una legislazione comune e non ci sono standard di sicurezza.
Quali sono le sfide che lancia la Fao in previsione dell’implementazione del Piano strategico per la biodiversità delle Nazioni Unite in scadenza quest’anno? In primo luogo c’è la necessità di creare aree protette per proteggere le foreste: solo il 18% è considerata parco nazionale, area di conservazione o riserva di caccia. Inoltre, l’inserimento del problema della conservazione della biodiversità nella gestione a livello privato e pubblico delle aree forestali potrebbe incentivare sia alla creazione delle aree protette, sia alla visione più sostenibile dell’economia di questi ambienti. Gli ostacoli principali sono riscontrabili nella politica e nelle governance dei vari paesi coinvolti in cui il riconoscimento della proprietà, la gestione e l’utilizzo da parte della popolazione locale e le leggi del mercato influiscono pesantemente su un corretto, sostenibile e indispensabile rapporto con le foreste.