SCIENZA E RICERCA
Formazione ed evoluzione delle galassie. Le ultime scoperte e i misteri ancora da svelare
Uno studio pubblicato su Nature presenta dei nuovi risultati scientifici che chiariscono alcuni aspetti che riguardano i meccanismi di formazione delle galassie.
Il primo autore della ricerca in questione è Aditya Chowdhury, del Centro nazionale di radio- astrofisica di Pune, in India. Lui e il suo team di ricerca si sono serviti del Giant Metrewave Radio Telescope ubicato a Pune per rilevare delle deboli emissioni radio di galassie lontane e misurare così la massa del gas delle galassie ad un epoca cosmica tra 4.5 e 7 miliardi di anni dal Big Bang.
Per evidenziare l'importanza di questa scoperta e capire quali sono gli interrogativi ancora senza risposta per arrivare a una piena comprensione del processo di formazione delle galassie abbiamo discusso con Paola Marziani, astronoma ricercatrice all'Osservatorio astronomico di Padova (INAF).
Quali sono le attuali conoscenze per quanto riguarda il processo di formazione delle galassie?
“Lo scenario maggiormente accettato è quello della cosiddetta formazione gerarchica”, spiega Paola Marziani. “Alle epoche cosmiche primordiali, piccole regioni di densità più alta delle regioni circostanti hanno formato condensazioni di materia oscura e materia barionica (gas e le prime stelle, dette di Popolazione III, prive di elementi più pesanti del litio) inizialmente relativamente piccole, con morfologia irregolare e con poche stelle. Queste protogalassie, formatesi a partire da 300-400 milioni dopo il big bang (a redshift 10-15), hanno costruito galassie via via più grandi attraverso una serie di fusioni (merging). Il processo di merging è causato dall’incontro ravvicinato tra galassie (o proto galassie all’epoca della formazione delle prime galassie) e dalla reciproca attrazione gravitazionale, che conduce alla creazione di un unico sistema di materia barionica e di materia oscura legato gravitazionalmente. Questi processi vengono osservati ad ogni epoca cosmica e, oltre a formare nuove galassie più massicce, inducono fenomeni di compressione e di dissipazione del gas che a loro volta favoriscono la formazione di nuove stelle. Quindi l'evoluzione delle galassie, sia in epoche remote che nell'Universo vicino, è caratterizzata dalla trasformazione progressiva della componente gassosa in nuove stelle.
Un’ipotesi formulata negli anni sessanta del secolo scorso suggeriva che le galassie si fossero formate per collasso monolitico, cioè per il collasso della nube protogalattica accompagnato da formazione stellare ad epoche cosmiche remote. Le stelle si sarebbero formate grosso modo nella stessa epoca e le galassie sarebbero poi evolute passivamente, cioè senza ulteriore formazione stellare. Questo processo non si può escludere del tutto, e penso possa essere valido per alcune galassie ellittiche massicce, ma non credo sia il processo dominante. Esistono molte osservazioni in favore dell’evoluzione gerarchica “dal basso verso l’alto” delle strutture cosmiche: per esempio, le morfologie irregolari e le dimensioni inferiori delle galassie dei campi profondi osservati dal telescopio spaziale Hubble (HST) rispetto a quelle dell’Universo vicino. Ulteriori prove si ottengono analizzando gli spettri delle galassie con il cosiddetto metodo della sintesi di popolazione: si vedono popolazioni stellari formatesi a differenti epoche cosmiche nella stessa galassia, un’indicazione di successivi eventi di formazione stellare legati alla dinamica interna della galassia o a processi di merging che suggeriscono un’evoluzione galattica tutt’altro che passiva”.
A quali importanti nuovi risultati sono giunti Chowdhury e colleghi nel loro recente studio pubblicato su Nature?
“Chowdhury e colleghi hanno misurato la massa del gas nelle galassie ad un epoca cosmica tra 4.5 e 7 miliardi di anni dal big bang, circa la metà dell’età attuale dell’Universo”, spiega Paola Marziani. “Quest’epoca cosmica non è particolarmente remota, ma rappresenta comunque un periodo importante: la massima formazione stellare delle galassie è avvenuta tra 2.5 e 4.5 miliardi di anni dal big bang; quindi le galassie studiate da Chowdhury e colleghi si collocano temporalmente alla fine dell’epoca di massima formazione stellare. Da allora, il tasso di formazione stellare è diminuito di un fattore ~10, fino a raggiungere il valore attuale di circa una massa solare per anno in galassie come la nostra. Il risultato raggiunto da Chowdhury e colleghi è una misurazione della massa della componente gassosa delle galassie; l’importanza, come indicato dagli autori, risiede nel fatto che tale misura non era mai stata effettuata oltre redshift 0.4 (corrispondenti ad un’ età dell’Universo di circa 9.5 miliardi di anni, un’epoca cosmica relativamente recente). Si è trovata una massa gassosa approssimativamente uguale alla massa stellare, con un rapporto tra la massa del gas e delle stelle più alto di quello attuale. L’aspetto più importante è però il tasso di formazione stellare: a redshift 1 è così alto da condurre all’esaurimento del gas presente nelle galassie in circa 1.5 miliardi di anni. Ciò implica che il gas rimasto al termine della fase di massima formazione stellare non sia stato sufficiente a mantenere tassi di formazione stellare elevati, causando il declino della formazione stellare misurato nelle epoche cosmiche più recenti.
Giant Metrewave Radio Telescope. Pune, Maharashtra, India. Foto: wikimedia commons
Quali lacune restano ancora da colmare per comprendere come nascono le galassie e cosa saranno in grado di scoprire i ricercatori usando il radiotelescopio Square Kilometre Array attualmente in fase di costruzione?
“Esistono moltissimi aspetti da chiarire”, precisa Paola Marziani. “Forse l’aspetto più interessante è relativo al ruolo dei buchi neri primordiali. Una parte della materia oscura e barionica può essere collassata in buchi neri (appropriatamente detti primordiali) quasi immediatamente dopo il big bang, in conseguenza di fluttuazioni di densità relativamente modeste. Che ruolo hanno avuto questi buchi neri nella formazione delle galassie? Più esplicitamente, le galassie si sono formate attorno ai buchi neri già relativamente massicci, o i buchi neri sono cresciuti per accrescimento di materia in concomitanza con la crescita delle protogalassie? La presenza di buchi neri supermassicci ad epoche cosmiche relativamente remote (poco meno di un miliardo di anni dopo il big bang) suggerisce che la crescita dei buchi neri sia stata molto rapida, e che quindi essi possano avere avuto un ruolo come aggregatore gravitazionale delle protogalassie, ma la questione è sostanzialmente aperta.
L’epoca della formazione delle galassie è ora alla “frontiera del redshift”, che si cerca di spostare a redshift sempre più alti con strumenti di nuova generazione come il James Webb Space Telescope (JWST) operante nell'infrarosso e lo Square Kilometric Array (SKA) operante nelle bande radio. Per esempio, le stelle di prima generazione, la Popolazione III, sono al momento ancora entità ipotetiche, ma ammassi stellari di Popolazione III potranno essere rivelati con gli strumenti di nuova generazione. Il risultato di Chowdhury e colleghi è stato ottenuto con un metodo laborioso (dello "stacking"), che ha implicato la somma del segnale radio da un campione di galassie, rivelato da un grande radio-interferometro in India, il Giant Metrewave Radio Telescope (GMRT). Osservando a lunghezze d’onda di circa un metro, il GMRT era lo strumento ottimale per la rilevazione della debole riga spettrale dell’idrogeno a 21 cm a redshift elevati. SKA, come il nome suggerisce, avrà una superficie di raccolta della radiazione di circa un chilometro quadrato e sarà circa cento volte più sensibile alle lunghezze d’onda del GMRT, con un potere risolutivo molte volte superiore. Ciò permetterà di studiare la formazione stellare nelle singole galassie in un amplissimo intervallo di epoche cosmiche. SKA si spingerà molto oltre la “frontiera del redshift” attuale, e potrà esplorare persino l’“epoca buia” (o dark age): un' epoca cosmica tra 400000 ed alcune centinaia di milioni di anni dal big bang, in cui l’Universo barionico era costituito per lo più da gas freddo, e durante la quale si sono formate le prime protogalassie e accese le prime stelle”.