SCIENZA E RICERCA
La foto ai sistemi “entangled” e lo sviluppo delle tecnologie quantistiche
Dopo quella che è stata definita la “foto del secolo”, quella del buco nero M87, un'altra foto impossibile è stata, per così dire, scattata: ritrae un sistema di entanglement quantistico tra due fotoni, un fenomeno che Einstein definì come “spaventosa azione a distanza”. Il lavoro è stato pubblicato su Science Advances da un gruppo di fisici dell'università di Glasgow. Ne parliamo con Simone Montangero, professore di fisica della materia dell'università di Padova.
Intanto professore le chiedo che cos'è l'entanglement quantistico?
L'entanglement quantistico è uno stato particolare della materia quantistica che esibisce delle correlazioni. Per capire cosa siano le correlazioni quantistiche bisogna però prima capire cosa sono le correlazioni nella fisica classica. La misura è il modo in cui acquisiamo informazione sullo stato di un sistema. Quando due misure sono correlate, acquisendo informazioni su un oggetto posso automaticamente acquisire informazioni sull'altro oggetto, correlato al primo. Immaginiamo due palline, una nel mio laboratorio e una in un altro laboratorio, che hanno una certa probabilità di essere o rosse o bianche. Quando effettuerò la misura della pallina nel mio laboratorio e la troverò rossa, saprò anche che la pallina nell'altro laboratorio correlata alla prima sarà anch'essa rossa. Il succo è che, misurando un oggetto che ho a disposizione, posso avere informazione su un altro oggetto.
Se uno inizia a formalizzare questi concetti, può arrivare a fare quello che ha fatto John Stewart Bell, che negli anni '60 ha scritto le sue famose disuguaglianze, che stabiliscono i limiti che possono esistere sulle correlazioni tra due oggetti. Queste disuguaglianze valgono per il mondo della fisica classica. Sappiamo però che a livello quantistico vigono le leggi della meccanica quantistica. Gli oggetti del mondo della meccanica quantistica hanno correlazioni con limiti più alti rispetto a quelli stabiliti dalla fisica classica, si dice cioè che violano le disuguaglianze di Bell.
Immagine delle quattro fasi necessarie a tastare le disuguaglianze di Bell. In ciascuna, si vedono due fotoni entangled che ne dimostrano la violazione (Figura 2, Moreau et al., Science Advances, 2019)
E che cosa vediamo nell'immagine che è stata pubblicata?
Essenzialmente vediamo una fotografia di due fotoni intrecciati, entangled, che potrebbero violare le disuguaglianze di Bell. Si tratta quindi di una conferma del potere esplicativo della meccanica quantistica. Esperimenti di questo genere in realtà non sono nuovi, i primi sono stati realizzati negli anni '80. Allora venivano fatti sfruttando una particolare proprietà della luce, la polarizzazione dei fotoni, che è la stessa che troviamo nelle lenti polarizzate degli occhiali da sole. Nel laboratorio dell'università di Glasgow i ricercatori che hanno pubblicato questo studio, per misurare la correlazione tra i due fotoni, hanno puntato su un altro tipo di proprietà: i gradi di libertà del momento angolare e spaziale. Su queste proprietà hanno misurato le disuguaglianze di Bell e per la prima volta sono riusciti a dimostrare che dall'immagine direttamente si può calcolare la violazione delle disuguaglianze.
Come è stato scritto in tanti libri divulgativi, la violazione delle disuguaglianze di Bell è una delle predizioni più controintuitive della meccanica quantistica, che però è stata più volte ormai confermata sperimentalmente, facendo della meccanica quantistica la teoria migliore a nostra disposizione per descrivere la materia atomica e subatomica.
Ad Einstein all'inizio non piaceva l'entanglement quantistico, perché?
Perché all'inizio c'era il timore che potesse permettere il trasferimento di informazione a velocità maggiori di quella della luce, il che sarebbe andato in contrasto con i principi fondamentali della sua teoria della relatività. Oggi sappiamo che questo non accade: sebbene i sistemi siano correlati non è possibile trasmettere informazione più velocemente della luce. Negli anni '80 hanno iniziato ad arrivare conferme sperimentali dai laboratori: era possibile creare degli stati quantistici, tipicamente con i fotoni. I primi esperimenti non erano in grado di eliminare una serie di problemi, che chiamiamo loop hole, ma nei trent'anni successivi tutti questi “buchi” sono stati tappati e sono arrivate conferme che la meccanica quantistica è corretta e che le disuguaglianze di Bell vengono violate.
Set sperimentale per testare la violazione delle disuguaglianze di Bell (Figura 1, Moreau et al., Science Advances, 2019)
Quali possono essere le applicazioni di queste conoscenze?
A parte farci capire meglio le leggi fondamentali che governano il nostro universo, proprio a partire dalla metà degli anni '80 con gli esperimenti sulla correlazione quantistica del fisico francese Alain Aspect, che dimostrarono le violazioni delle disuguaglianze di Bell, in diversi laboratori si è iniziato a pensare che cosa si potesse fare con queste correlazioni “aggiuntive” tra sistemi. Da lì si è sviluppata tutta la teoria dell'informazione quantistica e tutte le tecnologie quantistiche che ormai sono già una realtà. Una su tutte: la crittografia quantistica (o distribuzione quantistica delle chiavi crittografiche – Qkd, ndr), un protocollo di trasmissione dell'informazione che si basa sulla presenza di stati entangled, e che è molto più efficiente e sicuro dei protocolli di sicurezza classici. Attualmente nel campo delle comunicazioni abbiamo sistemi non solo già sperimentalmente comprovati, ma addirittura già sul mercato.
Quali altre tecnologie quantistiche sono a disposizione oggi?
Stando a Padova, il gruppo di Paolo Villoresi e Giuseppe Vallone al dipartimento di ingegneria dell'informazione, Quantum Future, è tra i leader mondiali nello sviluppo di comunicazioni quantistiche Terra-spazio. Oggi è possibile preparare questi stati quantistici e utilizzarli per comunicare dalla Terra con i satelliti. L'anno scorso con un gruppo di ricercatori cinesi hanno messo in orbita un satellite con cui hanno fatto la prima video conferenza, codificata quantisticamente via satellite, tra l'accademia delle scienze austriache e Pechino.
Abbiamo poi il cosiddetto teletrasporto quantistico, con il quale si intende il trasferimento di informazione, ad esempio sullo stato di un fotone, da un fotone all'altro senza violare le leggi della termodinamica. Pensiamo al teletrasporto di Star Trek, in cui il capitano Spok viene smaterializzato e i suoi atomi vengono mandati sulla navicella e ricomposti; ecco, con il teletrasporto quantistico il capitano Spok verrebbe smaterializzato, rimarrebbe un mucchietto di atomi, e dall'altra parte del teletrasporto sulla navicella ci sarebbe lo stesso mucchietto di atomi che avrà una certa probabilità di ridiventare il capitano Spok. Il processo è complesso e questo ci fa capire che probabilmente con gli esseri umani non ci riusciremo mai. Ma con sistemi più semplici sì, e nonostante il nome, il teletrasporto quantistico, come tutte le tecnologie quantistiche, non ha niente di magico che vada in contrasto con il resto della fisica.
singole immagini che registrano la violazione delle disuguaglianze di Bell (Figura 4, Moreau et al., Science Advances, 2019)
Spesso abbiamo sentito parlare del computer quantistico, cui stanno lavorando grosse aziende come Google o Ibm. Lo studio appena pubblicato può contribuire allo sviluppo di questa tecnologia?
Il collegamento tra computer quantistico e lo studio appena pubblicato in realtà non è così diretto. Nel mondo delle tecnologie quantistiche ci sono due grandi classi di hardware: la prima sono i flying qubit, i qubit volanti, come i fotoni, che sono degli oggetti in cui codifichiamo informazione quantistica e che poi spediamo. Ecco perché volano. Poi ci sono i qubit statici, che di solito vengono usati per processare informazione, per fare complesse operazioni di calcolo, e sono quelli utilizzati nella computazione quantistica. Si tratta nella fattispecie di circuiti superconduttivi, nel caso di Ibm e di Google, oppure di singoli ioni intrappolati nei computer quantistici che vengono sviluppati a Innsbruck, in altri laboratori europei e negli Stati Uniti. In futuro avremo bisogno di interfacciare questi due classi di oggetti però al momento restano due cose abbastanza separate.
Le tecnologie quantistiche si stanno sviluppando molto velocemente.
Sì, l'anno scorso è partita la Quantum Flagship, il programma dell'Unione Europea che ha stanziato un miliardo di euro per i prossimi 10 anni, per sviluppare le tecnologie nei laboratori e far loro fare il salto sul mercato. Il mio gruppo ha vinto un finanziamento, all'interno del progetto Pasquans, per sviluppare simulatori quantistici, un'altra colonna delle tecnologie quantistiche. In una metafora potremmo dire che i simulatori quantistici sono l'equivalente del tunnel del vento per studiare l'aerodinamica delle macchine e degli aerei.
Riassumendo sono quattro i pilastri portanti delle tecnologie quantistiche: le comunicazioni (crittografia e teletrasporto quantistici), i computer quantistici, i simulatori quantistici e infine i sensori quantistici. Anche in questi ultimi si usano le proprietà quantistiche della materia per sviluppare sensori ancora più performanti rispetto a quelli attualmente disponibili.
Se lei dovesse scommettere un euro su quale di queste tecnologie sarà più impattante nel prossimo futuro su quale scommetterebbe?
Intanto dico che l'euro lo scommetterei, perché è facile vincere. Le comunicazioni quantistiche sono già impattanti, sono già diffuse sul mercato. I sensori sono dovunque e quelli quantistici stanno arrivando e quindi presto vedremo una crescita di questo settore. A seguire verranno i simulatori e i computer quantistici. Probabilmente chi arriverà dopo avrà un impatto maggiore e più a lungo termine. Le attese per il computer quantistico sono davvero alte, in termini di nuovi modi per studiare la chimica o la scienza dei materiali, per la risoluzione di problemi complessi di ottimizzazione, per la ricerca di nuovi medicinali, potrebbe rivoluzionare tutta la logistica industriale. Tutte le più grandi multinazionali della tecnologia dell'informazione stanno investendo sulle tecnologie quantistiche, per primi Google, Ibm, Intel e Microsoft che hanno stabilito centri di ricerca dedicati, ma anche Siemens, Bosch, Atos, Toshiba, persino la Volkswargen sia sta interessando alla sensoristica e all'ottimizzazione per la guida autonoma. Adesso stiamo assistendo alla diffusione del 5G, ma forse tra un po' di anni avremo l'equivalente quantistico.
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