SCIENZA E RICERCA
Frances Arnold: la donna che addomesticò l’evoluzione in laboratorio
Foto di Andrea Signori
Il codice della vita è una sinfonia di partiture bellissime e complesse suonate da un incalcolabile numero di musicisti e strumenti. Le odierne biotecnologie sono in grado di copiare, tagliare e incollare anche singole note di uno spartito, ovvero i singoli nucleotidi della molecola di Dna. Altra cosa è però scrivere un intero concerto. Quella è prerogativa dell’evoluzione. Ridotto all’osso, il suo algoritmo è semplice: produce variazione attraverso le mutazioni e seleziona quelle di maggior successo. Agisce a tutti i livelli di complessità, dalla singola proteina a interi ecosistemi. Il risultato è una grandiosa diversità. Nel mondo dell'ingegneria umana non esiste un singolo processo creativo altrettanto potente.
Da chimica e ingegnere, Frances H. Arnold ha sempre ammirato questa forza generatrice dell’evoluzione, le sorprendenti capacità degli esseri viventi di trasformarsi nel tempo, adattarsi ai contesti più diversi, riutilizzare in modo accurato e ingegnoso materiali semplici, ricombinandoli continuamente in nuove soluzioni. Proprio da questa naturale creatività Arnold si è lasciata ispirare per sviluppare una tecnica, l’evoluzione direzionata, che oggi è adottata nei laboratori di tutto il mondo. Nel 2018 Frances Arnold è stata insignita del premio Nobel per la chimica e oggi l’università di Padova le conferisce il dottorato ad honorem in scienze molecolari.
Intervista a Frances H. Arnold. Riprese e montaggio di Barbara Paknazar
Nel tripudio di combinazioni e diversità dell’evoluzione della vita, i protagonisti assoluti per Arnold sono gli enzimi, quelle macchine molecolari capaci di trasformazioni chimiche che nessun ingegnere umano è mai riuscito a eguagliare. Gli enzimi permettono di catalizzare ogni sorta di reazione biochimica, come quelle che esprimono i mattoncini che rendono possibile la vita, le proteine codificate dal DNA.
Frances Arnold voleva ingegnerizzare gli enzimi prodotti dalla natura e ottimizzarne alcune funzioni utili per gli scopi umani. Già i nostri antenati, dopo la rivoluzione neolitica, hanno addomesticato gli enzimi microbici per far fermentare la birra o lievitare il pane. Ma si potrebbero ottenere risultati ancora più strabilianti trovando un metodo che permetta di generarne di nuovi.
Arnold ha capito che l’unica strada da percorrere per creare qualcosa di nuovo era quella già percorsa dalla natura. L’azione dell’evoluzione è però lenta e graduale. La sua sfida era invece quella di scoprire sequenze di proteine che portassero nuovi vantaggi e che conducessero a sensibili miglioramenti in un lasso di tempo di settimane, anziché di millenni o intere ere.
Da dove partire allora? Dalle sequenze proteiche, quelle funzionali, che l’evoluzione ci ha portato oggi fino a qui.
Alcuni ricercatori pensano all'universo delle proteine come all'insieme di tutte le proteine che la natura ci ha messo a disposizione. Ma le proteine funzionali in biologia sono solo una frazione infinitesimale di tutte le possibili proteine. L'universo delle proteine possibili, l’universo di Frances Arnold, contiene soluzioni ad alcune delle più grandi sfide dell'umanità: lì si trovano cure contro le malattie, soluzioni alle crisi energetiche e al riscaldamento globale, cibo e acqua pulita per una popolazione in crescita, rimedi per arrestare i tormenti della vecchiaia.
“Facendo ricorso all'evoluzione volevo arrivare a proteine migliori, proteine che rispondessero ai miei scopi” ha spiegato Arnold nel discorso per la consegna del Nobel. In laboratorio, inducendo un certo tasso di mutazione e fissate le condizioni ambientali di contorno, la selezione naturale può operare da filtro: separa il grano dal loglio e conduce le proteine mutate lungo sentieri funzionali, accompagnandole attraverso quel vasto spazio di possibili sequenze per lo più prive di funzione.“L'evoluzione direzionata delle proteine è la ricerca in un nuovo paesaggio adattativo, dove la fitness (il vantaggio adattativo, ndr) è definita dai regimi di selezione artificiale da me imposti”.
L’uomo del resto, partendo dal lupo selvatico, ha addomesticato gli individui più docili e ripetendo il processo per generazioni e generazioni ha selezionato artificialmente le razze di cane. Lo stesso ha fatto per le varietà di piante alla base della nostra agricoltura: ha selezionato quelle con le componenti nutritive più utili ai nostri scopi. Arnold, con l’evoluzione direzionata, ha spinto verso l’evoluzione e poi selezionato artificialmente le varianti biochimiche che risultavano più efficienti nello svolgere un determinato compito
L'evoluzione direzionata offre un algoritmo di ottimizzazione affidabile: trova un enzima o una sequenza proteica, ne analizza il rendimento, individua le pressioni selettive da indurre e lascia l’evoluzione lavorare nella direzione stabilita, in cicli di riproduzione e selezione delle varianti desiderate.
Già a partire dagli anni ‘80 sono state prodotte biblioteche di enzimi da sottoporre a test per le funzioni desiderate, a partire da microrganismi ricombinanti, come Escherichia coli o il lievito, in cui era stato inserito materiale genetico le cui mutazioni erano controllabili in provetta.
I metodi sviluppati negli anni Novanta sono stati adottati rapidamente nei laboratori dell'industria e dell'accademia di tutto il mondo. In quella decade si è assistito a una vera e propria esplosione dell'evoluzione direzionata. L’ultimo risultato ottenuto grazie all’adozione dei metodi di Frances Arnold è stata l’ingegnerizzazione e la selezione di batteri, E. coli, capaci di nutrirsi di anidride carbonica e trasformarla in biomassa.
L'evoluzione direzionata ha prodotto risultati strabilianti nel mondo delle biotecnologie, tra cui nuovi strumenti di editing genetico, nuove terapie enzimatiche, procedure diagnostiche, strumenti per sequenziare e sintetizzare il DNA, metodi di imaging, applicazioni in agricoltura, nel settore del tessile, farmaceutico e industriale, ha persino reso più efficienti i detergenti del nostro bucato.
La vita, il mondo biologico, è il più grande laboratorio di chimica che ci sia e l'evoluzione è il suo processo generatore. Grazie all’evoluzione direzionata di Frances Arnold stiamo entrando in un futuro di catalizzatori facilmente progettabili che possono compiere reazioni impegnative ricorrendo a materiali presenti in abbondanza sulla Terra e producendo una minima quantità di rifiuti. I sistemi biologici sono ottimi modelli per una chimica sostenibile che faccia uso di abbondanti risorse rinnovabili e che sia in grado di riciclare gran parte dei suoi prodotti. Con il potere dell'evoluzione al servizio dell'ingegneria, si potrà guardare ai diversi prodotti dell'evoluzione naturale in un modo completamente nuovo.
Secondo Arnold in futuro buona parte dei composti chimici di cui avremo bisogno saranno ricavati dalla genetica e dalla biologia, ovvero da microrganismi e piante che fungeranno da fabbriche programmabili. “Invece di chiederci cosa facciano gli enzimi nel mondo naturale, ora possiamo chiederci: «Cosa potrebbero fare?». Gli enzimi compiranno reazioni chimiche in molti più modi di quelli che ci siamo mai potuti immaginare, specialmente quando ricorreremo all'evoluzione per liberare il loro potenziale latente. Uno scrigno di nuovi enzimi aspetta di essere scoperto per realizzare una chimica a cui non avremmo neanche potuto pensare solo pochi anni fa. La diversità che abbiamo a disposizione ci fornisce il carburante per queste innovazioni; l'evoluzione, sia quella naturale sia quella direzionata, usa questa diversità per risolvere problemi, sfruttare opportunità, e scongiurare catastrofi”.
Cerimonia di consegna del dottorato ad honorem in scienze molecolari a Frances H. Arnold in aula magna
Frances Arnold nasce a Edgewood in Pennsylvania nel 1956. Studia ingegneria meccanica e aerospaziale a Princeton e ottiene il dottorato in ingegneria chimica a Berkeley nel 1985. Ha proseguito la sua carriera al Caltech, il California Institute of Technology dove ha svolto le ricerche sull’evoluzione direzionata degli enzimi che le hanno valso il premio Nobel per la chimica nel 2018, diviso con George P. Smith e Gregory P. Winter.