Come si affronta la questione migranti? Tutti insieme o ciascun per sé? Il Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration, voluto dall’Onu per governare appunto i flussi migratori a livello locale e mondiale, è stato approvato a Marrakech da 164 Paesi. Ma basta scorrere l’elenco delle firme mancanti (firme virtuali, dal momento che l’approvazione è stata ufficializzata per acclamazione, per così dire, senza un vero voto finale) per capire come l’argomento sia la vera frattura, già reale, concreta e per certi versi spaventosa, sulla quale si giocherà il prossimo futuro politico, in Europa e non solo. Nel 2016, nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il patto era stato firmato da oltre 190 Stati. In poco più di due anni, lo scenario politico è profondamente mutato, lasciando spazi a due schieramenti opposti. Volendo sommariamente semplificare: accoglienza da un lato, respingimenti dall’altro. E, almeno in questa fase, c’è poco spazio per le mediazioni.
Muri e barricate
I nazionalisti alzano la voce, i loro muri, le loro bandiere, le loro barricate. Pochi giorni fa gli Stati Uniti avevano definito il testo come «uno sforzo delle Nazioni unite per avanzare la governance globale a spese del diritto sovrano degli Stati». Quella americana è l’assenza più rilevante tra i contrari al documento Onu (Trump è stato il primo a dirsi contrario), ma pesa anche il no di Australia e Israele. In Europa il blocco del no assume profili politici ben definiti: Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Austria, Croazia. E Italia, con Conte e Salvini che hanno deciso di rimandare al Parlamento la decisione se aderire o meno, tradendo la parola data appena pochi mesi fa dal premier a New York e creando fibrillazioni nell’alleanza con i 5 Stelle, alleati di governo e da sempre favorevoli al trattato. Stessa decisione, e stessa assenza, per la Svizzera, l’Estonia, la Slovenia e la Bulgaria. Mentre la scelta del premier belga Charles Michel di partecipare alla conferenza di Marrakech ha portato a una repentina crisi di governo, con il partito nazionalista fiammingo (N-Va) che ha abbandonato i suoi ministeri, a pochi mesi dalle elezioni politiche, previste per maggio 2019. Michel ha escluso elezioni anticipate e ha già dato il via a un rimpasto, ma la sopravvivenza dell’esecutivo, ora di minoranza, è tutt’altro che scontata.
«Migrazioni sicure e regolamentate»
Il Global Compactnon è un documento vincolante, come ha tenuto a precisare proprio alla vigilia del voto Louise Arbour, rappresentante speciale dell’Onu per le migrazioni, rispondendo così alle critiche e alle perplessità dei Paesi più scettici (e aggiungendo: «È sorprendente quanta disinformazione ci sia sul Compact e su quanto stabilisce veramente»). Il testo dell’Onu mira a rafforzare la cooperazione internazionale per permettere «migrazioni sicure, ordinate e regolamentate». In tutto 23 punti per rafforzare la migrazione legale e scoraggiare quella illegale, a partire dal principio che la questione delle migrazioni debba essere affrontata a livello globale attraverso una rete di collaborazione internazionale. Una migrazione «disciplinata, sicura, regolare e responsabile», con un lungo e dettagliato elenco di impegni per tutelare diritti e necessità di chi è costretto a fuggire dal proprio paese. Tra i punti principali: lotta alla xenofobia e allo sfruttamento, contrasto al traffico di esseri umani, potenziamento dei sistemi d’integrazione, assistenza umanitaria, programmi di sviluppo.
No agli “apporti positivi dei migranti”
Ma c’è un passaggio che più di altri ha fatto scattare l’intransigenza e le aspre critiche dei partiti di destra, e dei governi a loro guida: quello che chiede «il riconoscimento e l’incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale». Porte sbarrate dunque a quegli “apporti positivi”. Anche se l’accordo prevede un più concreto e stabile sostegno ai Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati. Critiche al testo, o meglio sulla sua potenziale efficacia, sono arrivate anche dagli attivisti per i Diritti Umani, proprio per la sua natura “non vincolante”. Come ha sottolineato Perseo Quiroz, rappresentante di Amnesty International: «Sfortunatamente la realizzazione del Global Compact si baserà soltanto sulla buona volontà degli stati che lo sostengono». Ma la partita non è ancora chiusa, quello di Marrakech è stato solo un passaggio formale. Il documento deve ora essere ufficialmente ratificato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in programma a New York il prossimo 19 dicembre.