Evitare l’ingestibile e gestire l’inevitabile: il riscaldamento globale e la crisi ambientale richiedono questo. La prima parola chiave è mitigazione: occorre ridurre quanto più possibile le emissioni antropiche, che se lasciate a briglia sciolta consegnerebbero un mondo invivibile ai figli dell’Antropocene. L’altra parola chiave è adattamento: bisogna imparare a convivere con un pianeta già trasformato dal cambiamento climatico in corso, dal crollo della biodiversità e dall’inquinamento, tre gambe di una stessa crisi che noi umani abbiamo scatenato.
Il clima che vogliamo – ogni decimo di grado conta, l’ultimo libro pubblicato da Il Bo Live e il primo della nuova collana Dati, indagini, prospettive, parte dalle conoscenze scientifiche consolidate, contenute in rapporti cui lavorano centinaia di ricercatori da tutto il mondo (come quello dell’Ipcc – Intergovernmental panel on climate change), e si addentra in quei consessi politici internazionali (le Cop sul clima e sulla biodiversità) che sono chiamati a rispondere al grido di allarme che giunge all’unisono dalla comunità scientifica.
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Nel mezzo ci sono le complessità della società civile e degli Stati nazionali. Le generazioni più giovani sono quelle più preoccupate dalle conseguenze di una crisi climatica e ambientale che già vivono e sempre di più vivranno sulla propria pelle. Le aziende del gas, del petrolio e del carbone pianificano estrazioni che non sono in linea con il mantenimento del riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C, obiettivo stabilito dall’accordo di Parigi alla Cop21.
I Paesi del Sud del mondo da una parte chiedono riparazioni finanziarie per i danni e le perdite causati da un cambiamento climatico che hanno solo in minima parte contribuito a generare, dall’altra difendono il proprio diritto a svilupparsi e a sfruttare le stesse risorse emissive e inquinanti che hanno reso ricchi i Paesi industrializzati.
Le disuguaglianze crescono non solo tra Paesi ma anche all’interno delle società nazionali, anche quelle benestanti. Solo in Italia, 2,2 milioni di famiglie sono in povertà energetica: non sono in grado di pagare bollette troppo care.
Il settore energetico incentrato sui combustibili fossili è oggi responsabile dei tre quarti delle emissioni antropiche mondiali. È stato artefice del benessere degli ultimi due secoli (anche se solo di una parte della popolazione mondiale), ma adesso, come scrive Telmo Pievani nella Prefazione del libro, è il motore di un “progresso scorsoio”. Le cose devono cambiare.
Efficienza energetica ed energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili sono le soluzioni, già disponibili, che le società devono rapidamente dispiegare. Ciò significa però ripensare la filiera produttiva a partire dalle sue materie prime: in un’ottica di economia circolare, i minerali critici alla transizione dovranno essere sempre più riciclati e sempre meno estratti dal sottosuolo. Non servirebbe a nulla, infatti, abbattere le emissioni per ricadere in un altro tipo di estrattivismo sfrenato: non possiamo passare dall’oro nero, il petrolio, all’oro bianco, il litio. Una transizione che voglia dirsi ecologica deve essere in grado di ridurre la deforestazione, lo sfruttamento di ecosistemi già compromessi e il consumo di risorse a un ritmo che non è compatibile con i tempi di rigenerazione della biosfera.
Lo strappo dalla dipendenza patologica dai combustibili fossili non sarà indolore: significa ripensare un’organizzazione sociale costruita in decenni e vincere resistenze spesso votate alla difesa di interessi costituiti. Sarà una lunga battaglia, che verrà vinta solo se tutti vi partecipano.
Anche la stesura de Il clima che vogliamo è stata un lavoro partecipato. Oltre alle firme dei redattori del magazine dell’università di Padova, ci sono anche quelle di Lorenzo Ciccarese, ricercatore Ispra e rappresentante dell’Italia alla Cop15 di Montreal sulla biodiversità, di Sara Segantin, attivista ambientale tra le fondatrici di Fridays For Future Italia, di Francesca Buoninconti, giornalista scientifica, scrittrice, tra le voci di Radio3 Scienza, e dello scrittore Paolo Zardi.
Le quattro sezioni del libro, composte da una decina di capitoli ciascuna, sono intervallate da infografiche che sintetizzano alcuni dei dati più importanti sulle crisi ambientali e sugli scenari energetici e climatici. Sono il frutto del lavoro dell’ufficio Comunicazione dell’Università di Padova, che ha lavorato gomito a gomito con i giornalisti de Il Bo Live.
Il clima che vogliamo è anche il titolo di una serie di articoli pubblicati sul nostro giornale che nel 2022 è stata premiata, da ASVIS e ForumPA, come miglior progetto di comunicazione della sostenibilità da parte di una Pubblica Amministrazione. Anche attraverso il racconto online, Il Bo Live continuerà a tenere vivi e aggiornati i temi contenuti nel libro, che sono e saranno il denominatore comune di tutto il XXI secolo.
Il libro è in vendita nelle principali librerie e negli store online