SCIENZA E RICERCA
InNat: come la citizen-science diventa fondamentale nel processo scientifico
3.242 segnalazioni, 570 segnalatori per 32 specie o habitat diversi. Il progetto InNat ha dei numeri importanti, che mettono in luce come anche la cittadinanza possa essere coinvolta e divenire fondamentale in un processo scientifico. Il progetto è semplice: c’è un’applicazione che chiunque può scaricare, ci sono delle schede informative che spiegano nel dettaglio le specie da scovare e segnalare e c’è la fotocamera del nostro cellulare per trasformarci in indagatori e fotografare specie protette.
Il processo poi non finisce qui, una volta segnalato l’animale o il vegetale tale segnalazione viene vagliata e validata dal personale esperto e poi, divulgata attraverso l’applicazione ed il sito.
Il progetto InNat è nato nel 2017 da una collaborazione tra il Ministero della Transizione Ecologica, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria – Centro di ricerca Difesa e Certificazione di Firenze, e l’Arma dei Carabinieri, coinvolgendo in particolare del Centro Nazionale Carabinieri Biodiversità “Bosco Fontana” in qualità di centro coordinatore.
Le specie che appassionati e cittadini possono segnalare tramite l’applicazione o il sito sono divise in cinque categorie per gli animali ed in tre habitat diversi. Le categorie sono: coleotteri, lepidotteri, odonati, ortotteri e crostacei.
L’importanza della Citizen Science
Progetti come InNat hanno alla loro base il concetto di citizen science, cioè quella pratica che coinvolge attivamente il pubblico, rendendolo soggetto attivo nella ricerca scientifica e, di conseguenza, generando nuova conoscenza. Come si legge nel portale europeo, questa è “qualsiasi attività che coinvolge il pubblico nella ricerca scientifica e quindi ha il potenziale per riunire la scienza, i decisori politici e la società nel suo insieme in modo efficace”.
È proprio attraverso la citizen science che i cittadini e tutte le persone possono partecipare in modo attivo al processo scientifico. Avere a disposizione un grosso bacino d’utenza può risultare fondamentale per la ricerca ed allo stesso tempo rendere più consapevoli le persone sia sul progetto che sull’utilizzo di quello che viene definito metodo scientifico. La citizen science quindi di fatto è un approccio al lavoro scientifico stesso, che può essere utilizzato come parte di un'attività scientifica più ampia.
Nel solo portale dell’European Citizen Science Association ci son più di 240 progetti e 222 organizzazioni presenti. I progetti variano tra i temi più disparati: dalla geografia alla food science, dalla biodiversità fino alla salute globale. Un segnale, questo, che fa capire come la citizen Science sia un concetto flessibile che può essere adattato e applicato all'interno di diverse situazioni e discipline e rappresenta una gamma di approcci e pratiche storiche per la partecipazione pubblica alla ricerca scientifica.
InNat
Più di tremila segnalazioni significa un bacino d’utenza non banale e sparso in tutta Italia. Non c’è una regione del nostro Paese infatti da cui non è giunta alcuna segnalazione. La maggior parte sono arrivate da Nord Italia ma la motivazione è presto spiegata. “Ci sono state più segnalazioni al nord per dei motivi ben specifici - ha dichiarato Alessandro Campanaro, coordinatore tecnico di InNat -. Il primo è banalmente di comunicazione, perché il coordinamento del progetto stesso è nel Nord Italia, ma ci sono anche delle motivazioni più scientifiche. Alcune specie sono più presenti al Nord ma la cosa interessante è che, grazie alla citizen science, ci siamo accorti che alcune segnalazioni veritiere sono arrivate da zone che non pensavamo”.
Le segnalazioni poi, come confermato anche dai coordinatori di InNat sono spesso esatte. “Più dell’80% di quelle arrivate - ha continuato Alessandro Campanaro - si sono rivelate poi corrette e validate dai nostri esperti. È un dato interessante perché alcuni animali sono rari e non facilmente identificabili”. Le segnalazioni, oltre ad avere il luogo esatto del ritrovamento per gran parte di essere erano anche provviste di foto dell’animale stesso. Parliamo in particolar modo di animali perché sono quelli più segnalati, ma ci sono stati anche più di 30 segnalazioni di tre diverse specie vegetali (due sono orchidee ed una è il bucaneve) ed una segnalazione di habitat.
I coleotteri
Analizzando i dati messi a disposizione da InNat, vediamo come siano tre le specie di gran lunga più segnalate rispetto alle altre: due coleotteri (lucanus cervus e Morimus asper funereus) e un lepidottero (Euplagia quadripunctaria). Il lucanus cervus è il più grande coleottero europeo ed i maschi di questa specie possono arrivare fino a 89 mm. Si trova principalmente in boschi maturi di latifoglie, ma anche in ambienti urbani (es. parchi cittadini), dalla pianura fino a 800 - 1100 m di quota. Il secondo invece, il morimus asper funereus, è sempre un coleottero che ha una particolarità interessante. È stato segnalato 486 volte sia nella sua forma funereus che nominale. La prima è presente esclusivamente nella parte orientale del Friuli-Venezia Giulia, mentre la seconda è presente nel resto del Paese.
Rimanendo in tema di coleottieri dati InNat evidenziano altre tre specie: la Rosalia alpina, l’Osmoderma eremita s.l., e il Cerambyx cerdo. Non sono ancora stati segnalati invece il Cucujus cinnaberinus e il Rhysodes sulcatus.
I lepidotteri
Come si legge ne sito di InNat “l’ordine dei Lepidotteri comprende oltre 150.000 specie a livello mondiale, comunemente note come farfalle (con circa 17.000 specie) e falene. La caratteristica distintiva di questo gruppo è la presenza di minuscole scaglie che ricoprono interamente le ali (dal greco lepis = scaglia e pteron = ala) donando loro colorazioni caratteristiche. È possibile distinguere le farfalle dalle falene per diverse caratteristiche: le farfalle sono attive durante il giorno, mentre quasi tutte le falene sono notturne; le farfalle in fase di riposo tengono le ali unite in posizione verticale, mentre le falene le tengono lungo i lati o piegate insieme sopra il corpo; le farfalle hanno le antenne a forma di una clava (clavate), ossia filiformi con una protuberanza finale, mentre quelle delle falene sono simili ad un pettine”. Nel progetto InNat si possono segnalare 17 specie diverse, ma solo di 13 fino ad ora ci sono state delle segnalazioni. La “farfalla” più fotografata dai cittadini che contribuiscono al progetto è stata di gran lunga l’Euplagia quadripunctaria che è una falena di medie dimensioni abbastanza comune in Italia. Ne è conferma la mappa dei “ritrovamenti” che di fatto è spalmata su tutta la penisola.
Il secondo lepidottero più segnalato nel progetto InNat è il Parnassius apollo, facilmente riconoscibile dalle due grosse macchie rotonde (ocelli) di colore rosso o rosso-aranciate, contornate di nero, presenti sulle ali posteriori. Interessante vedere come le 137 segnalazioni giunte fino ad ora siano arrivate da dei luoghi ben specifici. Se si vede la cartina si nota che il parnassius apollo è stato individuato in gran parte dell’arco alpino, nel monti abruzzesi ed anche in una piccola zona della Sicilia. Il motivo è presto detto perché questa farfalla vive prevalentemente tra 600 e 2500 m di quota, in prati-pascolo alpini e subalpini, in vicinanza di ghiaioni, pietraie e radure boschive.
Gli odonati
Gli odonati sono quegli insetti che noi comunemente chiamiamo libellule. In tutto sono circa 5.000 specie a livello mondiale anche se InNat specifica come “in realtà l’ordine sia diviso in due sottordini: gli Anisotteri (o libellule in senso stretto), la cui caratteristica sono le ali sempre distese in posizione orizzontale; gli zigotteri (o damigelle), la cui caratteristica sono le ali tenute chiuse in posizione di riposo”. L’odonato più segnalato in Italia fino ad oggi è stato l’Oxygastra curtisii, detto anche Smeralda di Fiume.
Le segnalazioni di questa libellula non sono molte, sia per l’habitat in cui si trova, la specie si rinviene normalmente fino a circa 500 m di quota, principalmente in ambienti di acqua corrente ricchi di vegetazione ripariale, in particolare con presenza di Ontano Nero (Alnus glutinosa), sia per la difficoltà nell’essere vista. Sono comunque 21 le segnalazioni confermate dagli esperti e si distribuiscono principalmente nel nord ovest dell’Italia con due piccole segnalazioni in Campania.
Gli ortotteri
Sono solo due gli ortotteri che è possibile segnalare nel progetto InNat: il Brachytrupes megacephalus e il Saga pedo. Del primo, fino ad oggi, abbiamo solamente due segnalazioni che ci arrivano dalla punta a sud della Sicilia e da quella a sud-ovest della Sardegna.
Anche in questo caso la motivazione delle due zone precise di rilevamento è presto detta: “il Brachytrupes megacephalus vive nei terreni sabbiosi della fascia retrodunale costiera di Sicilia (qui presente anche in ambienti sabbiosi più interni), Isole Eolie, Linosa e Sardegna meridionale. In questi terreni sabbiosi, gli individui possono scavare le loro tane (gallerie). Durante il periodo primaverile (marzo-maggio), all’imbrunire il maschio emette potenti canti in prossimità dell’entrata della tana, per richiamare le femmine all’accoppiamento (i canti durano per circa un’ora, e possono attrarre fino a due femmine alla volta). Il foro d’entrata è caratteristico e quello scavato dai maschi possiede un piccolo slargo che serve ad amplificare il suono prodotto. Dopo l’accoppiamento la femmina è segregata in un ramo secondario del tunnel principale della tana del maschio, per l’ovideposizione. All’imbocco del tunnel si trovano anche caratteristici coni di sabbia (utili quindi per accertare in modo indiretto la presenza della specie), alti fino a 15 cm, che il maschio produce a seguito dell’attività di scavo. Dopo l’ovideposizione, le femmine abbandonano la tana scavando una nuova tana. Al termine della stagione riproduttiva, gli adulti muoiono mentre i giovani compaiono verso giugno. Complessivamente, il ciclo biologico della specie dura un anno”. È un grillo che, a vedere la foto inserita nella scheda del progetto, è decisamente inconfondibile arrivando a misurare anche 31-38 mm per i maschi e 33-40 mm per le femmine.
Saga pedo, detta anche Cavalletta Stregona Dentellata, invece è stata segnalata 19 volte, nove delle quali in Puglia. È il più grande ortottero europeo, è abbastanza riconoscibile ed è presente in tutta la penisola, isole comprese.
I crostacei
L’ultima specie animale segnalabile nel progetto InNat è quella dei crostacei. I dati, in questo caso, non sono molti con sole 31 segnalazioni dell’Austropotamobius pallipes, cioè quello che più comunemente chiameremmo gambero di fiume. È presente in tutte le regioni d’Italia ad esclusione della Sicilia e vive ad altitudini comprese tra 350m e 800-1000m (occasionalmente anche quote più elevate), ricche di carbonati di calcio, non inquinate e scarsamente soggette a variazioni di portata. Necessità della presenza, all’interno dell’alveo, di aree con rifugi costituiti da radici, vegetazione, rocce e ciottoli. Uno dei motivi delle poche segnalazioni potrebbe anche essere il fatto che questa specie è ad attività crepuscolare-notturna.
Riconoscere, fotografare e segnalare le specie che abbiamo fin qui visto non è una cosa banale. Necessita di studio, e su questo il progetto InNat ha reso disponibili delle schede estremamente chiare e dettagliate per ogni specie, e di grande passione. I dati del progetto non sono così risicati, segnale che la citizen science è una pratica tanto interessante per il cittadino quanto utile allo scopo scientifico del progetto. Riuscire poi a comunicare man mano i risultati di questo processo è fondamentale sia per dare un feedback a chi partecipa, che per rilevare anomalie o criticità nel progetto stesso. InNat è un esempio lampante di ciò che abbiamo detto fino ad ora, sia dal punto di vista dell’interazione tra cittadino e scienza che da quello prettamente comunicativo.
La scienza, come oramai ogni settore, necessita di fare una comunicazione chiara e diretta e, ancor più importante, è farlo in progetti di citizen science. Divulgare i risultati, essere aperti alle critiche di chi partecipa come cittadino, e quindi di fatto è parte stessa del progetto scientifico, è pratica importante ed utile. Riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia con i cittadini significa anche riuscire ad avere una base ancora più ampia e solida su cui strutturare il progetto scientifico. L’analisi dei dati prodotti poi, sempre anche per capire come mirare eventualmente un’attività di comunicazione. Abbiamo visto che una delle poche criticità del progetto InNat è proprio quella di non essere così presente in alcune zone d’Italia, rappresentare i dati e renderli disponibili alla comunità serve anche a provare a ridurre tali lacune.