In Italia, il 23% delle persone ha un livello inadeguato di alfabetizzazione sanitaria, un parametro che serve a misurare la capacità di un individuo o di un gruppo sociale di comprendere le comunicazioni istituzionali e non che riguardano la salute, saper cercare informazioni mediche su internet ed essere in grado di interagire con il personale medico-ospedaliero.
Ebbene, secondo i risultati dell’Health Literacy Survey 2019, l’ultimo report condotto dall’M-POHL (il network internazionale dell’OMS che si occupa di monitorare questa competenza tra la popolazione europea), nel nostro continente troppi cittadini e cittadine non sono sufficientemente in grado di capire, interpretare e valutare informazioni di carattere medico che riguardano quindi la tutela della salute, i trattamenti sanitari, e la prevenzione e la gestione dei problemi di salute fisici e mentali.
Il sondaggio ha raccolto le esperienze di 42.445 persone provenienti da 17 paesi europei. Per quanto riguarda l’Italia, su un totale di 3500 persone intervistate, il 23% ha dimostrato di avere un livello di alfabetizzazione sanitaria “inadeguato”, mentre il 35% “problematico”. Questi dati evidenziano una situazione mediamente al di sotto della media europea e riflettono anche un divario di alfabetizzazione sanitaria tra la popolazione a scapito delle persone con un livello di istruzione più basso o con uno status socio-economico svantaggiato.
(Health literacy is defined as the capability of an individual to
— WHO/Europe (@WHO_Europe) October 4, 2021
✅access,
✅understand,
✅appraise, and
✅use health-related information.
Limited #healthliteracy can have significant consequences for people's health.
(1/3) pic.twitter.com/zKhadDG8hh
Negli ultimi decenni, l’alfabetizzazione sanitaria è diventata progressivamente oggetto di grande interesse da parte dei governi e delle istituzioni che si occupano della tutela della salute globale, in primis l’OMS. Per individuare gli strumenti migliori per gestire e agevolare la comunicazione in materia di salute, è infatti necessario analizzare quei molteplici fattori che influenzano l’accesso, la comprensione, la valutazione e l’utilizzo di informazioni che provengono da fonti differenti.
“L’alfabetizzazione sanitaria è per certi versi una competenza che si inserisce nell’alfabetizzazione generale (che implica, sostanzialmente, la capacità di leggere e interpretare testi scritti e saper fare calcoli matematici basilari) ma, allo stesso tempo, se ne differenzia”, spiega Guglielmo Bonaccorsi, professore al dipartimento di scienze della salute all’università di Firenze e direttore della Scuola di specializzazione in igiene e medicina preventiva dello stesso ateneo. “La storia dell’alfabetizzazione sanitaria inizia con gli studi di Robert Simmons negli anni Settanta, periodo in cui si cominciava a capire quanto fosse importante, per le persone, non solo essere in grado di leggere un testo sanitario ma anche saper applicare le informazioni contenute in quel testo per la propria salute e per quella degli altri. Nel 2006, l’Europa si dotò di un primo documento, intitolato The solid facts e pubblicato dall’OMS, in cui si cominciò a codificare il significato di alfabetizzazione sanitaria nel nostro continente.
Attualmente, la definizione più condivisa a livello europeo è quella elaborata da Kristine Sørensen nel 2012. Questa definizione si basa su quattro verbi cardine: accedere e comprendere le informazioni sanitarie, saperle valutare ed essere in grado di applicarle nella vita di tutti i giorni.
Per capire quanto siano preziose queste competenze, basta riflettere alla luce degli ultimi due anni di pandemia, durante i quali ci siamo trovati in una situazione spesso complicata dall’infodemia e in cui la capacità di accedere, valutare e applicare le informazioni sanitarie era di fondamentale importanza sia per le persone, sia per le reti sociali.
Il report condotto da M-POHL aveva l’obiettivo di misurare sia l'alfabetizzazione sanitaria della popolazione, sia quella delle organizzazioni preposte che devono essere in grado di interpretare e capire i bisogni delle persone che accedono ai servizi sanitari e dare loro una risposta adeguata. Per la prima volta, anche l’Italia ha partecipato alla ricerca, per la quale la raccolta dei dati è cominciata nel 2019. Si tratta quindi di un confronto importante per sondare il livello di alfabetizzazione sanitaria tra i diversi paesi. Eppure, dobbiamo interpretare con cautela questi risultati che suggeriscono che nel nostro paese il livello di alfabetizzazione sanitaria sia più basso rispetto alla media europea. Ai 3500 partecipanti è stato chiesto di compilare un questionario per misurare la loro general health literacy, ovvero l’alfabetizzazione sanitaria generale, esprimendo delle valutazioni che andavano da “molto difficile” a “molto facile” per ogni domanda. Si tratta, quindi, di uno strumento di misura soggettiva che può risentire di tutti quei diversi fattori personali, sociali, demografici ed economici che possono influenzare le persone nell’esprimere la propria opinione”.
Non dobbiamo dimenticare che la promozione dell’alfabetizzazione sanitaria è anche un’esigenza democratica, perché la capacità di comprendere, valutare e applicare le informazioni sanitarie mette i cittadini e le cittadine nella condizione di godere pienamente del proprio diritto alla salute e di agire attivamente nell’interesse privato e collettivo.
“Possiamo considerare l'alfabetizzazione sanitaria individuale sul piano delle cosiddette soft skills”, osserva il professor Bonaccorsi. “Si tratta infatti di un set di competenze che rende una persona in grado di procacciarsi le informazioni corrette sia sul versante della prevenzione e della promozione della salute, sia su quello assistenziale e della cura. In altre parole, se un individuo possiede un alto livello di alfabetizzazione sanitaria, è in grado di decodificare al meglio ciò che gli viene comunicato dai servizi sanitari.
Esiste un celebre esempio paradigmatico sull'alfabetizzazione sanitaria individuale. Si tratta di un caso accaduto negli Stati Uniti in cui a un cittadino di origine ispanica viene prescritto un trattamento contro l’ipertensione da effettuare once a week. Il cittadino però interpreta male la prescrizione, perché legge: “undici volte a settimana” (dato che once, in spagnolo, significa proprio “undici” e non “una volta” come in inglese). Infatti, poco tempo dopo, il paziente ritorna in pronto soccorso con uno shock ipotensivo. Insomma, esiste sempre un margine di incertezza nell'interpretazione dei documenti sanitari che maneggiamo tutti i giorni e questo può causare delle conseguenze anche gravi sulla salute.
Esiste poi la sfera della Public health literacy, ovvero dell’alfabetizzazione sanitaria pubblica, che coinvolge quindi intere reti sociali. Pensiamo, ad esempio, ai casi di anziani con decadimento cognitivo cronico. Queste persone possono continuare a godere di un livello di salute accettabile se si trovano in una condizione di fragilità compensata, ovvero quando la loro rete di contatti formali e informali è in grado di trovare al posto loro le informazioni sanitarie e gestire per loro l'organizzazione degli appuntamenti con il medico, l’acquisto delle medicine, l'igiene personale e così via.
Per quanto riguarda invece l’alfabetizzazione sanitaria a livello politico, questa è fondamentale perché avere organizzazioni alfabetizzate ci consentirebbe di non fare discriminazione tra i cittadini e soprattutto di prendere in carico le persone sulla base del loro bisogno e non della loro capacità di esprimere quel bisogno o di interpretarlo. Questo è un obiettivo che va perseguito anche dai decisori politici, perché un’organizzazione alfabetizzata e aperta, in cui i cittadini possono accedere ai servizi sanitari certi di trovare risposte, consente anche un contenimento dei costi e degli accessi non necessari al pronto soccorso, che spesso è l’unico luogo in cui un cittadino sa di potersi rivolgere per ottenere una risposta chiara e per la quale è disposto ad attendere anche molte ore”.
Il professor Bonaccorsi è anche autore, insieme alla professoressa Chiara Lorini, di un capitolo sull’alfabetizzazione sanitaria e la comunicazione dell’incertezza pubblicato nel volume Comunicare Ambiente e Salute (Edizioni ETS) dedicato al lavoro di Pietro Greco. In questo testo si parla anche di alfabetizzazione sanitaria ambientale, espressione usata per descrivere la consapevolezza, da parte dei cittadini e delle cittadine, che le condizioni dell’ambiente in cui vivono possono avere un impatto importante sul loro stato di salute.
“L'alfabetizzazione sanitaria ambientale è un settore di ricerca piuttosto attuale, nonostante l’ambiente esista da sempre e abbia da sempre influenzato la vita di tutti noi”, osserva il professore. “È necessario sottolineare la relazione tra ambiente e salute anche sul piano comunicativo per rendere le persone coscienti e consapevoli che abbiamo un solo pianeta e un solo ambiente e dobbiamo essere in grado di mantenerlo in condizioni decenti: le risorse infatti, non sono infinite, anche (ma non solo) a causa dell'aumento demografico. Sviluppare una coscienza ambientale non è solo una scelta etica, ma un valore obbligato per ciascuno di noi.
Quando parliamo di alfabetizzazione sanitaria ambientale dobbiamo considerare non soltanto l'impatto che hanno la popolazione e i processi antropici su aria, acqua e suolo, ma anche l’effetto protettivo o distruttivo che possono avere determinati comportamenti individuali sulla nostra salute, oltre che sull’ambiente (pensiamo ad esempio ai sistemi di raccolta rifiuti o al seppellimento di rifiuti radioattivi o pericolosi in vicinanza di falde acquifere in alcune zone dell’Italia). L’alfabetizzazione sanitaria ambientale è quindi una dimensione fondamentale del vivere civile di ciascuno di noi e che può essere definita come la capacità di un individuo o di un gruppo di individui di agire consapevolmente per mantenere l’ambiente sano”.
“ La HL è un set di abilità cognitive e sociali che può essere sviluppato attraverso l’informazione e l’educazione alla salute. […] Non dipende solo dalle abilità cognitive (fattori individuali), ma anche dall’esposizione a differenti forme di comunicazione “L’alfabetizzazione sanitaria e la comunicazione dell’incertezza”, G. Bonaccorsi e C. Lorini in “Comunicare, ambiente e salute” F. Bianchi, L. Cori, S. Re, L. Carra (a cura di), Edizioni ETS 2021
Nel capitolo di cui il professor Bonaccorsi è coautore viene sottolineato il fatto che per aumentare il livello medio sia dell’alfabetizzazione sanitaria in generale sia di quella ambientale è necessario non solo investire nella formazione dei singoli individui, dando quindi alle persone gli strumenti per capire e valutare le informazioni medico-sanitarie, ma anche migliorare la comunicazione istituzionale e mediatica che riguarda la salute.
“Ci troviamo in un momento storico in cui è fondamentale difendere la democrazia dell’informazione”, riflette il professore. “Il rischio, però, è spesso quello di ritrovarci sommersi nella pletora dell’informazione. Ecco perché migliorare il nostro livello di alfabetizzazione sanitaria generale ci permette di distinguere la buona comunicazione da quella cattiva, cosa che, come abbiamo avuto modo di osservare in questi due anni di pandemia, non è mai facile.
Consideriamo anche che raramente chi lavora nella ricerca scientifica viene istruito a comunicare. Ci sono alcuni scienziati e alcune scienziate che sono più abili a rivolgersi al pubblico e altri che, nonostante l’eccellenza nel loro campo di studio, non sono in grado di comunicare i risultati scientifici e il loro valore e significato alla popolazione. Pensiamo, ad esempio, all’Olanda, dove la comunicazione istituzionale sui terremoti che spesso affliggono il territorio viene fatta pubblicamente da uno psicologo di stato, che per sua formazione professionale è verosimilmente più capace di rivolgersi alla popolazione civile. La comunicazione istituzionale dovrebbe forse diventare una disciplina vera e propria che potrebbe legarsi, tra l’altro, alla teoria dei nudge e “delle spinte gentili” verso comportamenti vantaggiosi per la comunità.
Oltre a questo, sarebbe anche necessario eliminare un po' del rumore di fondo di quei messaggi contrastanti, talvolta urlati, che spesso impediscono una buona informazione scientifica. In alcuni casi, gli scienziati dovrebbero imparare a mettere un po’ da parte l’ego e rendere la comunicazione più chiara e accessibile per la popolazione, in modo tale che le persone possano fare scelte consapevoli e capire davvero in che modo devono agire per tutelare la loro salute”.
Anche nel report M-POHL vengono suggerite alcune strategie da impiegare a livello nazionale e internazionale per fare sì che la prossima indagine sui livelli di alfabetizzazione sanitaria in Europa, in programma per il 2024, dia risultati più incoraggianti. Queste strategie comprendono un monitoraggio assiduo dei livelli e dei progressi di alfabetizzazione sanitaria della popolazione, un’attenzione alle competenze di health literacy nelle scuole o nei corsi di formazione per gli adulti, una considerazione maggiore dei gruppi di popolazione che in media presentano un tasso di alfabetizzazione sanitaria più basso e il potenziamento dei sistemi e delle organizzazioni sanitarie per rendere più accessibile la ricerca su internet e migliorare la qualità delle informazioni.