Qualcuno dice che il PNRR di oggi è simile al piano Marshal americano: un grande piano di investimenti per rilanciare l’economia di un Paese, anche finanziando la ricerca scientifica.
E, parlando di politica, mi è venuta l’idea di farvi il discorso di campagna elettorale che nessun politico vi farà mai.
Care elettrici e cari elettori, le evidenze scientifiche sono chiare: gli indicatori sul riscaldamento globale e sulla perdita di biodiversità stanno peggiorando. Le emissioni di gas serra non diminuiscono e la transizione ecologica prosegue troppo lentamente.
Le più importanti riviste scientifiche hanno calcolato che ormai sarà impossibile rispettare gli accordi di Parigi e che servirebbero nuove negoziazioni internazionali.
L’Italia è il Paese con la più alta biodiversità d’Europa, ma anche quello tra i più esposti ai cambiamenti climatici. Se vogliamo prendere sul serio i dati scientifici, dobbiamo dire che l’Italia assisterà alla regressione progressiva dei ghiacciai alpini, a prolungate siccità interrotte da violente precipitazioni, fenomeni atmosferici estremi, alla tropicalizzazione del clima, alla desertificazione del sud, all’innalzamento dei mari, agli incendi, all’aggravamento del dissesto idrogeologico, alla migrazione di piante e animali, all’arrivo di molti altri processi naturali per noi sgradevoli e che non rispettano i tempi di una campagna elettorale. Tutto ciò implica che dovremo affrontare costi economici e sociali molto alti.
La politica dovrebbe proporre una visione di società futura, una prospettiva lungimirante di bene comune. Per affrontare la crisi climatica, dobbiamo adattarci alle sue dinamiche già in corso e provare a mitigarne gli effetti peggiori. Dovremmo sposare una politica della prevenzione: spendere e investire, oggi, per non pagare un costo più salato, domani.
Per un po’ ci accorgeremo di questi processi saltuariamente, perché per molti di noi il problema essenziale sia trovare quello che ci serve al supermercato. E per un po’ lo troveremo, ma costerà ancora più caro. Normale: questi prodotti sono fatti spesso con risorse non rinnovabili, sempre più scarse e più care, al netto delle speculazioni.
Alcuni vi diranno che basterà introdurre correttivi su prezzi e bollette. Ma sono solo palliativi. Altri vi diranno che è una calamità. Ma non è una calamità: è la normalità del futuro.
Altri ancora ci proporranno soluzioni tecnologiche miracolose e molto costose, quando le tecnologie per la transizione ecologica ci sono già.
Bisognerà cambiare il modello di consumo, sviluppo, di trasporto, di commercio, azzerando le emissioni e cambiando le colture agricole. Non sarà una passeggiata.
Saranno i più deboli a pagare di più le conseguenze. Quindi, chi ha di più, si prepari ad aiutare chi ha di meno.
Anziché invocare il mantra della crescita a tutti i costi, dovremmo redistribuire le ricchezze e fare in modo che la difesa dell’ambiente diventi un impegno popolare e trasversale a tutte le forze politiche. Dovremo ridurre i consumi non essenziali e abbattere le forme di spreco, a partire dall’acqua. Sarà proibito qualsiasi ulteriore consumo di suolo e un terzo del territorio italiano sarà sottoposto a tutela ambientale, così come previsto dagli accordi internazionale e come stabilisce l’articolo 9 della nostra Costituzione.
Ogni legge futura dovrà rispettare il principio costituzionale di difesa degli interessi delle future generazioni che non hanno colpe per quello che sta accadendo.
Anche per questo, ve lo dicono tutti, dovremmo investire nella formazione, nella ricerca, nella formazione di base, nell’innovazione per rendere questa traversata nel deserto un’occasione di sviluppo e di progresso. Ma gli effetti di queste misure non si percepiranno durante la prossima legislatura e nemmeno per la successiva: non possiamo promettere che tutti starete meglio e subito. Serve pazienza e un pensiero politico largo e lungo, come di chi ha costruito le cattedrali senza vederle concluse. Non ci sono scorciatoie: l’uscita dalla crisi climatica e sociale è la nostra cattedrale.
Ecco, questo è il discorso che non sentiremo mai durante questa campagna elettorale, sinceramente un po’ desolante. Per dirla da evoluzionista: la prima preoccupazione di questa classe politica attuale non è la sopravvivenza del pianeta, della specie, dell’ambiente, ma di sé stessa, al riparo in qualche collegio elettorale sicuro.