Un esemplare di kiwi. Foto: Contrasto
Sulla rivista scientifica Plos One è uscita una notizia che riguarda – dopo i castori e i dugonghi – un altro dei miei animali preferiti: il kiwi. È un uccello endemico della Nuova Zelanda con caratteristiche molto particolari: tasso metabolico molto lento, non hanno la percezione dei colori, non volano, sono longevi e notturni.
In questo articolo scientifico ci sono indizi per cui un loro cugino, estinto, era il mitico uccello elefante del Madagascar. Di conseguenza, i kiwi sarebbero arrivati in Nuova Zelanda non a seguito della separazione tra Nuova Zelanda e Australia, ma volando attraverso l’oceano in un vero sforzo di migrazione.
Poi, arriviamo noi esseri umani – predatori numero uno – portando capre, roditori e piccoli mammiferi e facendo rischiare l’estinzione dei kiwi. Ufficialmente sono cinque le specie rimaste (ancora fortemente minacciate) e nello studio è stato effettuato il loro albero genealogico con i rapporti filogenetici.
Purtroppo, il livello di diversità genetica è molto basso e questo rappresenta un collo di bottiglia, di una forte riduzione dovuta a fattori ambientali, ma soprattutto di natura antropica. Infine, c’è la storia demografica della specie: come in passato ci siano stati aumenti e diminuzioni della popolazione, plasmante – probabilmente – dalle eruzioni vulcaniche.
È un lavoro molto interessante che riguarda sì una specie lontana da noi ma emblematica per il tema delle estinzioni, della conservazione e della biodiversità.