L'aereo della flotta Ryanair dirottato in Bielorussia. Foto: Reuters
Se c’è una cosa che Alexander Lukashenko proprio non tollera è il dissenso: tutto quel chiasso, quel vociare in piazza contro il “regime”, quelle grida che da oltre un anno, in ogni angolo della Bielorussia, continuano a levarsi sempre più alte, sempre più fastidiose. Perciò l’intramontabile leader (è presidente dal 1994, con metodi non sempre limpidi) è assolutamente determinato a chiudere la bocca ai suoi oppositori. Anzitutto fisicamente, vale a dire disponendo arresti a tappeto e torture per i più ostinati. Oppure togliendo “spazio” al dissenso. Vietando le pubbliche proteste, schierando carri armati, scoraggiando i più impavidi con lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, e chiudendo tutte le fonti di libera informazione: giornali, tv, blog, social. Pensiero unico e tutti a cuccia. Chi può scappa e continua a gridare dall’esilio, come la leader dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, fuggita in Lituania con i figli dopo l’arresto di suo marito, Serghei Tikhanovsky, un blogger che aveva tentato di candidarsi contro Lukashenko. O come Roman Protasevich, 26 anni, giornalista e attivista, fondatore del principale organo di informazione indipendente del paese, Nexta, e tra i più noti oppositori di Lukashenko: dunque un pericolo, un’altra bocca da chiudere.
I servizi segreti bielorussi (che si chiamano Kgb, nostalgia di un passato che potrebbe tornare) l’hanno intercettato domenica scorsa ad Atene, mentre s’imbarcava con la sua fidanzata (una studentessa russa di 23 anni, Sophia Sapega) su un volo Ryanair diretto a Vilnius, in Lituania dopo due settimane di vacanza trascorse in Grecia. La storia è nota: gli stessi servizi bielorussi fanno scattare un falso allarme bomba («è opera di Hamas che vuol minacciare l’Europa per il suo sostegno a Israele» hanno detto, una scusa talmente puerile che in altre circostanze avrebbe fatto sorridere), un caccia bielorusso affianca in volo l’aereo passeggeri (126 persone a bordo) poco prima dell’atterraggio a Vilnius e lo costringono a virare verso l’aeroporto di Minsk. Protasevich e la fidanzata vengono arrestati. L’ordine sarebbe arrivato da Lukashenko in persona. Sette ore più tardi, quando il volo Ryanair volo FR4978 ottiene il permesso di decollare per Vilnius, al termine dei controlli di rito (ovviamente senza che alcun ordigno sia stato trovato e sempre scortato dal Mig-29), a bordo mancano 5 persone: i due arrestati e i tre agenti del Kgb che lo scortavano.
Sanzioni economiche e “no-fly zone”
La vicenda, com’è ovvio, ha scatenato reazioni vibranti. L’Unione Europea ha disposto una “no-fly zone” sulla Bielorussia per i voli dell’Ue e il blocco dell’operatività, sempre sul territorio dell’Unione, per le compagnie aeree bielorusse (il che avrà pesantissime ripercussioni economiche). «Il dirottamento del volo Ryanair è uno scandalo internazionale, non tolleriamo che si giochi alla roulette russa con la vita dei civili», ha dichiarato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel in apertura della seduta straordinaria. Il presidente lituano, Gitanas Nauseda, ha definito l’azione «senza precedenti e aberrante: un atto di terrorismo contro la comunità europea». Il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, ha parlato di «fatti di una gravità inaudita», chiedendo l’immediato rilascio di Protasevich e della compagna. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha annunciato l’immediato congelamento di 3 miliardi di euro di investimenti già destinati alla Bielorussia. Tutti gli ambasciatori bielorussi in Unione Europea sono stati convocati per esprimere la condanna “dell’inammissibile passo compiuto dalle autorità bielorusse”. Anche il presidente americano Joe Biden ha condannato «l’oltraggioso dirottamento», schierandosi a favore delle sanzioni stabilite dall’Ue. Ma escludendo, come ha dichiarato la portavoce Jen Psaki, un diretto coinvolgimento della Russia nell’operazione.
Da Mosca arriva la richiesta di una «valutazione sobria» su quanto accaduto, ma anche “rammarico” per la decisione dell’Ue di chiudere lo spazio aereo: «E’ molto costoso per qualsiasi compagnia aggirare il territorio di un paese piuttosto grande situato nel centro dell'Europa», ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Poco prima la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, aveva scritto sulla sua pagina Facebook un post meno diplomatico: «È scioccante che l’Occidente consideri “scioccante” l’incidente nello spazio aereo bielorusso», ricordando che i Paesi occidentali sono stati in passato «colpevoli di rapimenti, atterraggi forzati e arresti illegali». Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che si è trattato di «un pericoloso incidente che deve essere esaminato da un’inchiesta internazionale». L’amministratore delegato di Ryanair, Michael O’Leary, ha condannato l’accaduto definendolo, senza tanti giri di parole, «un dirottamento di Stato». «Non potevamo immaginare che questo regime avrebbe compiuto un atto del genere, mettendo in pericolo la vita di centinaia di passeggeri, solo per rapire una persona», ha commentato da Vilnius Svetlana Tikhanovskaya. «Non abbiamo mai nemmeno pensato alla sicurezza: eravamo assolutamente sicuri di essere al sicuro».
Lukashenko tra le braccia di Putin: «Reagiremo»
Perfino il dittatore Lukashenko ha ritenuto di dover intervenire, durante un incontro con alcuni parlamentari, come riportato dall’agenzia di stampa statale Belta: «Come avevamo previsto, i nostri nemici malvagi dall’esterno e persino dall’interno del paese hanno cambiato i loro metodi, varcando i confini del buon senso e della morale umana. Gli attacchi contro la Bielorussia hanno superato una linea rossa». Nel dettaglio, il dittatore sostiene che la Bielorussia «ha agito legalmente per proteggere la vita delle persone a bordo», definendo «una bugia assoluta» la circostanza che il Mig-29 sia intervenuto allo scopo di catturare il dissidente. Per poi minacciare: «Reagiremo con durezza alle sanzioni». Paolo Magri, vicepresidente dell'Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), ha così commentato: «Stavolta Lukashenko l’ha fatta grossa. Ma le sanzioni imposta dall’Europa rischiano di spingere ancor più la Bielorussia tra le braccia di Mosca». Venerdì 28 maggio, a Sochi, il presidente bielorusso incontrerà Vladimir Putin. Che gli dirà come comportarsi. «La Russia è ben contenta che i legami tra Europa e Bielorussia siano stati interrotti», sostiene Fiona Hill, esperta di Russia, ex funzionario del Dipartimento di Stato americano. «Perché questo significa che Lukashenko e la Bielorussia dipendono interamente dalla Russia. E’ l’ultimo alleato rimasto e non possono più farne a meno».
Roman Protasevich è ricomparso in un video 24 ore dopo l’arresto, con il volto tumefatto dalle carezze dei suoi carcerieri, solo in parte mascherato dal fondotinta, per una confessione chiaramente imposta. «Mi trovo nella struttura di detenzione preventiva n° 1 a Minsk e posso affermare di non avere problemi di salute, incluso il cuore o qualsiasi altro organo», dice il dissidente parlando rapidamente, mani intrecciate e sguardo fisso verso la telecamera. «L’atteggiamento del personale qui è il più corretto e conforme alla legge. Continuo a collaborare con l’indagine e confesso il fatto di aver organizzato disordini di massa a Minsk». Il reato di organizzazione di disordini di massa potrebbe costargli una condanna fino a 15 anni di prigione. Ma secondo la leader dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, il giovane attivista è accusato addirittura di “attività terroristica”. Se con questa accusa fosse portato davanti a un tribunale, rischierebbe la pena di morte. «Probabilmente è stato torturato», ha aggiunto Tikhanovskaya. «Siamo davvero preoccupati, non solo per la sua libertà ma per la sua vita». Secondo il presidente americano Biden quel video è una "vergognosa aggressione sia al dissenso politico sia alla libertà di stampa».
Le “confessioni” pericolose
Anche la compagna di Protasevich, Sophia Sapega, studentessa di giurisprudenza presso la European Humanities University in Lituania, è stata interrogata e arrestata «come misura preventiva per aver commesso un reato», ha riferito alla Bbc il suo legale, Alexander Filanovich, che nemmeno sa di quale reato sia accusata la ragazza, in base a un accordo “di non divulgazione dei segreti dell’indagine”. Il canale Telegram filogovernativo Yellow Plums ha diffuso un breve video nel quale la ragazza, che appare in discrete condizioni di salute, “confessa” con tono cantilenante, quasi a sottolineare la “recitazione di un testo altrui”, di aver lavorato per un canale di social media (“Black book of Belarus”) che in passato ha pubblicato dati personali di alcuni dipendenti del governo (e questo è un reato). La detenzione preventiva, nell’apposito centro del Kgb a Minsk, è stata fissata in due mesi. Poi si vedrà.
Intanto Amnesty International ha lanciato una Azione Urgente, con la richiesta ai propri attivisti e simpatizzanti di sottoscrivere un modulo nel quale si chiede al Procuratore generale della Repubblica di Bielorussia, Andrei Shved, il rilascio immediato di Roman Protasevich (giornalista, non terrorista) e della sua compagna. «Il loro arresto è arbitrario e illegale», ha sostenuto Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale. «Dati i modelli di violazione dei diritti umani attuati da parte dei servizi segreti bielorussi, siamo seriamente preoccupati che la salute e la vita di Roman Protasevich siano in pericolo. Crediamo che la sua compagna Sophia Sapega, cittadina russa, sia stata arrestata solo per esercitare ulteriori pressioni su Roman». La Belarus Women’s Foundation, che pubblica in home page una carrellata di volti e di storie di donne finite nelle mani del regime, ha diffuso le cifre della repressione attuata in questi anni da Lukashenko: 35mila gli oppositori politici finiti in carcere, 258 i prigionieri politici (per aver commesso “reati” ideologici, 7 dei quali sono morti durante la detenzione. E la situazione potrà soltanto peggiorare: pochi giorni fa il dittatore ha firmato la legge che consente alla polizia bielorussa di usare armi da fuoco contro i manifestanti. Ekaterina Ziuziuk, presidente dell'Associazione bielorussi in Italia, è ancora incredula per quanto accaduto: «Questa è la dimostrazione che il regime di Lukashenko non si fermerà davanti a nulla. Si sente impunito e fa quello che vuole. O meglio, quello che vuole lo faceva già prima all’interno dei suoi confini in Bielorussia: la novità oggi è che questa prepotenza e questa violenza esce da quei confini e può farlo impunemente». Con la minacciosa presenza, sullo sfondo, del Cremlino.