Un maggio così freddo non si vedeva da tempo e un’anomalia di questo tipo non poteva di certo passare inosservata. Le discussioni si sono fatte particolarmente accese nel momento in cui svariati quotidiani nazionali si sono espressi in termini quanto meno discutibili rispetto a temperature insolitamente basse e precipitazioni consistenti, indicandole come prove di un riscaldamento globale attorno al quale ci sarebbe un allarmismo ingiustificato. “Le informazioni divulgate su alcune testate sono scientificamente sbagliate se non folli”,afferma Sandro Fuzzi, ricercatore presso il CNR di Bologna. Nonostante si abbia la sensazione che i casi di disinformazione sopra citati siano solo un tentativo grossolano di attirare l’attenzione, va comunque chiarito che certe affermazioni derivano dalla mancata capacità di distinguere concetti semplici ma fondamentali quali meteo e clima: come ci spiega Fuzzi, la meteorologia analizza i fenomeni atmosferici giorno per giorno o comunque nel breve periodo con previsioni che hanno validità in uno spazio di 7-10 giorni; nel caso del clima si parla invece di variazioni misurabili anche su scale di secoli. Appare dunque evidente che non basta un maggio freddo in Europa a smentire il fenomeno del riscaldamento globale.
“L’abbassamento delle temperature di circa 2°-3° rispetto alla media stagionale è da ricondurre a un mancato stabilirsi dell’alta pressione come avviene in Europa in questo periodo” prosegue Fuzzi, chiarendo che si tratta di una situazione già verificatasi nel 1991 e nel 1984 e che sarebbe quindi opportuno ridimensionare una condizione sì insolita, ma di certo non così eclatante. Non va infatti dimenticato che il 2018 è stato uno degli anni più caldi dal 2000 in avanti (+1° rispetto alla media secolare).
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Rispetto al cambiamento climatico si era pronunciato in modo controverso anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel corso di un’intervista al Washington Post nel novembre 2018, sostenendo di non credere all’impatto dell’uomo sui cambiamenti climatici e neppure all’opinione degli scienziati in merito all’argomento. Affermazioni di questo tipo risultano oltremodo spiazzanti, ma fanno capire come a livello di istituzioni globali ci sia ancora una scarsa o comunque non sufficiente attenzione riguardo a tematiche così delicate. Fuzzi sostiene infatti che la percezione del problema sia molto più concreta e puntuale tra i cittadini piuttosto che all’interno degli organi politici, colpevoli di non aver messo in atto i provvedimenti necessari a raggiungere gli obiettivi stabiliti nel 2015 con l’accordo di Parigi in sede ONU, soprattutto nel cruciale settore dell’energia. L’Italia si è mossa in questo senso con la recente approvazione del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030, che a detta di Fuzzi “va nel senso desiderato ma in modo insoddisfacente”, evidenziando come non vengano tolti gli incentivi alle fonti fossili quando si potrebbero indirizzare verso le energie rinnovabili. La transizione auspicata si prospetta quindi molto più lenta di quanto si desiderava inizialmente.
Perciò è bene ricordarlo: non saranno tre settimane fredde in più a fermare il riscaldamento globale, ma l’impegno congiunto di cittadini e istituzioni per invertire un processo avviato già da troppo.