Nel corso dell'evoluzione, le dimensioni dei dinosauri sono cambiate. A dispetto di quanto magari si potrebbe pensare, non tutti questi animali si sono evoluti diventando più grandi, come è successo all'iconico T-rex, anche perché non sempre la grandezza rappresenta di per sé un vantaggio in chiave evolutiva. Alcuni dinosauri sono diventati al contrario più piccoli nel corso del tempo ed è singolare notare come anche dinosauri strettamente imparentati abbiano dimensioni molto diverse tra di loro. Fino a questo momento si pensava che tutti i dinosauri più grandi crescessero più velocemente degli altri durante quello che potremmo chiamare il periodo adolescenziale, come succede alla maggior parte degli animali che conosciamo. Un articolo pubblicato su Science non solo smentisce parzialmente quest'ipotesi, ma lo fa anche con un metodo di indagine innovativo. Per capire meglio lo scenario di questa scoperta ci siamo rivolti a Federico Fanti, docente di paleontologia all'università di Bologna e autore del libro A caccia di dinosauri, edito da Rizzoli.
Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Barbara Paknazar
Rispondiamo subito alla domanda iniziale, quella che riguarda il livello di innovatività della scoperta. Fanti ci spiega che quando si studiavano i tempi di crescita ci si concentrava sui singoli animali, un po' come se per studiare il patrimonio genetico di una persona si prendesse in considerazione solo lei. Non è sbagliato, ma è riduttivo: la mancanza di un quadro filogenetico comparativo era un punto debole, e i ricercatori con questo tipo di lavoro lo stanno risolvendo. "Questo studio - dice Fanti - amplia la prospettiva, perché invece di concentrarsi sui singoli animali si lavora con decine e decine di specie in contemporanea, basandosi quindi su un dataset ricchissimo, e così si è scoperto che anche quando le dimensioni sono simili tra dinosauri imparentati tra loro il modo in cui questi animali crescevano poteva essere comunque diverso".
Come si è arrivati a questa scoperta? Il metodo analitico, ci spiega Fanti, è abbastanza semplice: si recuperano i reperti che abbiamo a disposizione e si controlla l'interno delle ossa. È un po' come quando contiamo gli anelli all'interno dei tronchi degli alberi per stabilire la loro età e la velocità della loro crescita: anche in questo caso anelli più vicini indicano una crescita più veloce e viceversa. "Questo studio - chiarisce Fanti - prende i dati di tante ossa esaminate, che sono rappresentativi di un grandissimo numero di dinosauri carnivori. Il risultato è innovativo perché prima di tutto smentisce una teoria piuttosto consolidata, ovvero che il grado di parentela guidasse questo meccanismo di crescita. Inoltre inverte la prospettiva: non è una specie singola a farci comprendere ciò che succede in un grande contesto, ma è il contrario. La regola viene definita su un grande numero di specie imparentate tra loro, e quest'analisi mostra chi ha avuto una crescita molto veloce e chi no".
Ma nella pratica cosa fanno i paleontologi per osservare la crescita dei dinosauri? Fanti ci spiega che si prendono le ossa lunghe di questi animali, e si tagliano in sezioni sottilissime (quanto un capello, per fare un paragone visivo). Successivamente queste sezioni vengono osservate al microscopio per vedere come sono disposti gli anelli di crescita. Se sono vicini e alla stessa distanza significa che gli animali sono cresciuti un po' alla volta in modo continuo, se invece tra un anello e l'altro c'è più spazio significa che in quell'intervallo di tempo l'animale ha accelerato molto la sua crescita.
I ricercatori cosi hanno scoperto che ci sono dei parametri molto più indicativi rispetto all'evoluzione che determinano le modalità di crescita delle varie specie. "Per quanto riguarda i dinosauri carnivori - chiarisce Fanti - c'erano fattori più importanti, come l'ecologia, l'ambiente, la catena alimentare, gli adattamenti di ogni singola specie. In altre parole, quindi, anche se i dinosauri erano evolutivamente molto imparentati tra di loro, ognuno aveva trovato una sua strategia funzionale per crescere".
Tirando le fila del nostro discorso, ora possiamo dire che non tutti i dinosauri che rimangono piccoli hanno avuto la stessa velocità di crescita, come non tutti quelli che diventano grandi lo hanno fatto allo stesso ritmo. Questo è un buon punto di partenza per poter indagare meglio quali fattori determinano precisamente la velocità di crescita dei dinosauri, con un approccio filogenetico comparativo che fino a questo momento non c'era stato.