SCIENZA E RICERCA

Gli oceani saranno sempre più caldi, anche a profondità abissali

Nei prossimi decenni le acque degli oceani potrebbero riscaldarsi a ritmi impressionanti anche nelle profondità abissali, al di sotto dei 4.000 metri, a causa del rallentamento della circolazione antartica che finora ha svolto un ruolo chiave nella regolazione del clima del nostro pianeta.

A rivelarlo è uno studio, pubblicato qualche giorno fa su Nature, che ha fatto affidamento su un modello ad alta risoluzione per comprendere quali cambiamenti potrebbero avvenire negli oceani da qui al 2050 mettendo in guardia dalle relative conseguenze in termini di temperature, presenza di nutrienti nelle acque, innalzamento del livello del mare e capacità di continuare ad assorbire anidride carbonica dall’atmosfera.

La ricerca, condotta da un team internazionale di scienziati guidato dal professor Matthew England, vicedirettore dell’ARC Center for Excellence in Antarctic Science (ACEAS) dell’Università del New South Wales di Sydney, ha messo in evidenza il forte indebolimento del processo che ogni anno porta circa 250 trilioni di tonnellate di acqua gelida ad affondare negli abissi oceanici vicino all’Antartide, per poi diffondersi verso nord grazie a una rete di correnti che si estende negli oceani di tutto il mondo. 

Questa circolazione ribaltata, resa possibile dalla maggiore densità delle masse d’acqua più fredde che sprofondano al di sotto di quelle meno dense, influenza positivamente il clima, il livello del mare e la produttività degli ecosistemi marini, ma i risultati di questo studio indicano che, se le emissioni di gas serra continuano ai livelli odierni, nei prossimi trent'anni rallenterà di oltre il 40%, principalmente a causa di impulsi dovuti alla fusione dei ghiacci dell’Antartide. La densità è infatti determinata non solo dalla temperatura ma anche dalla salinità e l'acqua dolce proveniente dai processi di disgelo sta rallentando la formazione di acqua di fondo fredda e densa, mettendo così in crisi il rimescolamento delle acque superficiali e di quelle profonde.

A contraddistinguere lo studio "Abyssal ocean overturning slowdown and warming driven by Antarctic meltwater” è la presentazione di un modello che "simula accuratamente le interazioni oceano-ghiaccio", come scrive in un articolo di commento, sempre su Nature, Joellen L. Russell, docente del dipartimento di Geoscienze, dell'università di Arizona, non coinvolto nella ricerca. "L'oceano sta cambiando ovunque sia stato misurato e sono necessari modelli numerici per comprendere e riconciliare le osservazioni. È in questo contesto che lo studio di Li e colleghi è così importante e tempestivo", ha aggiunto l'esperto sottolineando anche come le acque profonde dell'oceano possano sembrare lontane dalle preoccupazioni quotidiane ma sono cruciali per la loro influenza sul clima globale. 

Le simulazioni proposte dagli autori di questo studio sono quindi state le prime a esaminare se l'acqua di disgelo dell'Antartide stia causando direttamente o indirettamente l'aumento della temperatura osservato sul fondo dell'oceano: come spiegano gli stessi scienziati in un articolo su The Conversation, la scoperta è stata possibile grazie a una modellazione che ha consentito di escludere che, in quella specifica area, ad influenzare la circolazione e la miscelazione delle acque dell'oceano profondo siano i venti o le temperature e che ha invece mostrato in modo chiaro come a guidare la contrazione dell'acqua di fondo antartica siano i processi di disgelo delle calotte glaciali.

E' utile però ricordare che nel riscaldamento del mare anche i venti hanno un ruolo centrale: è quello che accade, ad esempio, nel Mediterraneo che con i suoi 1.500 metri di profondità si scalda tre volte più velocemente rispetto agli oceani e sta risentendo negativamente della diminuzione delle correnti ascensionali che funzionano come un grande ascensore che fa circolare le acque fredde dai fondali e fino alla superficie, favorendo la distribuzione di nutrimenti fondamentali per molte specie marine. 

"Gran parte dell'oceano abissale si è riscaldato negli ultimi decenni, con le tendenze più rapide rilevate vicino all'Antartide, in uno schema molto simile alle nostre simulazioni del modello", scrivono gli autori, aggiungendo inoltre che "la modellazione prevede anche un indebolimento del 20% della famosa circolazione ribaltante del Nord Atlantico che mantiene mite il clima europeo". 

Nelle remote distese degli oceani che circondano l'Antartide le acque tendono dunque a stratificarsi e le misurazioni fisiche (sebbene limitate, considerando che si sta parlando di un ambiente estremamente difficile da osservare sistematicamente, anche nelle migliori condizioni) "confermano che questi cambiamenti sono già ben avviati". Tenere traccia di come sta cambiando il margine antartico è certamente molto complesso "ma dove esistono dati sufficienti, possiamo vedere chiari segni di un aumento del trasporto di acque calde verso l'Antartide, che a sua volta provoca lo scioglimento dei ghiacci in punti chiave", scrivono  e  su The Conversation, sottolineando che il rapido rallentamento di una delle principali correnti oceaniche profonde globali entro il 2050 potrebbe avere rilevanti effetti a cascata.

Abyssal ocean warming and overturning slowdown driven by Antarctic melt from Matthew England on Vimeo.

Il rischio insomma è che si inneschi un ciclo di feedback che da un lato potrebbe aumentare il calore intorno all'Antartide occidentale, accelerando il tasso di perdita della massa di ghiaccio e favorendo l'innalzamento del livello del mare (che dal 1880 è già salito di oltre 20 centimetri), e dall'altro ridurrebbe anche la capacità dell'oceano di assorbire anidride carbonica, lasciando nell'atmosfera più emissioni di gas serra. "E più gas serra significano più riscaldamento, peggiorando le cose", ricordano gli scienziati. Gli oceani catturano circa un quarto delle emissioni di CO2 che continuiamo a immettere in atmosfera, ma la temperatura delle loro acque è in salita: nel 2022 è stato raggiunto un nuovo record che arriva dopo sette anni di crescita ininterrotta. 

Il rallentamento della corrente ribaltante antartica va ad alterare anche il trasporto di ossigeno e di sostanze nutritive in tutto il mondo. "L'acqua marina ricca di nutrienti si accumulerà sul fondo, cinque chilometri sotto la superficie. Questi nutrienti non riusciranno così a giungere in prossimità della superficie, impedendo il sostenimento della vita marina e danneggiando la pesca", spiega il team di ricercatori che ha condotto lo studio, secondo cui questi stravolgimenti negli scambi di acqua oceanica hanno anche il potenziale di far spostare radicalmente le precipitazioni.

"In passato, queste circolazioni hanno impiegato più di 1.000 anni circa per cambiare, ma adesso sta accadendo in pochi decenni. È molto più veloce di quanto pensassimo", ha affermato Matthew England, coordinatore della ricerca. 

Stefan Rahmstorf, oceanografo e responsabile dell'analisi del sistema terrestre presso il Potsdam Institute for Climate Impact Research, ha affermato in un'intervista al Guardian che il nuovo studio, in cui non era coinvolto, ha mostrato che "nei prossimi decenni è probabile un ulteriore drammatico indebolimento intorno all'Antartide" e ha spiegato che "un rallentamento della corrente oceanica profonda potrebbe anche influenzare la quantità di CO2 che gli oceani profondi sono in grado di trattenere". 

Insomma, i cambiamenti che avvengono negli equilibri degli oceani, anche nelle aree più remote e profonde, ci riguardano molto da vicino e potrebbero alterare il clima e gli ecosistemi del mondo per secoli, con effetti a catena difficilmente arginabili. "I flussi di acqua di disgelo sono direttamente collegati a quanto si riscalda il pianeta, che a sua volta dipende dai gas serra che emettiamo", ricordano gli autori della ricerca. Per limitare i danni la direzione è una sola: tagliare velocemente e significativamente il livello di emissioni di CO2 e portare avanti impegni climatici rigorosi. 

Why are massive ocean currents slowing down? from Australian Academy of Science on Vimeo.

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