SCIENZA E RICERCA

Portatile e senza filtri: un nuovo dispositivo per desalinizzare l'acqua

L’idea di desalinizzare l’acqua di mari e oceani come possibile soluzione per renderla potabile non è nuova. E certamente, considerando che oltre due miliardi di persone al mondo vivono in Paesi con problemi di approvvigionamento idrico e che il 97% dell’acqua presente sul nostro pianeta è salata, non sorprende che da tempo si stia ragionando su come rendere utilizzabile l’acqua marina per bere, lavarsi e cucinare ma anche per l’agricoltura e le attività produttive.

Attualmente gli impianti attivi su larga scala sono oltre 20 mila in tutto il mondo e secondo il Global Water Intelligence di Oxford entro il 2025 il valore complessivo di mercato della desalinizzazione (considerati quindi i diversi metodi con cui questa pratica può essere eseguita) si aggirerà attorno ai 12 miliardi di dollari. Già oggi oltre 300 milioni di persone ottengono acqua dagli impianti di desalinizzazione, dall’Australia al Medio Oriente passando per la California.

Le tecnologie per la desalinizzazione non sono però ancora prive di limiti, legati soprattutto al loro impatto ambientale: da un lato la salamoia che viene reimmessa negli oceani alterando gli ecosistemi marini e dall’altro gli elevati consumi energetici necessari per la lavorazione. A questo va aggiunto il fatto che nelle aree rurali prive di allacci alla rete elettrica i grandi impianti tradizionali non possono entrare in funzione. 

Un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology ha messo a punto un dispositivo innovativo che, per quanto non abbia l'ambizione di risolvere su scala mondiale il problema della scarsità di acqua, può rappresentare un punto di svolta per le aree remote e con risorse limitate, come gli abitanti di piccole isole o sulle navi mercantili marittime. E potrebbe anche essere utilizzato per aiutare i rifugiati in fuga da guerre o disastri naturali.

Il nuovo dispositivo, al quale è stata dedicata una ricerca da poco pubblicata sulla rivista Envirinmental Science & Technology, ha le dimensioni di una valigetta, pesa meno di 10 chilogrammi e genera acqua potabile senza la necessità di filtri o pompe ad alta pressione. L'apparecchiatura richiede meno energia di quella necessaria ad uno smartphone e per questo può essere alimentata anche attraverso un piccolo pannello solare. 

L'aspetto più innovativo del desalinizzatore portatile creato dal team di ricercatori del Mit consiste nel procedimento con cui garantisce acqua potabile: gli scienziati hanno deciso di puntare su una tecnica chiamata polarizzazione della concentrazione di ioni (ICP) su cui il gruppo guidato da Jongyoon Han, professore di ingegneria elettrica e informatica e di ingegneria biologica e membro del Research Laboratory of Electronics, è al lavoro già da una decina di anni.

In questo periodo di tempo i ricercatori hanno lavorato sulla fisica dei singoli processi di desalinizzazione "ma incorporare tutti quei progressi in una scatola, costruire un sistema e testarlo nell’oceano, è stata un’esperienza davvero significativa e gratificante", ha commentato Han quando il dispositivo, dopo precedenti numerosi esperimenti di laboratorio, è stato provato direttamente nell'acqua di Carson Beach a Boston. 

Invece di inserire dei filtri, che periodicamente hanno bisogno di essere sostituiti e finiscono per aumentare i costi di manutenzione, i ricercatori hanno utilizzato delle membrane a cui, grazie alla tecnica della polarizzazione della concentrazione di ioni, viene applicato un campo elettrico che agisce all'arrivo del liquido. Queste membrane respingono le particelle con carica positiva o negativa - comprese le molecole di sale, i batteri e i virus - e le espellono incanalandole in un flusso separato.

Per non rischiare che qualche ione di sale non venga eliminato, e resti quindi all'interno dell'acqua, gli scienziati del Mit hanno introdotto un secondo processo, l'elettrodialisi, con il quale si ha la garanzia di rimuovere l'eventuale quota di sale rimasta. La combinazione ideale delle due tecniche, polarizzazione della concentrazione di ioni ed elettrolisi, è stata individuata attraverso l'apprendimento automatico: la configurazione ottimale include un processo ICP a due stadi, con l'acqua che scorre attraverso sei moduli nel primo stadio, poi attraverso tre nel secondo stadio, seguito da un singolo processo di elettrodialisi. Ciò ha ridotto al minimo il consumo di energia garantendo al contempo che il processo rimanga autopulente. 

A proposito di energia, il prototipo si è dimostrato capace di generare acqua potabile a una velocità di 0,3 litri all'ora con un consumo di 20 Wh/litro: numeri che permettono all'unità di essere alimentata da un pannello solare portatile di piccole dimensioni. 

Il processo automatico di desalinizzazione e purificazione viene fatto partire, spiegano i ricercatori, premendo un semplice pulsante e non appena il livello di salinità e il numero di particelle scendono a soglie specifiche, il dispositivo notifica all'utente che l'acqua è potabile. 

Soddisfacenti sono anche i risultati relativi alla qualità dell'acqua visto che superano gli standard previsti dalle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità. 

Junghyo Yoon, ricercatore del Research Laboratory of Electronics e primo autore dello studio ha spiegato che le attuali nuove sfide sono quelle di rendere il dispositivo ancora più intuitivo e migliorarne l'efficienza energetica. L'obiettivo degli scienziati è anche quello di aumentare il tasso di produzione della nuova tecnologia allo scopo di poterla commercializzare e diffonderne l'uso. Un'altra frontiera su cui vogliono lavorare i ricercatori è quella di rendere il dispositivo utile non solo per la desalinizzazione ma anche per rimuovere eventuali sostanze contaminanti che dovessero essere presenti nell'acqua.

In un video realizzato in occasione della Giornata mondiale dell'acqua del 2021 Yoon ricordava che ogni due minuti un bambino muore a causa di malattie legate all'acqua, per l'inaccessibilità alle fonti idriche o perché quelle a disposizione sono contaminate. Gli impianti di desalinizzazione sono un'ottima soluzione nelle aree urbane dal momento che le città possono contare su maggiori infrastrutture e capitali. Ma, osserva il ricercatore, per le piccole comunità che vivono sulle isole, i lavoratori che operano in aree remote, le persone che devono fronteggiare le conseguenze di catastrofi naturali o i militari impegnati in attività di lungo periodo l'accesso a una fonte sicura di acqua potabile può non essere garantito. 

Nel video si vede Yoon arrivare sulla spiaggia di Carson Beach, posizionare sulla sabbia il pannello solare, la batteria e la valigetta con all'interno il desalinizzatore portatile e poi lanciare in mare il tubo di alimentazione: a quel punto basta premere un pulsante, aspettare che il sistema segnali che l'acqua è pronta (ci vogliono circa 30 minuti) e raccoglierla in un bicchiere per berla. 

Una goccia nel mare (per usare un'immagine legata all'acqua) davanti alla crisi idrica globale ma pur sempre una soluzione tecnologica interessante in specifici contesti

Junghyo Yoon, primo autore dello studio, illustra la tecnologia del desalinizzatore portatile in un video realizzato nel 2021 dal J-WAFS, il laboratorio che coordina e promuove la ricerca sull'acqua e sul cibo all'interno del Mit

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