SCIENZA E RICERCA

Le ripercussioni del lockdown sui malati di diabete

La comunità medica e scientifica ha recentemente riconosciuto che l’impatto dell’epidemia di nuovo coronavirus sulla salute della popolazione va molto al di là dei casi di infezione e di mortalità attribuibili al virus. 

In particolare, il lockdown ha creato gravi disagi e carenze nell’assistenza alle persone affette da malattie croniche, quali il diabete mellito.

È appena stata pubblicata sulla rivista Diabetes Care una prima analisi di come e quanto le misure restrittive imposte durante il lockdown abbiano complicato ed impedito la normale assistenza alle persone affette da diabete. L’articolo, dal titolo The Toll of Lockdown Against COVID-19 on Diabetes Outpatient Care. Analysis from an outbreak area in North-East Italy, è il frutto di un lavoro coordinato da Gian Paolo Fadini, professore di Endocrinologia del dipartimento di Medicina dell’università di Padova e responsabile del laboratorio di Diabetologia sperimentale dell’Istituto Veneto di medicina molecolare.

«In Italia, l’assistenza specialistica alle persone con diabete – spiega il professor Angelo Avogaro, direttore della Diabetologia dell’Azienda ospedale-Università di Padova – viene erogata presso i servizi di diabetologia, che sono disseminati su tutto il territorio Nazionale. Durante il lockdown da marzo a maggio di quest’anno – continua il prof. Avogaro – abbiamo dovuto adeguarci alle mutate condizioni in cui versava il sistema sanitario, limitando drasticamente la nostra offerta di servizi».

«Durante tale periodo - illustra il prof. Fadini - la maggior parte delle visite non urgenti è stata tramutata in teleconsulto oppure cancellata. Come risultato, abbiamo osservato che, anche contando il numero di visite effettuate in maniera telematica, non è stato possibile erogare l’assistenza ad oltre la metà dei pazienti che avrebbero dovuto effettuare visite di controllo in quel periodo».

Come chiarito dalla dottoressa Benedetta Bonora, primo autore dello studio, «l’aspetto più critico dell’assistenza diabetologica durante lockdown era collegato all’impossibilità di raggiungere per via telematica una grossa fetta di pazienti, soprattutto soggetti anziani ed affetti anche da altre malattie croniche. Infatti, mentre i giovani con diabete tipo 1 usano abitualmente la tecnologia per condividere l’andamento della malattia con la nostra clinica, è emersa una grandissima difficoltà nel gestire da remoto i pazienti anziani affetti da diabete tipo 2, che in Italia rappresentano circa il 50% di tutte le persone affette da diabete. Sappiamo che simili difficoltà sono state vissute da tutti i servizi di diabetologia, anche in altre Regioni».

«Ci siamo accorti – spiega il dottor Mario Luca Morieri, esperto di analisi dati – che la tipologia di pazienti che abbiamo assistito durante il lockdown, in modalità fisica o telematica, era molto diversa rispetto agli anni precedenti. In particolare, mancava tutta la categoria di pazienti più anziani, con più gravi complicanze del diabete e con terapie farmacologiche più complesse». 

«Questo ci fa capire – spiega Fadini – che il lockdown esercita un impatto negativo sulla possibilità dei pazienti di accedere alle cure per una malattia cronica invalidante come il diabete e che sono stati maggiormente trascurati proprio i pazienti che probabilmente avrebbero avuto più bisogno di assistenza. Queste nuove informazioni ci aiutano a comprendere come e perché l’eccesso di mortalità osservato nella popolazione anziana durante il lockdown non sia stato attribuibile solo ai casi di infezione, ma anche, e forse di più, alla riorganizzazione forzata dei sistemi sanitari».

«Qualcosa di simile e di altrettanto preoccupante – prosegue – è stato osservato anche dai colleghi cardiologi. Durante il lockdown il numero di accessi per infarto miocardico si è ridotto drasticamente, in parte a causa della riorganizzazione degli ospedali ed in parte per la paura di infettarsi. Sappiamo però che un infarto non curato, anche se non fatale, avrà delle conseguenze drammatiche sulla prognosi del paziente. Il diabete è uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare, ed abbassare il livello dell’assistenza espone i pazienti ad un rischio ancora più elevato proprio in un momento in cui il sistema sanitario è in difficoltà nell’erogare assistenza in caso di complicanze improvvise».

«La prima ondata della pandemia ha rappresentato uno tsunami ed ha trovato il sistema sanitario impreparato - ricorda Avogaro -. Nonostante gli strumenti informatici messi a disposizione, non è pensabile sostituire tutte le visite con consulti telematici e dobbiamo trovare il modo di dare continuità all’assistenza diabetologica anche in situazioni di criticità come quelle che stiamo vivendo durante la seconda ondata».

«L’escalation dei casi di infezione dovrà imporre nuove e drastiche misure per contenere il dilagare del virus, ma auspichiamo – conclude Fadini – che la lezione del primo lockdown permetta una migliore riorganizzazione dei servizi sanitari, rivolgendo l’attenzione anche ai pazienti fragili come i diabetici che necessitano di cure specialistiche croniche».

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