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Nelle ultime settimane a Teolo nei pressi di Padova, a Jesi in provincia di Ancona, a Perugia, a Genova. Ma non solo: da inizio anno al 30 giugno sono 47 i casi confermati di dengue in Italia (117 lo scorso anno), tutti associati a viaggi all’estero. La malattia, trasmessa da puntura di zanzara infetta, è endemica nei Paesi a clima tropicale e sub-tropicale: nel centro e sud America soprattutto, ma anche in Africa e nel sud-est asiatico, in Cina, in India, in Medio Oriente e in alcune zone dell’Australia.
Negli ultimi decenni, si è registrata una circolazione più intensa della patologia in molte regioni tropicali. Nel 2022 nelle Americhe sono stati segnalati 2,8 milioni di casi, più del doppio rispetto agli 1,2 milioni segnalati nel 2021. Nei Paesi dell’emisfero nord, e in Europa in particolare, la dengue rappresenta un pericolo in un’ottica di salute globale poiché si manifesta soprattutto come malattia d’importazione, legata alla circolazione di persone e merci su scala mondiale. Questa è una delle ragioni alla base del suo incremento in queste aree, ma non si può omettere nemmeno il peso che stanno assumendo i cambiamenti climatici in atto.
L’aumento delle temperature, la siccità, gli eventi meteorologici estremi provocano una variazione nella distribuzione di vettori come zanzare, zecche, pulci, uccelli e diversi mammiferi implicati in epidemie da virus, batteri, animali e protozoi, tra cui la dengue, la chikungunya, la malattia di Lyme, le infezioni da virus del Nilo occidentale e Zika, la malaria. Nello specifico stando ai dati riportati da The 2022 Global Report of the Lancet Countdown, l’idoneità climatica per la trasmissione della dengue è aumentata dell'11,5% per la zanzara Aedes aegypti e del 12% per Aedes albopictus (i due vettori interessati), dal periodo 1951-60 al 2012-21. Si consideri inoltre che, se nel 2013 in Europa Aedes albopictus (più nota come zanzara tigre) era presente in 8 Paesi UE/SEE con 114 regioni colpite, nel 2023 la zanzara è stata riscontrata in 13 Paesi e 337 regioni.
In Italia la malattia non è endemica, ma rientra tra le arbovirosi soggette a sorveglianza, insieme a West Nile, usutu, chikungunya, zika, encefalite da zecca e infezioni neuro-invasive da virus Toscana, nell’ambito del Piano Nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle Arbovirosi (PNA) 2020-2025”.
Contagio e sintomi
Responsabile della patologia è il virus dengue, un virus a RNA della famiglia Flaviviridae, di cui esistono quattro sierotipi distinti (DENV-1, DENV-2, DENV-3 e DENV-4). Per 2-7 giorni il virus circola nel sangue della persona infetta e in questo arco temporale la zanzara può prelevarlo e trasmetterlo ad altri. Il contagio non può avvenire da persona a persona.
“La dengue è la malattia trasmessa da zanzare più diffusa nel mondo, con circa 400 milioni di casi l'anno, buona parte del tutto asintomatici”. A parlare è Roberto Luzzati, presidente della sezione Triveneto della Società italiana di malattie infettive e tropicali e direttore dell’unità operativa complessa di Malattie infettive dell’Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina di Trieste: “Nel 25% dei casi la patologia si manifesta clinicamente, soprattutto con forme cliniche lievi. Si parla volgarmente di ‘febbre spacca-ossa’, dato che tipicamente la dengue rispetto ad altre infezioni, e in particolare quelle virali trasmesse da artropodi, zecche o zanzare, provoca dolori muscolari, articolari e dolori ossei molto intensi. Meno del 5% dei soggetti sintomatici presenta infine forme gravi. Oltre ai sintomi citati, compaiono fenomeni di tipo emorragico, che fanno rientrare la dengue nella diagnosi differenziale delle cosiddette febbre emorragiche (tra queste ebola è la più nota). Tali manifestazioni emorragiche possono a loro volta essere lievi, a carico della cute, delle mucose, possono essere lievi sanguinamenti, oppure diventare importanti, portare a uno stato di shock, di collasso. Il paziente deve essere ospedalizzato già nella fase prodromica, quando i sintomi peggiorano, per ricevere una terapia di tipo sostitutivo, di tipo sintomatico”. È fondamentale il rilevamento tempestivo dei casi, l'identificazione di eventuali segni premonitori di infezione grave e un'adeguata gestione dei pazienti.
Intervista completa a Roberto Luzzati, presidente della sezione Triveneto della Società italiana di malattie infettive e tropicali. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Barbara Paknazar
Diagnosi e terapie
La malattia viene diagnosticata con test molecolari che rilevano l’Rna virale. Luzzati spiega che il test sierologico viene utilizzato di meno, poiché la comparsa di anticorpi richiede del tempo: per una diagnosi precoce dunque si va alla ricerca del genoma del virus che è presente nel sangue innanzitutto, e poi anche nelle urine e in eventuali altri liquidi biologici.
Come per le infezioni da virus West Nile e Toscana, di cui abbiamo parlato in precedenza, anche per la dengue non esistono terapie specifiche. “C’è la possibilità di fare un trattamento sintomatico, dunque di trattare le perdite di liquidi con trasfusioni di sangue e di plasma, per fare in modo che venga ricostituito il volume circolante. Nelle fasi meno severe, che sono quelle più frequenti, si utilizzano antipiretici come il paracetamolo. Sono da evitare invece gli antinfiammatori, i cosiddetti Fans, perché favoriscono i fenomeni emorragici ed è meglio dunque non assumerli anche nelle fasi in cui non ci sono emorragie”.
Due vaccini disponibili
Pur non essendo disponibili farmaci per il trattamento della malattia, in anni recenti sono stati autorizzati da Ema e Aifa due vaccini. Il primo, Dengvaxia, è a virus vivo attenuato tetravalente, protegge cioè da tutti e quattro i sierotipi. Può essere somministrato a persone di età compresa tra i 9 e i 45 anni che abbiano già avuto una precedente infezione da dengue confermata da esami di laboratorio perché questi soggetti, spiega Luzzati, possono più facilmente andare incontro a complicazioni e a forme gravi. L’infezione con un sierotipo fornisce immunità a lungo termine al sierotipo omologo, ma non agli altri. Per tali ragioni, questo farmaco è destinato principalmente ai Paesi in cui la malattia è endemica.
Il secondo vaccino, Qdenga, è sempre a virus vivo attenuato tetravalente, e può essere utilizzato a partire dai quattro anni di età. Aspetto importante, questo, dato che sono i più piccoli a contrarre le forme più severe. Questo nuovo farmaco, approvato proprio negli ultimi mesi, può essere somministrato anche in persone che non hanno mai contratto l’infezione.
Oltre alla dengue, anche chikungunya è una malattia virale (in aumento) trasmessa dalle zanzare delle specie Aedes aegypti e Aedes albopictus. “La chikungunya - spiega Luzzati - è una malattia molto meno grave della dengue. Quest’ultima è considerata la più diffusa e la più severa, anche se i sintomi più critici si manifestano in meno del 5% dei pazienti sintomatici. La chikungunya invece decorre in maniera meno importante con esantemi, arrossamenti della pelle, dolori articolari, febbre, e raramente dà manifestazioni gravi”.