MONDO SALUTE
In Salute. Fibrosi: quando un processo fisiologico diventa patologico
Una fibrosi è un accumulo di tessuto connettivo che può formarsi durante il processo di guarigione di una ferita oppure nel caso di alcune specifiche patologie. I sintomi, così come il livello di gravità delle malattie associate alla fibrosi, variano a seconda dell'organo specifico che è interessato dal deposito di tessuto.
Approfondiamo l'argomento in questo episodio di In Salute insieme al dottor Matteo Coen, medico internista all'Unità di ricerca e sviluppo in educazione medica (UDREM) di Ginevra.
“Possiamo definire la fibrosi come il risultato di un processo di riparazione di una ferita che è andato “troppo oltre” e quindi non è più capace di autolimitarsi”, spiega il dottor Coen. “Proprio la mancata capacità di autolimitazione fa sì che il meccanismo fisiologico grazie al quale una ferita guarisce si trasformi in un processo patologico.
Possiamo evidenziare due caratteristiche fondamentali della fibrosi: la prima è la produzione di una quantità eccessiva di tessuto collageno che inizia a occupare lo spazio del parenchima, cioè del tessuto sano, mentre la seconda è la presenza di alcune cellule chiamate miofibroblasti, che sono state scoperte negli anni Settanta dal professor Giulio Gabbiani, che producono il collagene e lo attirano sulle fibre del tessuto, innescando delle forze di trazione che modificano la struttura normale dell'organo.
Osservando un tessuto al microscopio è possibile notare che, in presenza di fibrosi, la sua fisiologia cambia totalmente sia dal punto di vista quantitativo, sia da quello qualitativo perché, a causa del collagene in eccesso, si indurisce e altera la sua normale struttura. Infatti, al posto del tessuto sano si formano delle grosse cicatrici che hanno anche la tendenza ad essere retrattili”.
L'intervista completa al dottor Matteo Coen. Montaggio di Elisa Speronello
“Sono moltissimi gli organi che possono sviluppare una fibrosi”, continua Coen. “Dal punto di vista storico, sappiamo che uno dei primi organi in cui è stata scoperta la presenza di fibrosi è la pelle. Una delle patologie classiche che si possono sviluppare in questo caso è la sclerodermia, dove la fibrosi del tessuto cutaneo causa un indurimento della pelle, o la tendinite, che è causata dalla fibrosi dei tessuti tendinosi. Esiste anche una patologia chiamata malattia di Dupuytren, che può causare delle contrazioni fibrotiche nella mano.
Purtroppo, però, anche molti organi interni possono diventare fibrotici: come il cuore, i polmoni, il fegato e i reni. In questi casi possiamo considerare la fibrosi come un prodotto finale catastrofico di alcuni tipi di infiammazioni. Infatti, quando un organo si infiamma può andare incontro allo sviluppo di fibrosi a seconda della costituzione genetica della persona e del tipo di danno che è stato prodotto. Ad esempio, è stato recentemente scoperto che anche il covid può causare fibrosi polmonare in alcuni pazienti.
Anche i sintomi, naturalmente, possono essere diversi a seconda dell'organo che viene colpito dalla fibrosi. Nel caso della pelle, ad esempio, essa appare indurita e può perdere anche alcune sue caratteristiche, come ad esempio la capacità di sudare. Le fibrosi cutanee, infatti, possono causare uno sconvolgimento non solo delle strutture più superficiali della pelle, ma anche delle ghiandole responsabili alla produzione di sudore. Nel caso di una sclerosi cutanea sul viso, inoltre, la pelle indurita può anche provocare delle deformazioni del volto e rendere le persone che ne sono affette incapaci di sorridere o di piangere.
Quando sono gli organi interni ad essere colpiti da fibrosi, è più difficile identificare i sintomi. In questi casi, è necessario ricorrere a esami strumentali o test del sangue. La fibrosi cardiaca, ad esempio, può manifestarsi in seguito a un infarto. Dopo un evento come questo è possibile che il cuore non riesca più a contrarsi come prima e che pompi meno sangue. Questa riduzione della funzionalità cardiaca può essere rilevata attraverso alcuni parametri ecografici e suggerire la presenza di fibrosi.
Per quanto riguarda i polmoni, invece, i sintomi potrebbero essere banali e riconducibili a molte patologie polmonari, come ad esempio la fatica a respirare. Anche in questi casi l'alterazione fibrotica può essere rilevata grazie ad alcuni esami, come ad esempio la TAC polmonare.
Nel caso del fegato, invece, la fibrosi epatica spesso appare in seguito ad alcune patologie, come le epatiti croniche o le malattie legate all'abuso di alcol. In questi casi, la fibrosi è suggerita dalla presenza di un ittero o da un'alterazione degli enzimi epatici rilevabile con gli esami del sangue. Per mezzo di un'ecografia è poi possibile scoprire quali sono le zone indurite dell'organo.
I reni, invece, sono degli organi piuttosto “silenziosi” e solo l'aumento di alcuni indici di funzionalità renale, come la creatinina, può segnalare la presenza di una fibrosi”.
Insomma, a seconda del tipo di organo coinvolto cambia non solo il metodo diagnostico ma anche lo specialista a cui rivolgersi.
“Solitamente sono i medici di base o i medici internisti a prendere in carico il paziente e a indirizzarlo verso i diversi specialisti: i cardiologi, gli epatologi, i gastroenterologi, gli pneumatologi e i nefrologi”, chiarisce Coen. “Nel caso di malattie come la sclerodermia, che può evolvere in una forma molto più grave – chiamata sclerosi sistemica – in grado di colpire più organi, a cominciare dalla pelle, si richiede l'intervento dell'immunologo.
Per quanto riguarda i trattamenti, si può ricorrere alla chirurgia solo per alcuni tipi di fibrosi. Nella malattia di Dupuytren, che colpisce l'aponeurosi, cioè quella tela di ragno che abbiamo nel palmo della nostra mano, è possibile rimuovere chirurgicamente i noduli induriti e permettere al paziente di riacquistare una normale funzionalità.
Nella maggior parte dei casi, il trattamento della fibrosi è medicamentoso ma, almeno per il momento, non specifico. I farmaci che abbiamo a disposizione servono infatti a limitare le complicazioni connesse alle fibrosi, come l'indurimento dell'organo e la sovversione anatomica e funzionale della sua struttura. Ad esempio, ai pazienti che hanno subito un infarto vengono spesso prescritti dei farmaci per limitare il rischio di fibrosi. Ancora non esiste però una terapia farmacologica mirata che abbia la fibrosi come target specifico, per quanto, da questo punto di vista, sia stato fatto qualche passo in avanti nel trattamento della fibrosi polmonare grazie alla progettazione di alcuni farmaci immunologici”.