A quasi cinquant’anni di distanza dalla ricognizione condotta dall’antropologo Cleto Corrain nel 1972, una nuova indagine sul corpo di san Teobaldo da parte di un gruppo di studiosi padovani ha permesso di acquisire ulteriori informazioni scientifiche e dare un volto al corpo custodito nella chiesa parrocchiale di san Giovanni Battista di Badia Polesine. Proprio come è avvenuto, negli anni scorsi, per Francesco Petrarca, Giovanni Battista Morgagni, Sant’Antonio e il san Valentino di Monselice ad opera dello stesso team di studiosi.
Secondo le fonti storiche il santo nacque nel 1033 a Provins, in Francia, morì nel 1066 a 33 anni, e subito il suo corpo fu portato in cattedrale a Vicenza. A distanza di sette anni ebbe luogo la canonizzazione, ad opera di Papa Alessandro II. Nel 1074 il suo corpo fu spostato nell’Abbazia della Vangadizza di Badia Polesine e, dopo l’arrivo di Napoleone in Italia, nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista di Badia Polesine dove tuttora si trovano.
Qui, nel corso della ricognizione condotta il 26 giugno 2019, i ricercatori hanno prelevato dai resti scheletrici micro-campioni di polvere d’osso per l’analisi genetica, hanno condotto uno studio antropologico dei resti per la determinazione del sesso, dell’età di morte e di eventuali anomalie e patologie e hanno effettuato un rilievo 3D delle reliquie tramite tecniche di Structure from motion e Multiple-View Stereovision. I resti sono stati sottoposti, inoltre, all’analisi del Dna antico, del carbonio 14 e dell’infrarosso.
Nicola Carrara, conservatore del museo di Antropologia di Padova, illustra la ricognizione del corpo di San Teobaldo, fino alla ricostruzione 3D del volto. Montaggio di Elisa Speronello, riprese di Tommaso Rocchi
L’esame al radiocarbonio, effettuato analizzando la radice di un dente, ha consentito innanzitutto di datare i reperti, collocandoli in un arco temporale compreso tra il 988 e il 1163, compatibile con quanto tramandato dalle fonti storiche. Nel corso dell’esame antropologico, è stata rilevata la presenza del cranio, della mandibola, di qualche elemento del torace, di quattro vertebre, del bacino e delle ossa degli arti inferiori. Sostanzialmente le stesse osservate nel corso della precedente ricognizione effettuata da Cleto Corrain. “Sappiamo da varie testimonianze documentate – osserva Carrara – che alcune ossa sono state donate come reliquie ad altre chiese per la venerazione, soprattutto chiese francesi, dato che san Teobaldo proveniva da quei luoghi, dove è molto venerato”.
Lo studio ha permesso di stabilire che i resti appartengono a un maschio adulto di circa 30-35 anni. Carrara spiega che esaminando il cranio, in particolare, sono state rilevate delle erosioni a livello delle orbite e del frontale attribuite alla lebbra, malattia infettiva cronica che colpisce la pelle e i nervi periferici in vari modi e in vari gradi, alcuni molto invalidanti, causata dal mycobacterium leprae (noto anche come bacillo di Hansen). Un’osservazione, anche questa, in linea con quanto tramandato dalle fonti storiche che vogliono San Teobaldo colpito dalla malattia.
Il gruppo contava nella presenza molecolare del micobatterio, che tuttavia non è stata rilevata per la scarsa quantità e qualità del Dna rinvenuto. Nonostante, infatti, l’analisi all’infrarosso avesse confermato che dal punto di vista microstrutturale le ossa erano ben conservate, dal Dna ottenuto dai due campioni prelevati, non è stato possibile ottenere molte informazioni. E questo ha reso più difficoltosa la ricostruzione del volto, dato che non è stato possibile ottenere informazioni sul colore della pelle, degli occhi e dei capelli.
A questo punto i genetisti hanno ipotizzato quali potessero essere i tratti tipici degli individui provenienti dal luogo di origine di san Teobaldo, vissuti nello stesso periodo. Importante anche l'apporto degli studiosi dell'iconografia del santo, che hanno aggiunto ulteriori dettagli. Come è avvenuto per Petrarca, Morgagni, sant’Antonio e san Valentino, il gruppo ha elaborato un modello tridimensionale del volto di san Teobaldo partendo dalla ricostruzione facciale forense con tecniche digitali e dalla ricostruzione del profilo del santo con metodo Lebetinskaya (modellazione della muscolatura, modellazione della pelle, preparazione del modello base glabro; calibrazione con le fonti a disposizione, mediche antropologiche, archeologiche storiche). Risultato: un viso squadrato, dai tratti marcati, con occhi e capelli scuri.