SCIENZA E RICERCA
I dati del riscaldamento globale in Italia: 2024 altro anno record
Foto: Copernicus, ESA (2019)
I dati di Copernicus pubblicati a inizio gennaio hanno confermato che l’anno solare 2024 per la prima volta ha sforato la soglia di 1,5°C di aumento rispetto all’era pre-industriale, raggiungendo l’aumento medio record di 1,6°C. È stato l’anno più caldo che l’umanità abbia mai vissuto, così come gli ultimi 10 anni, dal 2015 al 2024, occupano i primi 10 posti degli anni più caldi da quando si monitorano le temperature.
La media globale tuttavia non dice tutto. Alcune aree del pianeta si riscaldano più rapidamente di altre: l’Europa ad esempio lo fa al doppio della velocità della media globale. Anche per il Vecchio Continente il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre, con una temperatura media più alta di 1,47°C non rispetto all’era pre-industriale, ma rispetto alla temperatura media del trentennio che va dal 1991 al 2020. Significa che negli ultimi 30 anni l’Europa si è scaldata quasi quanto il resto del pianeta ha fatto negli ultimi due secoli.
Anche per l’Italia il 2024 è stato l’anno più caldo da quando si hanno osservazioni, secondo i dati raccolti dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (ISAC) del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Bologna. La temperatura della penisola è stata superiore di 1,35°C rispetto alla media degli ultimi 30 anni (1991 – 2020). Guardando alle macroregioni è stato più caldo al sud e al centro (1,44°C) e un po’ meno al nord (1,22°C).
Il dato però che dà più di altri la misura di come il riscaldamento globale stia colpendo in nostro Paese è un altro: “In Italia già da metà degli anni ‘90 abbiamo superato la soglia del grado e mezzo. Il 2024 è stato 3,22°C al di sopra dell’era pre-industriale” ci ha detto Michele Brunetti, dirigente di ricerca dell’ISAC del CNR di Bologna, che guida il progetto di monitoraggio delle temperature italiane.
Aumento di temperatura media nel 2024 rispetto al periodo 1991 - 2020. Dati ISAC CNR
Le statistiche raccolte da Brunetti considerano dati a partire dal 1800, ovvero da quando ci sono stazioni su tutto il territorio italiano. “Prima erano disponibili principalmente al nord” spiega Brunetti. “Anche il trend di riscaldamento in Italia è più pronunciato rispetto alla media globale, considerando i continenti e lasciando fuori gli oceani, che hanno un’inerzia maggiore e si scaldano più lentamente”.
Questa tendenza inoltre non è lineare: “se consideriamo il riscaldamento dal 1800 a oggi, la media è di 0,10°C di aumento per decennio. Ma se consideriamo un periodo che va dal 1900 a oggi, l’aumento è di 0,16°C per decennio. Dal 1950 a oggi, è 0,28°C per decennio. Dal 1980 a oggi è 0,44°C per decennio”. Ciò significa che nell’ultimo periodo la temperatura in Italia è cresciuta di quasi mezzo grado in 10 anni. “La crescita della temperatura non solo sta procedendo, ma sta accelerando. Se vogliamo, la situazione è in ulteriore peggioramento”.
Dati storici sull'aumento della temperatura media in Italia rispetto alla media del periodo 1991 - 2020. Dati ISAC CNR
La storia dei dati
Il lavoro di monitoraggio di Michele Brunetti nasce da un articolo scientifico pubblicato nel 2006: “abbiamo recuperato i dati delle serie termometriche e pluviometriche degli ultimi due secoli, le più antiche disponibili per il nostro Paese. Abbiamo corretto gli errori dovuti al cambiamento della strumentazione nel tempo e abbiamo omogeneizzato i dati”.
Il monitoraggio delle temperature in Italia ha una storia lunga: “molta strumentazione l’abbiamo inventata noi, basti pensare al termometro di Galileo o al barometro di Torricelli. Anche la prima rete internazionale di osservazioni è nata in Italia, già a metà del 1600: l’accademia del cimento (dell’esperimento, ndr), la prima associazione a usare il metodo sperimentale in Europa, fu fondata dal principe Leopoldo De’ Medici e dal fratello Ferdinando II Gran Duca di Toscana. Durò solo una decina d’anni, per motivi politici: Leopoldo doveva diventare cardinale e smetterla di giocare a fare lo scienziato coi discepoli di Galileo. Ciononostante gettò le basi per il metodo scientifico e il Gran Duca di Toscana ebbe delle notevoli intuizioni, come far costruire dei termometri tutti identici, i cosiddetti termometri fiorentini, e distribuirli alle varie stazioni del regno in modo che facessero osservazioni sincrone. È il primo esempio di meteorologia sinottica, cioè su vasta scala. Successivamente si sono sviluppati altri tentativi di osservazione che però hanno sempre fatto riferimento a questo metodo mediceo”.
Secondo Brunetti, in Italia sono state gettate le basi strumentali e metodologiche per le osservazioni meteorologiche: da allora, molti dati si sono accumulati negli archivi. “In quel lavoro del 2006 abbiamo recuperato serie anche del 1700, da Milano, Bologna, Padova, Torino, Roma. Abbiamo quindi creato un dataset nazionale, che abbiamo aggiornato con i dati delle stazioni a terra (circa un centinaio) dell’aeronautica militare, che una volta usava le colonnine di mercurio, oggi termosonde automatiche. Ora il dataset è aggiornabile in tempo reale: ogni mese c’è una procedura automatica che scarica i dati, fa un’interpolazione su una griglia e fornisce un monitoraggio dell’andamento del clima in Italia”.
Come organizzare meglio i dati
“Ci sono anche dei lavori in corso per utilizzare il dataset fornito dal dipartimento di Protezione civile, a cui convergono i dati di tutte le regioni. Si parla di qualche migliaio di stazioni che permettono di avere un dettaglio maggiore. Abbiamo già una versione del monitoraggio ad alta risoluzione, che invece di considerare aree di 100 km quadrati, riesce a vedere quadrati di 1 km di lato, però solo per gli ultimi 25 anni”.
Temperatura media nel 2024. Dati ISAC CNR
Il monitoraggio condotto da Brunelli considera solo i dati delle terre emerse. Altri enti, come Enea, raccolgono i dati delle temperature delle acque del Mediterraneo. “A parte la rete dell’aeronautica, che è fatta di poche stazioni, la rete delle stazioni delle regioni è in realtà un insieme di 21 network distinti, 19 regioni e due province autonome. La speranza è che convergano in un unico network anche per quanto riguarda l’organizzazione del dataset, in modo che uno non debba scrivere 21 codici per leggere 21 dataset diversi. Si sta andando in questa direzione con il dipartimento della Protezione civile, che già riceve dalle singole regioni di temperature e precipitazioni”.
“Poi c’è la speranza che la nuova Agenzia per la meteorologia e la climatologia, Italia Meteo, nata da pochi anni, riesca a farsi carico di questo coordinamento nazionale. Altrimenti ogni regione va per sé ed è piuttosto difficile, anche per noi che facciamo ricerca, accedere ai dati a livello nazionale in modo semplice. Ogni volta che dobbiamo aggiornare il dataset bisogna contattare tutte le regioni, non tutte mettono i dati in rete. La situazione è molto disomogenea”.
Nonostante le difficoltà, Brunelli e il suo gruppo di ricerca arricchiscono il dataset nazionale, anche grazie a progetti di Citizen Science: Cli-Dare (Citizen Science for Italian Climate Data Rescue). “Con AISAM, l’Associazione di scienze dell’atmosfera e meteorologia, coinvolgiamo ad esempio le scuole per digitalizzare dati di cui il nostro Paese dispone per ora solo su supporto cartaceo. Si tratta ad esempio dei dati del servizio idrografico nato nei primi anni del ‘900, che aveva qualche migliaio di stazioni sul territorio nazionale e che produceva bollettini. Abbiamo già recuperato le sintesi mensili di questi bollettini con gli studenti delle scuole: forniamo loro i modelli delle schede excel su cui ricopiare i dati di questi bollettini e ce li restituiscono compilati. In cambio noi organizziamo seminari e li facciamo giocare con i dati che hanno digitalizzato, per mostrare come si fanno calcoli in climatologia, come si stima un trend, e così via. In questo modo abbiamo digitalizzato diverse migliaia di pagine di dati che stiamo pian piano sistemando per arricchire ulteriormente il nostro dataset”.