SCIENZA E RICERCA

Un modello digitale per ridurre le emissioni di Padova

Lo scorso ottobre il Comune di Padova ha spedito alla Commissione Europea il suo Piano d’azione per la neutralità climatica al 2030, documento con cui si candida a diventare una delle oltre 100 città europee, e una delle 9 città italiane, che mira ad azzerare le emissioni climalteranti entro la fine di questo decennio. Il traguardo del cosiddetto Climate City Contract è estremamente ambizioso e ancora di più lo sono le tempistiche con cui si intende tagliarlo.

La maggior parte delle emissioni di un’area urbana provengono dagli edifici e più precisamente dai sistemi di riscaldamento, che dipendono ancora in larga misura dal gas naturale. Secondo i dati riportati nel documento spedito alla Commissione, Padova produce quasi 1,3 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, e più di 900.000 t vanno ascritte proprio agli edifici (residenziali e non). Il settore dei trasporti è responsabile di circa 300.000 t CO2, mentre quello dei rifiuti di circa 50.000 t.

Su ciascuno di questi ambiti l’ente pubblico comunale ha una capacità di intervento limitata. Spetta ai privati cittadini infatti scegliere il sistema di riscaldamento da installare nella propria abitazione o il mezzo di trasporto da utilizzare. Al contempo, l’adozione di comportamenti a basso impatto ambientale in ciascuno di questi ambiti non dipende esclusivamente dalle politiche locali, ma a volte anche da dinamiche economiche, geopolitiche e industriali molto complesse, come nel caso della diffusione dei veicoli elettrici, o delle pompe di calore elettriche.

Non è però nell’effettivo azzeramento delle emissioni nel giro di pochi anni che va individuato il merito dell’iniziativa delle Net Zero Cities della Commissione Europea, secondo Jacopo Vivian, ricercatore al dipartimento di ingegneria industriale dell’università di Padova e membro del BETAlab (Building Energy & Technology Assessment Research group): “È praticamente impossibile raggiungere le zero emissioni entro il 2030. È però lodevole l’iniziativa di aderire al patto delle città climaticamente neutrali perché si contribuisce a creare una massa critica di professionisti, imprese ed enti pubblici che cercano tutti insieme di andare nella stessa direzione”.

Soprattutto, l’iniziativa offre alle amministrazioni l’opportunità di affrontare la questione della sostenibilità con un approccio decisionale basato sui dati.

Simulare per programmare la riqualificazione

Tra le competenze necessarie a programmare la riduzione delle emissioni di una città, infatti, imprescindibili sono quelle della ricerca. Il gruppo BETAlab, coordinato da Michele De Carli e Angelo Zarrella, entrambi professori del dipartimento di ingegneria industriale, sta lavorando allo sviluppo di un gemello digitale del comune di Padova, in grado di simulare consumi energetici ed emissioni di CO2 della città, e di valutare ex ante l’efficacia di diversi possibili scenari di intervento per la riqualificazione.

Sul lungo termine, il progetto mira a riprodurre al computer l’intera area urbana con una risoluzione a livello del singolo edificio: “non mi risulta che in Italia ci siano modelli come il nostro” sostiene Angelo Zarrella.

Includendo anche le aree verdi e il settore dei trasporti, oltre a simulare i consumi energetici e le emissioni della città, il modello arriverà a simulare anche i dati sull’inquinamento. “Ma intanto il lavoro che abbiamo fatto è sul residenziale. In passato abbiamo già modellizzato alcune zone del quartiere Portello e del centro di Padova. In passato avevamo già simulato alcuni edifici di particolare rilevanza, come Palazzo Bo. Ora stiamo lavorando con i dati dei consumi degli immobili dell’università di Padova e presto aggiungeremo al nostro modello digitale tutti gli edifici del nostro ateneo”. Al modello è stato dato il nome EUReCA (Energy Urban Resistance Capacitance Approach) ed è open source.

Come funziona il modello

“Grazie ai nostri progetti di ricerca siamo entrati in contatto con ANACI (Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari) e la sezione di Padova ha condiviso con noi i consumi reali di 2.500 condomini, dotati di sistema di riscaldamento centralizzato, per lo più caldaie a gas” spiega Zarrella. “Il dataset è frutto di un bel progetto realizzato da ANACI Padova con l’istituto tecnico Belzoni, in cui i ragazzi e le ragazze, futuri geometri, hanno geolocalizzato i consumi di gas delle caldaie centralizzate, associandoli ai rispettivi condomini sulla mappa della città”.

“I consumi reali ci servono per calibrare il nostro modello, che è un modello basato sulla fisica. Prendiamo ad esempio in considerazione l’orientamento degli edifici e la loro esposizione, stimiamo le caratteristiche dei muri in base al periodo di costruzione e il numero di inquilini in base al numero di appartamenti”. Modulando queste variabili si possono ottenere diverse simulazioni di consumi energetici ed emissioni.

Giocando con il modello, i ricercatori hanno considerato 1.000 edifici e hanno valutato tre possibili scenari di intervento per la riqualificazione: il primo prevede solo l’isolamento termico dell’edificio; il secondo considera sia l’isolamento sia l’installazione di un sistema di riscaldamento a pompa di calore; il terzo coniuga isolamento, pompe di calore e installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti per la produzione di energia elettrica rinnovabile.

Esplorando queste diverse combinazioni, il modello restituisce dati sull’efficacia dei diversi scenari di intervento, in termini di riduzione dei consumi energetici, abbattimento delle emissioni e in termini di costi. I risultati di queste simulazioni sono stati presentati lo scorso 16 gennaio nell’ambito del progetto PadovaXChange.

“Agendo solo sull’isolamento degli edifici (scenario 1) si riduce circa di un terzo il consumo di energia primaria” spiega Vivian. “Aggiungendo la pompa di calore (scenario 2) si riduce di circa la metà l’energia primaria consumata. Nello scenario 3, installando anche i pannelli fotovoltaici, si arriva a una riduzione di circa il 65%, quasi i due terzi”.

Informazioni analoghe si possono ricavare anche riguardo alle emissioni: “Nello scenario 1 si ha una riduzione del 34% delle emissioni. Nello scenario 2 si arriva a ridurle del 70% e nello scenario 3 dell’83%, ma con una più alta futura quota di rinnovabili nel mix energetico la riduzione potrebbe essere ancora maggiore”.

Uno strumento per i decisori politici

L’aspetto forse più interessante è che al modello si possono porre anche altre domande, le stesse che si porrebbe un’amministrazione pubblica nel programmare gli interventi di riqualificazione: “posso chiedere ad esempio qual è il modo migliore per raggiungere l’obiettivo della direttiva europea Case Green, che chiede una riduzione del 22% del consumo energetico degli edifici entro il 2035” spiega Vivian.

Si può scegliere ad esempio di intervenire sugli edifici più energivori e vedere quale dei tre scenari è il più vantaggioso: “Facendo solo l’isolamento, nello scenario 1, occorrerebbe intervenire su più di 430 edifici (dei 1000 considerati) per ridurre del 22% i consumi del settore residenziale e la spesa sarebbe notevole. Nello scenario 3 invece (isolamento, pompe di calore e fotovoltaico) si dovrebbe intervenire solo su 123 edifici per raggiungere lo stesso obiettivo e i costi sarebbero circa la metà di quelli dello scenario 1”. In altri termini, è economicamente più vantaggioso riqualificare a fondo gli edifici più energivori (si parla di deep retrofit), piuttosto che intervenire parzialmente su un numero più elevato di edifici.

Questo approccio basato sui dati è ciò che è mancato alla politica del Superbonus, secondo Vivian: “si è fatto qualche passo avanti nella direzione della sostenibilità del settore edilizio, ma gli incentivi sono stati dati in maniera non ragionata invece di essere programmati secondo logiche basate su costi e benefici per la collettività, che è quello che cerchiamo di valutare con la nostra ricerca. Queste valutazioni vanno fatte sia a priori per la programmazione degli interventi, sia a posteriori per una valutazione della loro efficacia”.

“Il modello serve a tracciare direzioni che poi serviranno a chi deve prendere decisioni” conclude Zarrella. “La nostra ambizione sarebbe quella di farlo diventare un giorno uno strumento che funga da standard a livello nazionale”.

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