SCIENZA E RICERCA
Sfidano i limiti di corpo e mente in ambienti estremi: chi sono gli "astronauti analoghi"
Un gruppo di ricerca dell’Università di Padova, all’interno del programma EMMPOL (Euro Moon Mars POLand analog mission) ha studiato in che modo l’esposizione a condizioni ambientali estreme, simili a quelle spaziali, può influenzare il corpo umano, e come reagisce il corpo allo stress dell’isolamento e del distacco dalle condizioni abituali terrestri: capire come questi fattori interagiscono con i processi biologici è fondamentale non solo per preparare gli astronauti a missioni future ma anche migliorare sicurezza e salute in ambienti di vita e di lavoro estremi sulla Terra come quelli affrontati da subacquei, aviatori, alpinisti e persino lavoratori in ambienti industriali difficili. Le missioni EMMPOL, coordinate da Sofia Pavanello del Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università di Padova, hanno prodotto preziosi dati scientifici che avvicinano non solo alla comprensione delle sfide legate ai voli spaziali, ma offrono anche soluzioni per migliorare la salute in condizioni estreme sulla Terra.
Durante una di queste missioni simulate alcuni studenti di diverse nazionalità e università – tra cui l’ateneo patavino – hanno trascorso una settimana di missione come astronauta analogo in isolamento nel Centro di Addestramento per Astronauti Analoghi (AATC) in Polonia. All’interno di un habitat che riproduce le condizioni di un insediamento lunare, gli studenti hanno affrontato sfide complesse come l’alterazione dei ritmi circadiani, l’isolamento, gli alti carichi di lavoro e lo stress psicofisico, esplorando i limiti del corpo e della mente umana. I risultati di questa missione, pubblicati nello studio dal titolo Environmental study and stress-related biomarkers modifications in a crew during analog astronaut mission EMMPOL 6 sulla rivista scientifica European Journal of Applied Physiology, rivelano un aumento significativo dello stress ossidativo e dei livelli di cortisolo, segno che anche brevi periodi di isolamento e stress psicofisico possono alterare parametri biologici chiave.
Abbiamo approfondito l’argomento della ricerca con Sofia Pavanello, coordinatrice della ricerca, docente al dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica dell’Università di Padova e responsabile del BioAgingLab.
Professoressa, chi sono gli Astronauti Analoghi?
Gli astronauti analoghi sono individui che partecipano a missioni simulate in ambienti terrestri estremi, studiati per riprodurre le condizioni di vita nello spazio. Queste missioni analoghe, organizzate da agenzie spaziali come ESA e NASA o da enti privati, servono a testare nuove tecnologie, raccogliere dati scientifici e studiare il comportamento umano in situazioni di isolamento e confinamento. Gli ambienti terrestri utilizzati per queste missioni – deserti, regioni polari, habitat subacquei o vulcanici – permettono di simulare le sfide che gli astronauti affronteranno nello spazio, specialmente per missioni di lunga durata su Marte o su un asteroide.
Le missioni analoghe, infatti, sono fondamentali per testare attrezzature come robot, veicoli spaziali, habitat e sistemi di comunicazione, oltre a studiare gli effetti dell’isolamento e dell’ambiente chiuso sui partecipanti. Si esaminano anche aspetti comportamentali come la dinamica di gruppo, la fatica e l’adattamento psicologico e fisico. Questi test permettono di raccogliere dati importanti per ottimizzare la sicurezza e l’efficienza delle missioni spaziali.
Le missioni passate hanno aiutato a prepararsi per obiettivi storici, come lasciare l’atmosfera terrestre e atterrare sulla Luna, e oggi vengono utilizzate per prepararsi all’esplorazione di destinazioni nello spazio profondo. Le missioni analoghe non solo forniscono dati preziosi sulle tecnologie e sulle dinamiche umane, ma aiutano anche a definire come combinare al meglio le competenze umane e robotiche per migliorare l’esplorazione scientifica. Gli analoghi testano vari rischi che gli astronauti dovranno affrontare nello spazio: radiazioni, isolamento, distanza dalla Terra, variazioni di gravità e ambienti ostili o chiusi.
Esistono due tipi di missioni: quelle aperte a studenti e appassionati, e quelle riservate a esperti. Entrambe offrono un’opportunità unica di migliorare le tecnologie, le operazioni e la comprensione dell’adattamento umano per le future esplorazioni spaziali. Come ha affermato in un’intervista l’astronauta analoga Carmen Köhler, “gli astronauti sono gli occhi e le mani degli scienziati”.
Serve una preparazione fisica e/o psicologica per le simulazioni delle missioni? Quanto tempo prima bisogna iniziare a prepararsi?
Per le missioni aperte a studenti e appassionati non è necessaria una preparazione fisica rigorosa, è sufficiente avere una predisposizione alla partecipazione e la volontà di vivere l’esperienza.
Per le missioni riservate agli esperti è invece fondamentale una preparazione approfondita. Gli astronauti devono essere in ottime condizioni fisiche per affrontare attività intense e vivere in ambienti estremi e isolati per periodi prolungati; la preparazione psicologica è cruciale per gestire lo stress dell’isolamento, la vita in spazi ristretti e le dinamiche di gruppo. Questa preparazione, solitamente, inizia diverse settimane o mesi prima della missione.
Quali sono le condizioni ambientali riprodotte dalla struttura dell’Astronaut Training Center (AATC) in Polonia?
L’AATC è progettato per riprodurre una serie di condizioni estreme che gli astronauti potrebbero affrontare durante le missioni spaziali, simulando gli ambienti della Stazione Spaziale Internazionale o delle missioni su Marte e sulla Luna.
Tra le principali condizioni simulate ci sono: l’isolamento prolungato, che riflette le sfide psicologiche e sociali della vita in spazi ristretti; la gestione limitata delle risorse, come l’acqua e il cibo, che imita le restrizioni operative nelle missioni spaziali di lunga durata; anche se la gravità reale non può essere completamente riprodotta, vengono inoltre simulate la riduzione e gli effetti su mobilità e forza fisica. Il centro presta particolare attenzione al controllo delle emissioni di CO₂ e alla gestione delle scorte d’aria, essenziali per la sopravvivenza in ambienti chiusi. Si studiano anche le dinamiche del lavoro di squadra e l’adattamento psicologico, ponendo i partecipanti in condizioni di isolamento estremo per periodi prolungati, consentendo ai ricercatori di osservare il comportamento umano e sviluppare soluzioni per missioni spaziali reali. Queste simulazioni permettono di valutare l’adattamento psicofisico dei partecipanti e di testare tecnologie avanzate in un ambiente controllato, rendendo l’AATC un centro di addestramento fondamentale per la preparazione delle future esplorazioni spaziali.
Qual è il tempo massimo di permanenza nell’ambiente di simulazione?
EMMPOL 6 è durata una settimana, ma le missioni analoghe possono variare: alcune durano pochi giorni mentre altre si estendono fino a diversi mesi, a seconda degli obiettivi di ricerca. Sono in programma missioni di durata più lunga per esplorare gli effetti dell’isolamento e delle condizioni estreme nel lungo termine, simili a quelli che potrebbero sperimentare gli astronauti in missioni su Marte.
Come si compone la giornata-tipo nell’habitat che simula la missione analoga? Quali parametri fisici e psicologici vengono misurati?
La giornata-tipo prevede attività di manutenzione dell'habitat, esercizio fisico, esperimenti scientifici e periodi di riposo. I parametri misurati dipendono dalle missioni: alcune includono la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la saturazione di ossigeno nel sangue e la composizione corporea. A livello psicologico, possono essere valutati i livelli di stress, lo stato emotivo, la capacità di concentrazione e l'interazione sociale all'interno del gruppo.
I risultati del monitoraggio sono stati “peggiori” a livello fisico o psicologico?
I risultati indicano che entrambi gli aspetti, fisico e psicologico, sono influenzati dall'isolamento e dalle condizioni ambientali estreme. Tuttavia, il carico psicologico tende a manifestarsi in modo più marcato, attribuibile all’isolamento sociale, alla restrizione spaziale e all'elevato carico di lavoro. A livello fisico, l'impatto principale riguarda la riduzione dell'attività fisica e il conseguente rischio di decondizionamento muscolare e cardiovascolare, sebbene tali effetti possano essere attenuati con l'adozione di programmi di esercizio fisico mirati.
Cosa pensa potrebbe succedere con un tempo di permanenza più lungo nell’ambiente di simulazione?
Con una permanenza più lunga potrebbero emergere effetti più pronunciati. A livello fisico potremmo osservare un decondizionamento muscolare più marcato e potenziali alterazioni metaboliche significative, quali insulino-resistenza, alterazioni del metabolismo lipidico e modificazioni del bilancio energetico; a livello psicologico il rischio di problemi come la depressione, l’ansia e la difficoltà di concentrazione potrebbe aumentare. Tuttavia, queste simulazioni forniscono dati preziosi anche per migliorare le strategie di supporto e prevenzione.
Quali sono le prospettive future di questa ricerca?
Sicuramente l’estensione delle missioni analoghe per studiare l’adattamento umano su periodi più lunghi, lo sviluppo di tecnologie e strategie per migliorare la salute mentale e fisica degli astronauti e l’ottimizzazione delle risorse necessarie per missioni spaziali di lunga durata. Questi studi potrebbero avere applicazioni anche per affrontare situazioni estreme sulla Terra, come l’isolamento prolungato o l’esposizione a condizioni ambientali difficili.
Vorrei infine condividere una riflessione personale, legata al coinvolgimento degli studenti in un progetto di astronauti analoghi: questa iniziativa è nata in un periodo particolarmente difficile, quando molti ragazzi si trovavano in una fase di fragilità relazionale, con sé stessi e gli altri, a causa dell’isolamento imposto dalla pandemia di Covid-19. Ho visto con i miei occhi come la riproduzione dell’esperienza di isolamento, in un contesto strutturato come quello delle missioni analoghe, abbia avuto un impatto incredibile sul loro percorso di crescita. Tornando da queste esperienze, ciò che condividevano subito era lo stupore di essere riusciti ad affrontare e superare qualcosa che, inizialmente, sembrava quasi impossibile. Convivere per una settimana in isolamento, con persone sconosciute, seguendo attività rigorosamente programmate e sotto una pressione intensa – proprio come in una missione spaziale – li ha messi davvero alla prova. Questo li ha trasformati profondamente, facendoli maturare in un tempo incredibilmente breve: sono convinta che questo tipo di progetti potrebbe ispirare e dare forza ai nostri ragazzi, aiutandoli a comprendere che, insieme, possono affrontare qualsiasi sfida.