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Il sistema europeo Emission Trading System (ETS) è entrato in vigore nel 2005 e da allora ha contribuito ad abbassare le emissioni di CO2 del Vecchio Continente, agendo sul comparto industriale. Ora un nuovo studio preliminare pubblicato su PNAS mostra che oltre alle emissioni che provocano il riscaldamento globale, l’ETS ha contribuito a ridurre indirettamente anche le emissioni di inquinanti prodotte dalle industrie, recando beneficio quindi non solo a clima e ambiente, ma anche a salute ed economia, in termini di costi sanitari evitati.
La logica di funzionamento dell’ETS è quella del cosiddetto cap and trade, ovvero tetto e scambio. Ogni anno viene fissato un tetto massimo di emissioni che il settore industriale regolamentato da questo sistema può produrre e nel tempo questo tetto viene gradualmente abbassato in linea con gli obiettivi di neutralità climatica dell’Europa.
Ciò che viene scambiato invece è una certa quantità di permessi per produrre emissioni: ciascuno corrisponde a 1 tonnellata di CO2. Mano a mano che il tetto si abbassa i permessi, che sono un numero finito, tendono ad aumentare di prezzo. Il sistema così costruito rende sempre più costosa l’emissione di gas serra, che viene quindi disincentivata.
I ricavi generati da questo mercato vengono reinvestiti dal bilancio comunitario in progetti di sviluppo di energie rinnovabili, efficienza energetica, tecnologie a basse emissioni di carbonio: finanziano, in altri termini, la transizione energetica ed ecologica.
L’ETS europeo è il singolo mercato sovranazionale di scambio dei permessi di emissione più grande al mondo ed è la chiave di volta di tutte le politiche climatiche europee. Dei settori coperti dalla regolamentazione ETS fanno parte le centrali energetiche, le grandi industrie e l’aviazione, mentre non rientrano in questo mercato gli altri trasporti, l’agricoltura, gli edifici, i rifiuti e altre industrie meno energivore.
Questi settori non ETS o ESR (Effort Sharing Regulation) pesano per circa il 60% delle emissioni europee e per loro sono previsti altri obiettivi di mitigazione. Quelli italiani al 2030 per esempio sono delineati nel PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) che l’Italia ha consegnato a inizio luglio alla Commissione Europea.
In quasi due decenni, da quando è entrato in vigore, l’ETS ha contribuito a ridurre le emissioni CO2 del settore elettrico e delle grandi industrie di circa il 37%. Tuttavia, secondo un gruppo di ricercatori che lavora tra Amburgo, Monaco e Bordeaux, ha prodotto benefici indiretti anche per quanto riguarda il miglioramento della qualità dell’aria e di tutti i rischi ad essa associati.
Le emissioni di sostanze come il biossido di zolfo (SO2) o gli ossidi di azoto (NOX) e il particolato sottile (PM2,5) non sono direttamente regolamentate dal sistema ETS. La riduzione di emissioni di anidride carbonica avviene però principalmente bruciando meno combustibili fossili, i cui prodotti di scarto sono proprio gli inquinanti appena elencati.
I ricercatori hanno allora provato a quantificare quanti benefici indiretti il sistema ETS abbia generato anche sulla riduzione delle emissioni di questi inquinanti. Il risultato è che dal 2005 al 2021 le emissioni di SO2 sono state ridotte di 15 milioni di tonnellate (Mt), quelle di NOX di 5 Mt e quelle di PM2,5 di 1 Mt. Queste quantità corrisponderebbero a una riduzione rispettivamente del 18%, del 3,3% e del 2,6% delle emissioni di queste sostanze.
Lo studio però è ancora preliminare e il dato ottenuto è ancora un aggregato: significa che non solo l’ETS, ma anche l’introduzione di altri standard europei potrebbero avere contribuito a queste riduzioni. In ogni caso, anche nelle stime più conservative, il sistema ETS da solo ha contribuito a evitare costi sanitari quantificati nell’ordine di oltre 100 miliardi di euro. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, nel 2021 le morti premature attribuibili a PM2,5 sono state circa 253.000.
In conclusione del loro lavoro, gli autori sottolineano che spesso l’aumento del prezzo delle emissioni di anidride carbonica viene demonizzato poiché rischia di far ricadere l’eventuale aumento dei costi dell’energia sui consumatori, colpendo più duramente quelli meno abbienti. Questa narrazione degli effetti distributivi negativi però non tiene conto dei benefici indiretti dell’ETS sull’aumento della qualità dell’aria, sul risparmio di costi sanitari e sull’appianamento delle disuguaglianze ambientali e sociali che ne derivano. Sottolineare questi vantaggi può diventare un elemento cruciale nel supporto delle future politiche climatiche, sottolineano gli autori.
“Il programma europeo di protezione del clima riduce la CO2 e così facendo previene danni climatici in tutto il mondo, anche per le future generazioni. Allo stesso tempo, l’ETS europeo sta fornendo sostanziali benefici per la salute dei cittadini europei, qui e ora” ha dichiarato a phys.org Moritz Drupp dell’università di Amburgo, tra gli autori dello studio. Questo può essere un fattore di motivazione importante a supporto delle politiche climatiche”.