Ragesoss, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons
Il 26 dicembre, all'età di 92 anni, è mancato Edward O. Wilson, uno dei massimi studiosi di biologia viventi. Ha contribuito in modo significativo a diversi campi delle scienze naturali, dalla sociobiologia alla bioconservazione all'etologia alla biogeografia. È stato anche un attivo divulgatore e ha vinto per questa sua attività due premi Pulitzer.
Il testo che proponiamo di seguito è estratto dalla prefazione scritta da Telmo Pievani al libro "Le origini profonde delle società umane" pubblicato in italiano da Raffaello Cortina nel 2020.
Da decenni Edward O. Wilson si è fatto cantore della “eusocialità” e dei superorganismi come culmine di questa tendenza aggregativa nell’evoluzione della vita sulla Terra: gli esseri viventi sono talvolta capaci di costruire imperi di milioni di sudditi, dotati di elaborate gerarchie sociali, imperi nei quali intere caste rinunciano alla riproduzione, cioè compiono il sacrificio sommo nell’evoluzione darwiniana. In questi esempi di socialità massima, la forza del numero giustifica il pressoché totale annullamento dell’individualità, anche se poi in realtà si tratta quasi sempre di un compromesso instabile tra interessi dei singoli (che restano sotto traccia) e potere poliziesco del gruppo.
Succede qualcosa di simile persino nei nostri corpi pluricellulari, che sono collettivi di cellule differenti che si sono messe insieme e talvolta sono minacciati da cellule interne che regrediscono al loro egoismo primordiale, diventano cancerose e tornano a comportarsi come batteri.
Nella parte più originale di questo piccolo libro, in cui Wilson riprende e aggiorna i temi di un suo bellissimo lavoro precedente, La conquista sociale della Terra, si fa giustamente notare che le specie eusociali hanno un enorme successo e dominano i loro ecosistemi, certo, ma sono tutto sommato rare. Soltanto ventimila specie di insetti, su un totale di un milione almeno, presentano tratti di eusocialità, peraltro evolutisi in epoche relativamente recenti.
Se aggiungiamo le altre linee di discendenza in cui questo fenomeno si manifesta, oltre che negli insetti, troviamo soltanto alcuni crostacei, un paio di roditori e Homo sapiens.
Secondo i calcoli del famoso entomologo di Harvard, le società complesse basate su altruismo e cooperazione si sarebbero evolute solo 17 volte tra gli animali, nonostante i loro indubbi vantaggi, il che dimostra che il processo nei suoi stadi incipienti può facilmente abortire a causa di risorgenti e mai sopiti egoismi individuali che lo minano dall’interno.
Qui tocchiamo uno dei punti privilegiati dell’ultima produzione di Wilson: l’evoluzione è in ultima istanza una questione di compromessi, tra interessi divergenti e tra livelli sovrapposti. L’egoismo individuale e il potere del gruppo trovano di volta in volta i loro instabili bilanciamenti, traducendosi in varie gradazioni di eusocialità che rappresentano le diverse “stazioni di passaggio” del processo: maggiori cure della prole e difesa collettiva del nido; divisione del lavoro e gerarchia sociale; e poi selezione genetica di gruppo, cioè pressioni selettive che aumentano la frequenza di quei geni connessi a comportamenti prosociali che rendono più coesi e competitivi i gruppi in competizione con altri gruppi.
Puoi leggere l'intera prefazione di Telmo Pievani al libro "Le origini profonde delle società umane" sul sito di Raffaello Cortina Editore.