Ne hanno parlato in molti in questi giorni. Alcuni ricercatori dell’università della California, grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale, hanno individuato 72 nuovi lampi radio veloci (fast radio burst) che provengono da una sorgente lontana circa tre miliardi di anni luce dalla Terra. Cosa siano esattamente questi lampi radio, però, è ancora un mistero: c’è chi sostiene siano generati da stelle di neutroni e chi suggerisce addirittura che possano essere originati da civiltà avanzate e sconosciute. È lecito, dunque, supporre che esistano forme di vita ‘intelligenti’ oltre alla nostra? Da lungo tempo i racconti di extraterrestri che provengono da altri pianeti popolano l’immaginario collettivo, nutriti anche dalle trasposizioni cinematografiche e letterarie che si sono susseguite nel corso degli anni. Su tutte, il celebre “E.T”, la pellicola di Spielberg uscita nel 1982 che tanto successo riscosse per lungo tempo. Ma in tutto questo la scienza che dice?
Ne abbiamo parlato con Amedeo Balbi, astrofisico e scrittore, docente all’università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, in questi giorni a Padova in occasione del Cicap Fest. “Non sappiamo cosa siano i fast radio burst – sostiene lo scienziato, commentando lo studio –. L’ipotesi della civiltà intelligente è una tra quelle avanzate, ma direi che al momento non abbiamo assolutamente alcuna evidenza che ci faccia pensare questo. L’importante, dal mio punto di vista, è che lo studio ci mostra che alcuni algoritmi sviluppati per l’analisi di grandi insieme di dati, possono essere applicati anche all’astrofisica e dare risultati nuovi rispetto alle tecniche che si possedevano in precedenza. E questo in futuro potrà essere un approccio possibile anche per la ricerca di vita intelligente”.
In questo momento non abbiamo alcuna prova scientifica dell’esistenza di altre civiltà intelligenti nell’Universo. Tuttavia, secondo Balbi, la nostra è forse la prima generazione di esseri umani che ha la capacità tecnologica di tentare di dare una risposta a questo interrogativo.
“Se prendiamo come esempio l’unico pianeta che conosciamo che ospita la vita, cioè la Terra, vediamo in realtà che per larga parte della storia della vita sulla terra gli organismi predominanti erano organismi semplici, unicellulari. Le forme di vita multicellulari sono comparse molto tardi nel corso dell’evoluzione. Dunque se immaginiamo che questo possa essere in qualche modo tipico di ciò che succede anche altrove, direi che è più probabile che la prima volta che troveremo forme di vita fuori dalla Terra saranno forme di vita microscopiche, unicellulari piuttosto che forme di vita complesse”.