SCIENZA E RICERCA
Gli squali ci fanno davvero così paura? L'importanza di conoscerli per proteggerli
Gli squali sono tra i più antichi abitanti del pianeta e costituiscono elementi insostituibili per gli ecosistemi marini. Sono grandi predatori eppure sono estremamente vulnerabili e minacciati: un quarto di tutte le specie è in via di estinzione. Sfortunatamente, molte narrazioni contemporanee attribuiscono agli squali una connotazione negativa, proponendo l'immagine di predatore implacabile e vorace. Un interessante studio, condotto da un gruppo internazionale di ricercatori - storici, biologi della pesca, archeologi -, partendo da una serie di riflessioni su questa idea di animale pericoloso, e quindi anche affascinante, ha formulato e poi diffuso un questionario in maniera capillare: Qual è la percezione che oggi abbiamo degli squali? Ci spaventano ancora così tanto? Quanto li conosciamo davvero?
Ne abbiamo parlato con Carlotta Mazzoldi del dipartimento di Biologia dell'università di Padova, tra gli autori dello studio Understanding the public attitude towards sharks for improving their conservation, che ha condiviso con noi i risultati ottenuti. "Volevamo capire quanto la percezione che l'uomo ha sempre avuto di determinati animali avesse guidato e influenzato anche le tematiche di conservazione di quelle specie. In questo senso è stato fatto un grosso lavoro di riflessione su quanto la percezione sia cambiata nel tempo, prendendo in considerazione per esempio gli squali: sono animali commerciali, con poche specie protette, e hanno sempre stimolato l'immaginario, pensiamo a film, libri, e al fatto che nel tempo sia stata sempre veicolata un'immagine che, nelle persone, suscita paura e fascino. Ecco che, dopo aver fatto una riflessione di tipo storico, abbiamo cercato di fare il punto sulla percezione attuale, scoprendola cambiata rispetto al passato. Inoltre volevamo quantificarla. Così, con un gruppo di ventiquattro ricercatori da diverse parti del mondo abbiamo iniziato a lavorare per mettere a punto un questionario che, sulla base di scale di attitudine ben studiate e ben applicate a diversi casi di studio, ci permettesse di capire qual è la percezione e l'attitudine che abbiamo oggi".
Montaggio: Elisa Speronello
Questo lavoro ha valutato, quindi, l'attuale atteggiamento del pubblico nei confronti degli squali su scala globale, attraverso l'utilizzo di un questionario che ha esplorato l'importanza di fattori come la cultura, la storia o il livello di istruzione nel plasmare gli atteggiamenti. In un anno e mezzo sono stati raccolti 13.800 questionari da 137 Paesi, e 25 Paesi hanno presentato più di 100 risposte ciascuno, rappresentando in totale il 92% dei questionari compilati. In alcune aree geografiche non si è però riusciti ad avere un buon campione, "per esempio, abbiamo pochissimi partecipanti da Paesi africani".
Il questionario è diviso in sezioni: "Nella prima parte cerchiamo di capire chi è la persona che risponde, chiedendo età, sesso, grado di educazione e provenienza - spiega Mazzoldi -. La seconda sezione punta a comprendere la vicinanza dei partecipanti con l'ambiente marino, dalla pratica di sport acquatici alla frequentazione di acquari, la terza indaga le fonti di informazioni come la scuola, i documentari, i siti. Poi, si arriva al questionario vero e proprio e, infine, una piccola parte è dedicata alla valutazione dell'effettiva conoscenza dell'argomento, attraverso cinque domande con possibilità di scegliere tra vero o falso e una domanda di autovalutazione, che chiede direttamente: hai conoscenze relative a questa tematica?"
Il questionario, articolato in tredici domande e proposto in venti lingue, "basato su scale di attitudine già ampiamente utilizzate, ha permesso di comprendere la percezione delle persone rispetto alla valutazione del ruolo ecologico di queste specie, all'importanza della loro conservazione come parte della biodiversità". E ancora, ha esplorato il grado di curiosità dei partecipanti, la voglia di saperne di più, di osservarli, di entrare in contatto e le sensazioni legate alla minaccia, alla percezione del pericolo provata da ognuno, con conseguenti misure di protezione e difesa dagli attacchi degli squali, argomento, quest'ultimo, "di cui si è sempre parlato moltissimo, anche nei media, nonostante se ne contino in realtà pochissimi all'anno".
Dallo studio sono emersi dati incoraggianti che mostrano un atteggiamento generalmente positivo nei confronti degli squali, influenzato in modo significativo da diversi fattori, tra cui la conoscenza e la partecipazione a progetti di conservazione marina.
Una buona percentuale dei partecipanti riconosce il ruolo determinante degli squali negli ecosistemi e sottolinea l'importanza di proteggerli, ma ci sono ancora persone che dichiarano di averne paura e che sottolineano la necessità di attivare politiche che possano difendere l'uomo dagli attacchi. E proprio dalle domande relative agli attacchi di squali sono emersi risultati interessanti: i partecipanti da Paesi con un numero elevato di attacchi di squali hanno mostrato un atteggiamento molto positivo nei confronti di questi animali, proprio perché sono più consapevoli del problema e dell' importanza di questi animali negli ecosistemi marini.
Ed ecco il punto fondamentale. "Abbiamo notato differenze significative tra chi ha conoscenza e chi non ne ha - spiega Mazzoldi -, con un'attitudine decisamente positiva da parte di chi conosce l'argomento e una maggiore paura riscontrata, invece, tra chi non lo conosce. [...] Inoltre chi ha conoscenze ha dichiarato di volerne sapere di più", dimostrando apertura, curiosità, una buona predisposizione rispetto al tema e la volontà di supportare azioni di conservazione delle specie, senza paura.
Le fonti maggiori di informazioni sono i documentari. "Noi come ricercatori dobbiamo supportare i documentari con solide basi scientifiche e contribuire alla diffusione di questo tipo di informazioni", commenta Mazzoldi. Purtroppo, analizzando i dati raccolti con il questionario, non risulta centrale il ruolo della scuola come fonte di informazione, quando invece questa dovrebbe assumere un ruolo chiave di diffusione della conoscenza.
Altro dato interessante: "Molti partecipanti hanno dichiarato di non aver mai mangiato carne di squalo, ma la realtà è diversa, perché ci sono tanti prodotti a base di carne di squalo in commercio, prodotti che la gente mangia regolarmente e senza saperlo". Questo, ancora una volta, ci dice molto sul grado di educazione e conoscenza e sull'importanza di una buona comunicazione nei confronti del consumatore e del pubblico, più in generale.
Dopo aver ben descritto e condiviso i risultati, Carlotta Mazzoldi si interroga: "Perché dovremmo, dunque, preoccuparci della percezione che le persone hanno degli squali? In fondo le politiche di gestione non sono strettamente legate al pubblico, esistono organi amministrativi in ogni nazione. Il punto è questo: storicamente, le specie protette sono quelle percepite dal pubblico come fortemente carismatiche, inoltre il supporto del pubblico, che si traduce in termini di scelte responsabili, anche dal punto di vista del consumatore, è determinante per spingere verso azioni di protezione delle specie. Alcune riscuotono maggiori consensi da parte delle persone, perciò capire l'attitudine risulta importante per determinare la base di supporto per strategie gestionali che, ovviamente, vengono poi messe in atto da organi specifici legati alla gestione della pesca o, più in generale, dell'ambiente".