SCIENZA E RICERCA
Tamponi, isolamento e quarantena: le novità introdotte dal governo dopo il confronto con il Cts
Le persone asintomatiche risultate positive al virus SARS-CoV-2 potranno uscire dall’isolamento se un test molecolare, effettuato dopo 10 giorni, certifichi la loro avvenuta negativizzazione. Lo stesso vale per i contatti stretti di casi confermati che potranno interrompere la quarantena se, una volta trascorsi 10 giorni dall’ultima esposizione con la persona positiva, risulteranno negativi ad un test antigenico o molecolare. Chi, a seguito del contagio, sviluppa sintomi dovrà osservare un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei disturbi tipici del virus e, trascorsi tre giorni dalla fine della sintomatologia, potrà rientrare nella comunità a seguito di un test molecolare con riscontro negativo. Buone notizie per le persone che, pur non presentando più alcun sintomo, non riescono a negativizzarsi: in questi casi l’isolamento potrà essere interrotto dopo tre settimane dall’inizio dei sintomi.
Il ministero della Salute ha ufficializzato con una circolare le novità emerse a seguito della riunione dell’11 ottobre con il Comitato tecnico scientifico. Indicazioni che modificano le regole sulla durata e sul termine dell’isolamento e della quarantena e che tengono conto delle evidenze scientifiche maturate in questi mesi e del parere di organismi internazionali come l’Organizzazione mondiale della sanità, che il 27 maggio aveva già aggiornato le sue linee guida e l’European Center for Disease Prevention and Control.
La principale novità, oltre alla riduzione del tempo di isolamento e quarantena, è la decisione che basterà un solo tampone negativo per confermare l’avvenuta guarigione e permettere il rientro nella comunità. Modifiche che erano state sollecitate da più voci del mondo scientifico anche con l’auspicio che possano facilitare la capacità dei laboratori di processare un maggior numero di tamponi diagnostici nuovi.
Da questo punto di vista l’Italia negli ultimi mesi è sicuramente migliorata, ma i numeri sono ancora ben lontani dalle ambizioni del piano nazionale per i tamponi, annunciato dal governo all’inizio di settembre, che sarebbe dovuto partire dalla bozza preparata dal microbiologo Andrea Crisanti con l’obiettivo di arrivare a 300 mila tamponi giornalieri. Nella settimana dal 5 al 12 ottobre la media dei tamponi processati dai laboratori italiani è progressivamente cresciuta, risultando sempre superiore ai 120 mila nelle giornate che vanno dal lunedì al venerdì. In termini assoluti il record è stato raggiunto il 9 ottobre, con oltre 133 mila tamponi eseguiti. Le persone testate quel giorno sono però state 80 mila, tutti gli altri sono quindi esami che si riferiscono a casi già accertati in precedenza e sui quali si effettuano tamponi per verificare che la condizione di positività sia terminata. Una bipartizione che naturalmente caratterizza ogni giorno della settimana e che limita i tamponi destinati a individuare i nuovi casi positivi a poco più della metà del totale giornaliero.
Un rapido confronto con alcuni Paesi europei, effettuato sulla base dei dati raccolti dall’ECDC, ci dice poi che il Regno Unito ha ormai raggiunto la capacità di elaborare oltre 1 milione e 800 mila tamponi ogni settimana, la Germania sfiora 1 milione e 100 mila e anche Francia e Spagna fanno meglio dell’Italia: la prima, alle prese con una fase particolarmente critica dell’epidemia, supera i 900 mila tamponi processati settimanalmente, mentre il paese iberico si attesta su quota 750 mila.
E' quindi importante che l'Italia riesca ad ampliare la capacità diagnostica, soprattutto in un momento in cui l'aumento dei casi di positività fa a sua volta crescere il numero di persone da sottoporre al tampone in quanto contatti stretti di un positivo. Al centro del dibattito ci sono anche i test rapidi che potrebbero essere di grande aiuto soprattutto in contesti come quello scolastico.
Ma vediamo intanto nel dettaglio i contenuti della circolare del ministero della Salute del 12 ottobre che diversifica le indicazioni tra casi positivi asintomatici, casi positivi sintomatici, casi positivi a lungo termine e contatti stretti di casi positivi. Viene inoltre specificato che per isolamento si intende la "separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione", mentre la quarantena si riferisce "alla restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo o ad una malattia contagiosa, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi".
Casi positivi asintomatici
Le persone asintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).
Casi positivi sintomatici
Le persone sintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).
Casi positivi a lungo termine
Le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per SARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi. Questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato).
Contatti stretti asintomatici
I contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno.
Il commento della professoressa Giovannella Baggio, membro del Comitato tecnico scientifico
"E’ uno dei provvedimenti più importanti per rendere più veloce il reinserimento nei luoghi lavorativi e nella società da parte di molte persone che erano costrette a restare tanto tempo a casa", spiega a Il Bo Live la professoressa Giovannella Baggio, da maggio chiamata a far parte del Comitato tecnico scientifico.
"Il monitoraggio effettuato dall’Istituto superiore di sanità, attraverso il portale Epicentro, ha rilevato quanto stiano aumentando gli asintomatici e anche per questo motivo il Cts ha ritenuto opportuno concordare con il desiderio del governo di ridurre a 10 giorni la quarantena, al termine della quale però naturalmente l’individuo deve effettuare un test molecolare che deve risultare negativo. Le persone che hanno sviluppato una sintomatologia devono stare almeno 10 giorni in quarantena, di cui almeno 3 senza più sintomi, prima di poter effettuare il test. Un altro punto importante riguarda la possibilità di liberare dopo 21 giorni dalla scomparsa dei sintomi le persone che continuano a risultare positive anche a distanza di tanto tempo. E’ una decisione molto saggia perché sono soggetti che presentano una quantità di RNA virale molto bassa ed erano obbligate a rimanere a casa anche per due mesi pur stando ormai benissimo e non essendo più in grado di contagiare".
Da parte del Cts è poi arrivato il via libera alla proposta di effettuare i test antigenici rapidi anche direttamente dai medici di base. Nei giorni scorsi il ministro della Salute Roberto Speranza, intervenendo a "Che tempo che fa" su Rai 3 aveva dichiarato che sono in arrivo 5 milioni di test rapidi per usarli nelle scuole e con l'obiettivo di "provare ad aprire anche l’opportunità di un utilizzo negli studi dei medici di medicina generale e questo potrebbe essere chiaramente un grande passo in avanti".
“Non hanno specificità e sensibilità del 95% come i test molecolari, ma danno la risposta in dieci minuti. E’un’enorme semplificazione anche perché se rimangono dei dubbi in seguito si può effettuare il test molecolare. Naturalmente i medici di base e i pediatri devono essere messi nelle condizioni di poterli eseguire con gli opportuni dispositivi di protezione. Avere questo aiuto da parte dei medici di famiglia sarebbe davvero eccezionale”, ha commentato la professoressa Baggio.
L'immunologa Antonella Viola illustra le nuove misure su quarantena, tamponi e isolamento introdotte dal governo dopo il confronto con il Comitato tecnico scientifico. Intervista di Monica Panetto. Montaggio di Barbara Paknazar
Antonella Viola: "novità molto importanti, insieme all'introduzione dei test antigenici rapidi"
Le nuove indicazioni avranno ricadute significative sulla capacità diagnostica dei laboratori italiani e sono conformi alle evidenze scientifiche raggiunte in questi mesi di studi, come confermato anche dall'immunologa Antonella Viola in un'intervista realizzata per Il Bo Live dalla collega Monica Panetto. Il fatto che in precedenza fossero necessari due tamponi negativi per certificare di aver superato l'infezione rappresentava "un problema sotto diversi punti di vista, soprattutto per i tempi che sono spesso molto lunghi", spiega la direttrice dell'Istituto di ricerca pediatrica Fondazione Città della Speranza. Inoltre "si venivano a creare delle criticità a livello di diagnostica perché mentre nei momenti di tranquillità come quest'estate il meccanismo poteva ancora accettabile, adesso le code a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni davanti agli ospedali dimostrano che i due tamponi per uscire dal periodo di isolamento sono davvero eccessivi". E la docente del dipartimento di Scienze biomediche dell'università di Padova ricorda anche le difficoltà incontrate dalle persone che rimangono debolmente positive anche per mesi. "Ho seguito di persona le storie di alcuni pazienti", sottolinea Antonella Viola ricordando che "la scienza dice che una persona che è stata positiva, dopo 20 giorni dall'inizio dei sintomi può avere ancora dei residui di RNA ma da quel materiale biologico non si riesce ad estrarre del virus integro in grado di contagiare".
La professoressa Viola si dice poi estremamente soddisfatta per l'ingresso dei test rapidi nella diagnostica. "Sarà ancora più importante, ed è un passo che è stati approvato dal Cts, sdoganare i test rapidi antigenici e qui voglio precisare che non possono determinare problemi di eventuali falsi positivi. I limiti sono nella sensibilità che è più bassa rispetto al classico tampone. Però in caso di dubbi possono essere ripetuti anche ogni 24-48 ore e possono essere estesi ad una grandissima fascia della popolazione, anche per una sorveglianza epidemiologica".