CULTURA

Tintoretto, il colore e la luce

Ruota il capo sopra la spalla destra, rivelando tutta la forza del suo sguardo vivo. Il rumore dei passi nella prima sala espositiva sembra averlo improvvisamente distratto, distolto dal suo lavoro. Nel primo Autoritratto del 1546/47, sistemato all'ingresso dell'appartamento del Doge, Tintoretto non ha ancora compiuto trent'anni. Il suo volto giovane e fiero accoglie i visitatori della mostra Tintoretto 1519-1594 a Palazzo Ducale che, insieme a Il giovane Tintoretto alle Gallerie dell'Accademia, si inserisce nell'ambizioso progetto (fino al 6 gennaio 2019), coordinato da Gabriella Belli di Fondazione Musei Civici, che Venezia dedica al genio dell'arte rinascimentale e che verrà affiancato, nel marzo 2019, dalla monografica alla National Gallery of Art di Washington. Due grandi mostre veneziane a cui si aggiungono itinerari alla scoperta dei luoghi dell'artista in città: dalla Scuola Grande di San Rocco alla Scuola Grande di San Marco, passando per la mostra collaterale a Palazzo Mocenigo La Venezia di Tintoretto. A Palazzo Ducale si inizia, dunque, dal fuoco del giovane artista, che ci guarda dritto negli occhi, e si chiude con il viso stanco di un uomo ormai vecchio, alla fine del suo percorso d'arte e di vita. Un autoritratto in apertura e uno in conclusione, in mezzo trova posto il racconto di una esistenza straordinaria che segnò profondamente la storia dell'arte (e non solo quella del suo tempo) e della sua città, Venezia.

Le pennellate decise sulla tela, le narrazioni quasi cinematografiche delle figure che restano in un istante sospeso, il colore e la luce, il trionfo della fede (sincera) e della bellezza in uno spirito rivoluzionario e libero. Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, era figlio di un tintore di stoffe veneziano (da qui il soprannome), elogiato per la sua capacità inventiva, criticato per l'incompiutezza dei dipinti e il suo approccio non sistematico e uno spregiudicato (e quindi discutibile) senso per gli affari che lo metteva spesso in competizione spinta con altri artisti. Dopo aver ammirato i suoi dipinti a San Cassiano, di lui Henry James scrisse: "Nessun pittore ebbe mai una tale larghezza di vedute e una tale profondità; anche Tiziano, al suo confronto, appare poco più che un sommo artista decorativo [...] Tiziano fu sicuramente un poeta vigoroso, ma Tintoretto, bene, Tintoretto fu quasi un profeta". Quello stesso Tiziano, di trent'anni più vecchio, che lo accolse dapprima come allievo nel suo studio, poi lo cacciò per gelosia e, infine, ne ostacolò la carriera per tutta la vita. Rimasto solo, senza maestri, tuttavia, Tintoretto continuò a vedere in Tiziano un punto di riferimento per il suo percorso di crescita artistica, guidato dal motto "il disegno di Michel Angelo e'l colorito di Titiano".

Ora Venezia celebra il genio della pittura europea del XVI secolo, esponendo i propri capolavori e accogliendo opere da tutto il mondo e nuove interpretazioni grazie a studi aggiornati e importanti restauri conservativi (prezioso, in questo senso, l'intervento di Save Venice che negli ultimi due anni ha finanziato il restauro di diciotto opere distribuite in tutta la città e del monumento funebre di Tintoretto nella chiesa della Madonna dell'Orto). L'esposizione a Palazzo Ducale, curata da Robert Echols e Frederick Ilchman, offre al pubblico 50 dipinti e 20 disegni autografi di Tintoretto, prestati dai grandi musei internazionali, unitamente ai famosi cicli realizzati per il palazzo dogale, tra il 1564 e il 1592,visibili nell'originaria collocazione. L'esposizione Il giovane Tintoretto, curata da Roberta Battaglia, Paola Marini, Vittoria Romani, alle Gallerie dell'Accademia propone circa 60 opere, scelte per ripercorrere gli anni della formazione dell'artista veneziano anche attraverso le suggestioni ricevute da Tiziano, Pordenone, Bonifacio de’ Pitati, Paris Bordon, Francesco Salviati, Giorgio Vasari, Jacopo Sansovino, presenti in mostra. Un viaggio alla scoperta dei primi anni d'attività: dal 1538, anno in cui è documentata l’attività indipendente di Jacopo Robusti a San Cassiano, al 1548, data del successo della sua prima opera di impegno pubblico, il Miracolo dello schiavo, per la Scuola Grande di San Marco.

 

"Il nucleo principale dell’esposizione è costituito da opere di Tintoretto provenienti dalle collezioni delle nostre tre istituzioni e comprende quattro pregevoli allegorie di Palazzo Ducale (Fondazione Musei Civici), la fiabesca Creazione degli animali e la monumentale Deposizione dalla croce delle Gallerie dell’Accademia, la giovanile Conversione di san Paolo e l’imponente Ritratto di un procuratore di San Marco della National Gallery of Art. A ciò si aggiungono splendidi dipinti e disegni concessi in prestito da oltre sessanta musei e biblioteche dell’Europa e degli Stati Uniti oltre che da collezionisti privati". A descrivere l'impegno e la complessità degli allestimenti, in apertura del catalogo, sono gli stessi direttori coinvolti nel progetto, Gabriella Belli direttore di Fondazione Musei Civici di Venezia, Paola Marini delle Gallerie dell'Accademia ed Earl A. Powell III della National Gallery of Art di Washington. 

"Mai sono stato così totalmente schiacciato a terra dinanzi a un intelletto umano, quanto oggi davanti a Tintoretto". Il 24 settembre 1845, in una lettera indirizzata al padre, dopo aver visto la Scuola Grande di San Rocco, John Ruskin scriveva: "Quanto alla pittura penso di non aver saputo che cosa significasse fino a oggi - quello ti delinea la tua figura con dieci tratti e la colora con altrettanti. Non credo che gli servissero più di dieci minuti per inventare e dipingere una figura intera. Prende il via e accumula schiere su schiere, moltitudini che nessuno riesce a contare – senza mai fermarsi, senza mai ripetersi – nuvole e vortici e fuoco e infinità di terra e mare, per lui niente fa differenza”.

Mai sono stato così totalmente schiacciato a terra dinanzi a un intelletto umano, quanto oggi davanti a Tintoretto John Ruskin, Lettera al padre del 24 settembre 1845

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